LECCE – Le firme non ci sono. Almeno non tutte. Lo hanno ammesso oggi in aula i consiglieri comunali di centrodestra, di un centrodestra “coeso e unito”, ha comunque ribadito il consigliere Bernardo Monticelli Cuggiò. Risultato? Il Consiglio comunale resta in piedi. Ma fino a quando? “Caro sindaco, dimettiamoci tutti insieme”, chiede a gran voce il consigliere Gaetano Messuti (gruppo misto, ex assessore della giunta Perrone) che parla di “un inciucio della buona politica, un inciucio alla luce del sole e non quello che si sta consumando in queste ore”.
Il premio di maggioranza attribuito dal Consiglio di Stato al centrodestra ha scatenato un pandemonio fuori e dentro Palazzo Carafa. Dimissioni sì o no, questo è il punto. Non tutti sono d’accordo nel centrodestra, ha ammesso oggi in aula l’ex sindaco Perrone, e appare assai difficile che quelle poche firme che mancano all’appello si possano trovare entro il 24 febbraio, data fatidica per riuscire – eventualmente – a tornare alle urne nel giro di tre-quattro mesi. In caso contrario la prova del nove resta il bilancio. L’importante strumento contabile giungerà in aula entro fine marzo: se non passa lo scioglimento sarà automatico, ma in questo caso lo spauracchio del Commissario prefettizio, agitato nei giorni scorsi dal sindaco Salvemini, si materializzerà per più di un anno.
Il candidato sindaco Mauro Giliberti non ci sta e punta l’indice contro Salvemini parlando di “scellerato accordo“. “Non dimettendoti oggi – ha spiegato – tenterai di aprire una trattativa con qualche consigliere di centrodestra”.
“Se qualcuno vorrà continuare questa esperienza amministrativa, nessuno potrà mai gridare allo scandalo”, ha replicato Massimo Fragola di Andare Oltre. “Fragola ha scoperto che esiste dialogo, collaborazione, confronto. E’ facile dire oggi queste cose. Mi sarei aspettato le dimissioni del sindaco”. Pronti a dimettersi si dicono Giorgio Pala e Federica De Benedetto di Forza Italia, new entry in aula consiliare (“Il sindaco non può rimandare la palla in campo avversario per non prendersi responsabilità”). Ad affondare i colpi ci ha pensato Paolo Perrone: “Tutti sapevano che questo momento sarebbe arrivato, lo sapevano tutti. La verità è che abbiamo perso tempo, la città ha perso tempo”.
Salvemini respinge al mittente ogni addebito: “La lettura della sentenza dei giudici del Consiglio di Stato impone al sindaco senza una maggioranza di verificare se esistano o meno le condizioni di una governabilità, altrimenti avremmo tout court lo scioglimento dei consigli comunali. Ecco perché non mi sono dimesso”.
Punto e a capo. Domani si ricomincia.
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