“La rinnovata governance di questa Omceo esordì la sua attività nella notte del capodanno scorso con un atto di testimonianza e vicinanza a chi in prima linea era impegnato (Pronto Soccorso, 118, Continuità assistenziale) a rappresentare una professione intesa come servizio.
Nei primi giorni di febbraio scorso toccò sempre a questa Omceo denunciare un ennesimo gravissimo atto di violenza nei confronti di una collega impegnata nel servizio di Guardia Medica; lo fece con una forza tale da richiamare attenzione mediatica, ripresa con forza su tutto il territorio nazionale, anche grazie alla particolare sensibilità e competenza del Presidente nazionale Fnomceo Filippo Anelli.
Le iniziative che sono state intraprese hanno – per così dire – sollevato un coperchio su una realtà che troppo a lungo è rimasta misconosciuta, non raccontata, vissuta nell’imbarazzo, nella frustrazione e nella rabbia della solitudine del Medico. Oggi grazie all’eco generato della stampa e da alcune trasmissioni televisive nazionali su analoghi episodi, ma soprattutto grazie alle testimonianze di alcune colleghe, l’Italia si indigna per le condizioni di lavoro e di rischio nelle quali siamo costretti a lavorare nelle guardie mediche.
Le proposte formulate, condivise e concertate tra questo Omceo, i vertici Asl di Lecce e il Prefetto di Lecce rappresentano un concreto passo in avanti per affrontare il problema.
Il nostro apprezzamento si riferisce soprattutto sul metodo di condivisione attraverso cui si è arrivati alle attuali formulazioni. Nel merito delle questioni non possiamo però tacere su alcuni punti.
Le premesse. Vogliamo subito dire che le violenze subite dai Medici non si identificano – come alcuni vorrebbero confinare – alla “sola” violenza ai danni dei Medici di Continuità assistenziale, né sempre a violenze a sfondo sessuale. Queste infatti rappresentano, secondo alcune attendibili stime, solo il 15% delle violenze perpetrate ai danni di Medici di Pronto Soccorso, di Medici e Operatori sanitari del 118, di Medici dei reparti ospedalieri, di ambulatori, di strutture sanitarie territoriali, eccetera eccetera.
Questo paese ed in particolare questo territorio e la nostra regione che paga percentualmente il più alto tasso di violenza nei confronti dei Medici, non può permettersi di lasciare soli i Medici ed in particolare le Donne Medico (ancor più vulnerabili) che garantiscono e presidiano i punti di accoglienza sensibili e portanti del Servizio Sanitario Nazionale, garantendo equità e accesso alle cure, lì dove si vanno sempre più affermando le prestazioni del privato, che in altri paesi europei sono la regola.
Altra premessa. Siamo convinti che la sicurezza non può essere unicamente una soluzione e un problema di ordine pubblico, anche se evidentemente in tale contesto va anche affrontato, a partire dalle battaglie che condurremo con i colleghi che siedono in Parlamento per rendere specifico il reato e più pesanti le sanzioni. Siamo invece del parere che spesso la violenza nasce e si alimenta dalla frattura che si è determinata nel rapporto fiduciario, nella difficoltà di comunicazione, nel rappresentare il Medico come il responsabile in tutto quello che non va nel sistema sanità (dalle liste d’attesa, al rischio clinico) e persino come responsabile di una diagnosi o di una prognosi infausta.
Nel merito delle proposte noi chiediamo con forza e immediatezza (lo abbiamo anche ribadito nel Tavolo tecnico con il Dipartimento delle politiche regionali della salute, con il dottor Ruscitti, che recentemente si è incontrato con il rappresentante Anci Puglia) che siano immediatamente chiuse le sedi che non rispondono ai criteri normati dalla legge e dagli Accordi Collettivi (di igiene, decoro e sicurezza: videosorveglianza, informatizzazione con pc e linee internet, porte antisfondamento, illuminazione adeguata, e via discorrendo), che siano accorpate le sedi, salvaguardando criteri di agibilità e accessibilità per l’utenza e gli operatori (a parità di organici), creando sinergie anche logistiche con le altre strutture sanitarie e di sicurezza del territorio, dotando le sedi di tutti i sistemi tecnologici sufficienti a garantire livelli adeguati di sicurezza (allarme immediato della centrale operativa di pubblica sicurezza con registrazione non in remoto, sistemi di vigilanza delle sedi, scorta nel tragitto della prestazione ambulatoriale, eccetera eccetera).
In questo primo step è necessario che vi sia l’immediato adeguamento a quanto normato: l’attività ambulatoriale deve venire effettuata sino alle ore 22.30 ed è necessario da subito istituire un numero unico di continuità assistenziale, con registrazione di chiamata.
Quello che però noi intendiamo come vera chiave di lettura dell’intera problematica è il rendere inscindibile il problema della sicurezza con quello della dignità lavorativa e della adeguatezza della prestazione effettuata: solo così la Continuità assistenziale può avere ruolo e significato, facendola uscire dalla palude mentale di chi vorrebbe relegare la Guardia Medica in una sorta di limbo professionale per giovani medici di serie B che ancora non riescono ad avere una attività lavorativa “migliore”.
Per questi motivi la nostra proposta vuole “guardare oltre”:
- possibilità di interagire con il fascicolo sanitario del paziente che si rivolge al Medico di Continuità Assistenziale,
- disporre di tutti gli strumenti idonei (compresi quelli di telemedicina) a poter impostare nella maniera più rapida ed efficace un corretto IDT
- fornire la disponibilità nelle 13 sedi che abbiamo proposto a presidio del territorio salentino, ad eseguire anche attività ambulatoriale notturna in una moderna interpretazione di continuità dell’assistenza.
Non abbiamo bisogno di semplice o affettata solidarietà, ma di rinsaldare e anche di sancire un rapporto che – a partire dalla adeguatezza delle prestazioni che quotidianamente siamo pronti a fornire – ci consegni autorevolezza, fiducia, dignità e sicurezza”.
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