“Qui non si tratta di avere paura o meno. Qui si tratta di organizzare il difficile lavoro del più grande Pronto soccorso del Salento, il Vito Fazzi di Lecce. Ai miei occhi di medico i colleghi che dopo pochi giorni dall’assunzione scappano non lo fanno perché sono poco coraggiosi, ma sono fin troppo coscienziosi: con la vita umana non si scherza, specie se indossi un camice bianco!
“E’ sbagliata e andrebbe cambiata immediatamente la convinzione per la quale il giovane laureato in Medicina possa imparare al fare il medico in trincea, lì dove arrivano le urgenze e le emergenze e quindi dal paziente con il mal di gola a chi è in fin di vita. E, invece, no: al Pronto Soccorso devono esserci sì i giovani medici, ma quelli specializzati in Medicina d’Urgenza, con accanto i dottori che da anni e anni sono impegnati in quel fronte.
“Il Pronto Soccorso è il reparto ospedaliero più difficile da gestire non solo sul piano medico, ma anche su quello umano. Professionalmente è quello più esposto a possibili errori di valutazione e quindi a responsabilità medico-legali che oggi sono più frequenti di quelle di ieri. Umanamente oltre a dover gestire la sofferenza del paziente si deve gestire quella dei familiari e degli amici che spesso può diventare rabbia e quindi il medico deve non solo curare, ma evitare di farsi aggredire verbalmente e fisicamente.
“Ecco perché all’assessore alla Sanità, nonché presidente Michele Emiliano, e ai dirigenti della Asl di Lecce dico che serve non il ‘coraggio’ dei singoli, ma il ‘coraggio’ di chi nel gestire l’attività sanitaria pugliese più che ‘prediche morali dall’alto’ dovrebbe organizzare meglio il lavoro dal basso”.
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“Non si mandano in trincea i giovani medici”
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