LECCE – Il primo intervento di Teresa Bellanova non convince contadini, agricoltori, imprese, associazioni, cittadini e cittadine “che lavorano insieme nel Salento per promuovere un modello di vita basato sulla tutela della nostra biodiversità, naturale ed umana, e nel rispetto delle persone e della natura”. Le dichiarazioni del ministro su Ceta (l’accordo di libero scambio fra Italia e Canada) e Ogm, che prevedono un’apertura alla ratifica del trattato di liberalizzazione commerciale tra Europa e Canada e agli Ogm provocano “sconcerto (e sconforto)” nella Rete Salentina dei Coltivatori di Cambiamento Salento Km0, un gruppo di cui fanno parte ben 37 soggetti. “Dobbiamo lavorare – aveva detto Bellanova in una dichiarazione rilasciata a Radio 24 – perché si arrivi alla ratifica del Ceta, l’accordo di libero scambio tra Ue e Canada, con l’obiettivo di dare competitività al Sistema Italia. Finora si è parlato molto di porti chiusi alla disperazione ma non si è parlato molto di porti chiusi alla contraffazione, che è una parte fondamentale della concorrenza sleale al Made in Italy”.
“Come Lei dovrebbe sapere – si legge in una lettera-appello inviata dalla Rete Salentina a Km0 al ministro – il Ceta non favorisce il made in Italy né tutela le produzioni di qualità italiane ed è considerato un “cavallo di Troia” per aggirare in realtà quei limiti che l’Unione Europea impone alla circolazione di prodotti alimentari con residui di pesticidi nel cibo, all’uso di ormoni ed antibiotici nell’allevamento, all’uso sul grano in pre-raccolta del diserbante Glifosate, ai divieti imposti dall’Italia alla presenza di Ogm nell’alimentazione umana”.
Come coltivatori di cambiamento – si legge in una nota – continueremo a lavorare, fianco a fianco, come facciamo dal 2016 per mantenere fede ai nostri principi ed obiettivi: praticare un’agricoltura naturale, che faccia a meno dei prodotti chimici di sintesi e degli Ogm, che rispetti e tuteli il lavoro umano, l’agro-biodiversità locale e che custodisca e rispetti il paesaggio: promuovere le pratiche eco-compatibili, nell’agricoltura così come in altri settori, ridurre l’inquinamento in ogni sua forma e agevolare la resilienza dei sistemi ambientali: creare una comunità che si autodetermina, che collabora e condivide pratiche e conoscenze, mezzi e competenze, nel principio della mutualità e della solidarietà, fondata su relazioni di fiducia e rispetto reciproci; migliorare le condizioni ambientali, economiche e sociali del territorio e il benessere collettivo; stimolare la ricerca, la conoscenza e la diffusione delle pratiche agricole naturali, al fine di rafforzarne l’efficacia e le potenzialità; garantire, tramite una condotta trasparente e sistemi di controllo condivisi, la qualità del prodotto e la sua tracciabilità; valorizzare e custodire il paesaggio, le risorse locali, le identità e le culture, trasmettendo tali valori nei prodotti agroalimentari e nelle pratiche comuni; promuovere la nascita di un’economia civile, etica e solidale, alternativa al modello dell’economia di mercato, nel rispetto dei principi di uguaglianza, in grado di assicurare l’inclusione sociale e il rispetto dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici; istituirsi come un gruppo di pressione che svolge un’azione politica, con lo scopo di tutelare e difendere il territorio e gli individui, anche attraverso canali di informazione, pratiche di sensibilizzazione e azioni di denuncia; comunicare principi e rafforzare i legami con altre reti territoriali nazionali e internazionali con lo scopo di diffondere e replicare all’esterno le esperienze più virtuose”.
Di qui l’invito al ministro Bellanova a confrontarsi non solo con le associazioni di categoria ma anche “con le piccole realtà come la nostra, che rappresentano davvero un’eccellenza nel nostro Paese ma che dalle istituzioni raramente vengono considerate”.
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