ROMA – Approvate le norme contro le pratiche commerciali sleali nei rapporti tra imprese nella filiera agricola e alimentare. Dopo l’approvazione della Camera dei deputati, anche il Senato, nella seduta del 20 aprile scorso, ha dato il via libera al disegno di Legge di delegazione europea 2019/2020 che all’articolo 7 definisce la disciplina onnicomprensiva contro le pratiche sleali nella filiera agroalimentare per la tutela di imprenditori e consumatori, superando così la normativa italiana (articolo 62 del decreto legge 24/01/2012).
«Siamo sulla strada giusta per garantire una maggiore tutela degli operatori delle filiere agricole e alimentari rispetto alla problematica delle pratiche sleali – commentano il presidente di Cia agricoltori italiani della Puglia, Raffaele Carrabba e il responsabile del settore Ortofrutta, Sergio Curci – È uno dei primi concreti risultati di una battaglia sindacale fortemente sostenuta dalla nostra associazione, che con il Movimento per l’agricoltura ha lavorato affinché fossero poste in atto norme a delle buone pratiche commerciali e fosse garantita la trasparenza a cui venditori e acquirenti di prodotti agroalimentari dovranno attenersi prima, durante e dopo la relazione commerciale. Ora – aggiungono – bisogna vigilare perché quanto è stato normato sia effettivamente osservato. Vietare l’attuazione dei di pratiche commerciali eccessivamente gravose per i produttori agricoli e alimentari, come le aste elettroniche a doppio ribasso e le vendite a prezzi inferiori del 15 per cento ai costi medi di produzione elaborati da Ismea vuol dire dare dignità al lavoro degli imprenditori agricoli». Sarà l’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari (Icqrf), l’autorità nazionale di contrasto deputata all’attività di vigilanza sull’applicazione delle disposizioni che disciplinano le relazioni commerciali, l’applicazione dei divieti stabiliti dalla direttiva e delle relative sanzioni. Per Cia «è positiva anche l’introduzione nel provvedimento dell’anonimato di chi denuncia e la possibilità data alle associazioni di rappresentanza di presentare le denunce per conto dei propri soci».
Sul mercato, infatti, l’uva appena raccolta viene pagata a 0,60 centesimi al chilogrammo, mentre per il consumatore finale può arrivare a costare anche 4-5 euro. Si registra, dunque, un ricarico vertiginoso. Stesso discorso avviene anche per altri prodotti agricoli.
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