Di Valeria Coi
MELPIGNANO – “Siamo atterrati su Marte stasera, scenderemo dopo” basterebbero queste parole di James Senese per spiegare cosa è la Notte della Taranta, qual è la sensazione che si ha durante il concertone finale di Melpignano (LE). La Notte della Taranta non è solo un trionfo della musica popolare, non solo il tripudio di anime allegre e nemmeno un battito di mani all’unisono per portare il tempo della musica e cantare; è un battito di cuori per portare il tempo delle emozioni, dei ricordi, degli amori; storie di un popolo, di tanti popoli che nel Salento, terra dei due mari, storicamente si sono incontrati, si sono fusi e si sono arricchiti. Il riferimento all’immigrazione è inevitabile per un problema più che mai attuale. In 200.000 in attesa dell’alba nel piazzale antistante l’ex convento degli Agostiniani. Dopo 21 anni l’entusiasmo continua a crescere per un evento che monti anni fa è nato grazie all’impegno e all’entusiasmo dell’attuale consigliere regionale Sergio Blasi, oggi non più componente della fondazione della Taranta; un visionario che ha visto nel folklore, nella conoscenza di un popolo, le uniche radici dalle quali questa terra poteva trarre linfa per vivere, poiché, diceva Blasi, ‘senza le radici qualsiasi pianta è destinata a morire’. E infatti quello della Notte della Taranta è un successo che ogni anno si ripete con sempre maggiori conferme grazie all’attuale macchina organizzativa, all’attuale presidente della fondazione Massimo Manera e anche grazie all’ordine e al piano di sicurezza con il quale la questura di Lecce ha garantito l’incolumità fisica di tutti i presenti in un comune di sole 2.000 anime. La Taranta nel mondo, il Salento nel mondo, per quello che è diventato un palco ambìto per musicisti, compositori, interpreti nazionali ed internazionali. Una scenografia di luminarie a forma di ragnatela illuminava il palco alto 18 metri e largo 9; la scenografia di luminarie ideata da Mariano Light contava 14mila lampade a led e 38mila lampade Rgb (della lampade rosse, blu e verdi che combinano questi tre colori per produrre oltre 16 milioni di tonalità di luce), la piazza dell’ex convento degli Agostiniani era gremita; prima il buio, poi il suono dei tamburelli, la ragnatela illuminata: comincia la magia, comincia la più grande e diffusa Festa Popolare d’Europa. Una meravigliosa Andrea Mirò, Maestro concertatore de La Notte della Taranta (seconda donna dopo Carmen Consoli che ha firmato l’edizione 2017), che ha guidato la sua nave in modo straordinario, con grande trasporto, sostegno ed emozione dal palco. Lei, moglie di Enrico Ruggeri che spesso dal palco di Sanremo ha diretto l’orchestra durante l’esibizione del marito e di altri interpreti, oltre che a cantare, sempre con Ruggeri la canzone ‘Nessuno tocchi Caino’ dal palco dell’Ariston nel 2003, ha interpretato sul palco della Taranta alcuni brani della storia salentina, come la bellissima Fimmene Fimmene, cha parla del lavoro delle donne di una volta nei campi e di quello che spesso queste donne dovevano subire dal proprio ‘datore di lavoro’, gravidanze comprese. 39 i brani in scaletta che hanno visto susseguirsi sul palco gli artisti in brani riarrangiati e contaminati, tuttavia mai snaturati. Come è successo con Palombella, cantata da Clementino, rapper partenopeo tra gli ospiti della serata, insieme ad Antonio Amato, una delle voci storiche de ‘La notte della taranta’, esibizione che ha visto alternarsi suoni popolari, dolci e melodici, a tratti struggenti, con le inclusioni rep di Clementino che tuttavia non alteravano la canzone, ma la arricchivano. Il tema di quest’anno era il paesaggio: una risorsa da tutelare, proteggere e valorizzare. Messaggio lanciato anche attraverso gli abiti delle protagoniste sul palco, vestite dallo stilista Michele Gaudiomonte, abiti lunghi dai tessuti preziosi come la seta che, attraverso i loro colori, raccontavano del Salento e del suo paesaggio (prezioso): il rosso della terra misto al nero del vino; l’arancio dei tramonti e delle aurore sull’azzurro che ricordava il mare; il giallo del sole, il verde delle campagne, il bianco e il rosa delle fioriture nelle primavere. Grande consenso di pubblico poi per la cantante internazionale di origine italiane LP Laura Pegolizzi, che dall’entrata centrale del palco ha fatto il suo ingresso a suon di tamburelli riadattando il suo famosissimo brano Lost on you con il quale ha fatto cantare tutta la piazza, alla quale simpaticamente si rivolgeva fischiando e contemporaneamente sorridendo, muovendosi da una parta all’altra del palco dondolandosi e coinvolgendo ogni angolo di pubblico (guarda video) L’artista internazionale ha poi cantato altre due volte cimentandosi nel brano d’amore ‘Vorrei volare’ e in quello di pizzica ‘Pizzicarella mia’. Grande performance quella del musicista James Senese (sassofonista e storico collaboratore del compianto Pino Daniele), che ha accompagnato col suo sax il cantautore Enzo Gragnaniello in ‘Beddha ci stai luntanu’ (guarda video) e altri brani. Gli ‘Après la classe’ hanno presentato un inedito che ha entusiasmato tutti i presenti tanto che dopo pochissimi minuti già tutti lo conoscevano e lo cantavano. Il titolo era Kalos Irtade, che tradotto dal grico significa ‘benvenuti’; il messaggio della band salentina è inequivocabile “Siamo il Salento, una terra di mezzo – dice il loro leader dal palco – se ci guardiamo in faccia ci accorgiamo che abbiamo tratti somatici di più etnie”, un modo per dire “noi siamo ed esistiamo perché in passato abbiamo accolto” il riferimento è quello agli sbarchi negati. L’ingresso del trio indiano dei Gypsies è stato forse quello piò sorprendente: bravi, delicati e anche simpatici, come le loro meravigliose ballerine che con costumi tradizionali indiani si sono esibite insieme al corpo di ballo della Taranta, il gruppo di ballerini che ha accompagnato alcune canzoni della scaletta in suggestive coreografie, coinvolgenti ed emozionanti. Il concerto è andato avanti così, ascoltando canzoni dai testi meravigliosi e dai ritmi incalzanti, una dietro l’altra, come confetti dai colori diversi di cui si ha voglia di scoprine di tutti il gusto. Tra le strade che portano al piazzale del concerto illuminate da luci meno intense, si snodavano stradine delineate dai muretti a secco che recintavano gli uliveti; ai piedi degli alberi secolari alcuni ragazzi avevano scelto di non avvicinarsi troppo alla folla e di sdraiarsi sull’erba secca a causa dell’arsura del sole di agosto di questa terra, per ascoltare la musica che arrivava in modo più ovattato; altri avevano scelto la campagna circostante per avere più spazio per ballare la pizzica, sotto la luna piena che illuminava questo magico lembo di Puglia. Il cielo era sereno a Melpignano e forse qualcuno cercava ancora di scorgere l’ultima stella cadente dell’estate, ascoltando le canzoni che narravano della storia di questo popolo. Alcuni le conoscevano, alcuni le imparavano, altri cercavano di capirne il senso per comprenderne le inquietudini, del resto la canzone è la forma di comunicazione più dirompente che esista, capace di deflagrare emozioni, a volte di ritrovare qualcuno, altre ancora di ritrovare se stessi. E’ calato così il sipario su ‘La Notte della Taranta 2018’ in una calda serata di fine agosto, quando allontanandosi dal luogo del concerto si cominciava a risentire piano piano il frinìo delle cicale che ‘cantavano’, le risate della gente accompagnate dalla musica che si sentiva in lontananza accanto al rumore di ogni passo. E poi, d’un tratto, le voci si sono alzate in coro dalla piazza, arrivava un coro forte e alto che per un attimo interrompeva l’incantesimo dell’allontanarsi. La gente si è fermata, si è voltata verso la piazza, ha ascoltato il motivetto: ‘Larilò larilò lallerò, larilò larilò llà llà Larilò larilò lallerò, llà llà llà llà llà llà…’ Poi ha sorriso e ha continuato a canticchiare camminando; lo ha capito: è finito il concertone. Si torna a casa. Anche quest’anno kali nifta (dal grico buonanotte).
Facebook
Instagram
RSS