LECCE – Il caro materiali non si arresta e travolge, uno dopo l’altro, tutti i settori produttivi. A lanciare l’allarme, questa volta, a nome di tutti gli associati della Sezione Metalmeccanico Impiantistica di Confindustria Lecce è il suo presidente Antonio Italo Pisanò: “Siamo di fronte ad una situazione aberrante. Nel giro di una settimana i costi di ferro e acciaio sono cresciuti in maniera più che esponenziale (+130%) tanto da arrivare a toccare quasi 2 € al Kg; di conseguenza produzione e quotazione si sono bloccate ed è, di fatto, impossibile reperire sul mercato tali materie. Le acciaierie per sopperire in parte alla mancanza delle materie prime hanno incrementato l’utilizzo dei rottami, oramai divenuti anch’essi introvabili e il cui costo, in presenza di impennata della domanda, è lievitato”.
Il problema è acuito anche dagli effetti del conflitto ucraino, a causa del quale anche i fornitori nazionali si trovano in condizione di penuria di rifornimenti. E’ ora che la politica nazionale ed internazionale faccia la propria parte per far cessare quanto prima la belligeranza e ripristinare l’equilibrio del mercato.
“E’ urgente – dice ancora Pisanò – intervenire per frenare la speculazione sui prezzi e consentire alle imprese di lavorare. Non solo paghiamo gli effetti dei costi incredibili di energia e gas, ma ora siamo sotto le ‘forche caudine’ del caro acciaio e ferro. L’Italia deve individuare ogni strategia per diminuire la propria dipendenza dal resto del mondo, diversificando i paesi fornitori. Si potrebbe far ricorso, ad esempio, ad ordinativi di billette/lamiere da realtà come Brasile e India, i cui tempi di consegna però si aggirano intorno ai tre/quattro mesi; nelle more, si potrebbe arginare il nostro fabbisogno ripristinando o potenziando le acciaierie italiane esistenti. E’ davvero a rischio il sistema produttivo territoriale, poiché le imprese, nella situazione attuale e in presenza di ulteriori aumenti dei prezzi delle materie, laddove si trovino, potranno decidere di fermare la produzione, con inevitabili conseguenze sul piano economico ed occupazionale”.
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