LECCE – L’Università può passare da luogo principe deputato all’inclusione a incubo per chi affronta la realtà in maniera diversa dalla nostra. A volte, succede. ahimé. La testimonianza raccolta da Gioventù Nazionale di Lecce ne è la dimostrazione lampante. Sotto i riflettori è finita – giocoforza – Giovanna Sozzo, leccese di 19 anni, che da poco ha iniziato il suo percorso universitario, un percorso però ad ostacoli, fatto di salite assai ripide. “L’inclusione degli studenti disabili è sicuramente garantita nell’ambito della scuola primaria e secondaria, ma se lo studente con disabilità intende proseguire il suo percorso di studi in Università, dopo il diploma di scuola superiore, il sostegno è decisamente più carente e mal organizzato – denuncia Andrea Gaetani, dirigente di Gioventù Nazionale Lecce – Ancora oggi, le università italiane sono impreparate nell’attuazione di una piena integrazione degli studenti con disabilità: non è garantita la presenza di operatori socio sanitari per utilizzare i servizi igienici, i servizi di trasporto sono molto carenti, non vi è collaborazione con chi ha seguito lo studente ante l’ingresso nel mondo accademico, e soprattutto le figure di assistenti personali per poter seguire le lezioni sono praticamente inesistenti. L’assenza di un assistente per aiutare nel prendere gli appunti, bere, sfogliare un libro, rappresenta un grave disagio che spesso comporta l’impossibilità a frequentare le aule come tutti gli altri. L’accessibilità degli studenti disabili negli Atenei non passa solo attraverso l’abbattimento delle barriere architettoniche – continua Gaetani – il diritto allo studio deve essere garantito con personale di sostegno, attrezzature tecniche, materiale didattico. Sono ancora troppi i disservizi”.
“Ci si sente discriminati ed emarginati, e nessuno ci dà una spiegazione – ci racconta Giovanna Sozzo – Tutto questo disincentiva uno studente disabile a proseguire il suo percorso di studi, e questo porta ad un senso di impotenza e di scarsa autostima, comportando anche il sorgere di problemi dal punto di vista psicologico. Aumenta inoltre la percezione di disagio della propria condizione dal punto di vista sociale, siamo dimenticati dal sistema. Un esempio di inefficienza sul tema inclusione, riguarda il diritto al tempo aggiuntivo per gli esami, che è di dieci minuti per tutti, senza tenere in considerazione le diverse disabilità. Nelle Università italiane non è neppure previsto (come nelle scuole) il cosiddetto ‘Piano educativo individualizzato’: elemento fondamentale per delineare attività volte allo sviluppo delle capacità e per garantire strategie di intervento specifiche nella didattica. Dunque manca un quadro d’azione specifico e strategico, non si ha la minima idea su come approcciarsi alle necessità speciali. – conclude – Chiediamo un trattamento equo affinché venga rispettata la nostra dignità. Non potremo guarire miracolosamente, ma si può fare tanto per garantirci un tenore di vita quanto migliore possibile”
E’ giunto il momento di finirla con inutili e fuorvianti battaglie ideologiche e inutili. “L’Università – conclude Gaetani – ha bisogno di strumenti per un’integrazione reale di chi, attualmente, realmente non ha gli stessi strumenti di altri e vive una situazione di disagio ed emarginazione”.
Facebook
Instagram
RSS