BARI – «Il persistente calo di artigiani iscritti all’Inps nella nostra regione, a partire dal 2013, impone una seria riflessione che consenta di individuarne le cause e, successivamente, di articolare strategie di sistema per il rilancio di un comparto così importante per l’economia ed il modello sociale della Puglia». È quanto sostiene Francesco Sgherza, presidente di Confartigianato Imprese Puglia.
L’analisi, condotta dal Centro studi di Confartigianato Imprese Puglia, comprende gli artigiani iscritti al relativo fondo pensionistico dell’Inps. Ai fini pensionistici sono iscritti sia i titolari delle imprese artigiane sia i familiari coadiuvanti, ovvero coloro che lavorano nell’impresa con carattere di abitualità e prevalenza (sono considerati familiari il coniuge, i parenti entro il terzo grado come genitori, figli, fratelli, nipoti, zii del titolare, nonché gli affini entro il secondo grado come suoceri, genero, nuora e cognati del titolare).
Il numero degli iscritti è la somma dei soggetti che sono stati iscritti alla gestione durante l’anno (anche per una frazione di anno). Questo il trend in Puglia, a partire dal 2008: 94.396 nel 2008; 94.255 l’anno dopo; 94.409 l’anno successivo; 94.324 nel 2011; 94.093 l’anno dopo; 92.202 l’anno successivo; 90.167 nel 2014; 88.057 l’anno dopo; 86.152 l’anno successivo; 84.972 nel 2017. In particolare, nel 2017 (ultimo dato disponibile) se ne contano 33.419 in provincia di Bari; 8.217 in provincia di Brindisi; 10.794 in provincia di Foggia; 20.447 in provincia di Lecce; 8.535 in provincia di Taranto.
Il numero medio annuo degli iscritti, invece, considera i soggetti in funzione del numero dei mesi di presenza nella gestione; ad esempio, un soggetto iscritto per soli sei mesi è equivalente a 0,5. Questo è il trend, sempre in Puglia e anno dopo anno, del numero medio annuo degli iscritti: 90.104 nel 2008; 90.060 l’anno dopo; 90.198 l’anno successivo; 90.049 nel 2011; 89.697 l’anno dopo; 88.156 l’anno successivo; 86.131 nel 2014; 84.249 l’anno dopo; 82.615 l’anno successivo; 81.412 nel 2017. In particolare, nel 2017 (ultimo dato disponibile) se ne contano 34.875 in provincia di Bari; 8.598 in provincia di Brindisi; 11.306 in provincia di Foggia; 21.347 in provincia di Lecce; 8.846 in provincia di Taranto.
In Puglia, è la legge regionale 24 del 2013 che, in conformità con la legge nazionale 443 del 1985 definisce imprenditore artigiano «colui che esercita personalmente, professionalmente e in qualità di titolare l’impresa artigiana, assumendone la piena responsabilità con tutti gli oneri e i rischi inerenti alla sua direzione e gestione e svolgendo in misura prevalente il proprio lavoro, anche manuale, nel processo produttivo». In generale, quindi, sono innumerevoli le attività qualificabili come artigiane: dalla produzione di beni di ogni tipo, compresa la trasformazione alimentare, alla vendita di materie prime non confezionate per l’utilizzo finale, alla prestazione di servizi (imprese di trasporti, autoriparazione, estetica e acconciatura, imprese di pulizia, tintorie, fornai etc.). Sono escluse solo le attività puramente agricole e commerciali.
«La serie storica – commenta Sgherza – elaborata dal nostro Centro Studi parla chiaro: sebbene i dati siano complessivamente in linea con quelli nazionali, una Regione come la Puglia non può assolutamente permettersi di rinunciare a mettere in campo contromisure straordinarie per supportare il ritorno del numero dei nostri artigiani ai livelli pre-crisi. Il modello di impresa artigiano, infatti non solo costituisce la spina dorsale dell’economia locale, ma ne innerva il tessuto sociale, al punto da assurgere a tratto identitario del territorio. Non è un caso che moltissimi artigiani, maestri nei campi dell’arte, del design e dell’enogastronomia siano considerati alla stregua di veri e propri attrattori turistici per la Puglia. Eppure – spiega il presidente – ridurre l’artigianato al solo campo degli “antichi mestieri” sarebbe un errore grave. Artigiano è il meccatronico che ripara la nostra auto, l’estetista che cura il nostro benessere, il trasportatore che approvvigiona il negozio da cui ci forniamo, l’impiantista che rende confortevole la nostra casa o l’edile che l’ha edificata e potrei procedere all’infinito! Senza contare gli “artigiani 4.0”, i makers, un’avanguardia in grado di coniugare in modo formidabile tradizione e utilizzo specialistico delle nuove tecnologie abilitanti. Parliamo di aziende alle volte trascurate rispetto alla portata dei benefici che la loro pulviscolare diffusione cagiona a tutti noi in termini di qualità dei prodotti, servizi, valore aggiunto e ricadute occupazionali. Per questo – conclude Sgherza – è assolutamente urgente che la Regione articoli al più presto un piano strategico per l’artigianato che, magari a partire dalla ricalibratura di un quadro legislativo forse carente della necessaria effettività, metta in sicurezza e garantisca all’artigianato pugliese il futuro che merita».
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