“E’ sempre antipatico dire “ve l’avevo detto…”, ma quando ci vuole, ci vuole. Già prima della scorsa estate, con le coperture vaccinali ormai promettenti, avevo provato a suggerire un cambio di strategia di vera “convivenza con il virus” nei nostri ospedali. Ovvero di preparare nei reparti non-Covid, aree Covid in cui ricoverare pazienti portatori del virus.
E si, perché con la progressiva endemicizzazione del virus i portatori saranno sempre più numerosi e supereranno di gran lunga i malati.
Con l’avvento di omicron questa situazione è diventata drammatica ed il sistema ospedaliero non sa più dove mettere chi si ricovera per un motivo qualsiasi (e già le malattie continuano ad esistere) e all’ingresso in ospedale scopre di essere portatore del virus. Arriva un paziente con una appendicite acuta e si scopre che ha il virus nelle narici. Non è un malato Covid 19, anche se noi lo contiamo come tale.
Questa situazione ricorda molto da vicino quella che dovrebbe essere la prassi negli ospedali per contrastare le infezioni ospedaliere (e si, anche quelle non sono andate mai in vacanza): si fa lo screening all’ingresso ed i portatori di batteri come Mrsa, pseudomonas, klebsiella, ecc. vengono messi (pardon, dovrebbero essere messi) in isolamento respiratorio o da contatto.
Con Sars-CoV-2 si sarebbe dovuto fare lo stesso. Io lo proposi nella mia Regione e per poco non mi arsero sul rogo come eretico.
Siamo ancora in tempo a preparare i nostri reparti e i nostri operatori a gestire Sars-CoV-2 come dovrebbe essere gestito qualsiasi altro microrganismo respiratorio. Se non altro perché non possiamo mica tenere aperti ospedali Covid per tutta la vita.
La strategia di convivenza con il virus significa questo. A beh, certo, però serve una strategia ed il coraggio di attuarla”.
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