di Mirko Moscaggiuri, Segretario Generale Filcams Cgil Lecce
Siamo arrivati alla chiusura della stagione estiva, anche se, complici le condizioni meteo favorevoli, gli echi di una stagione turistica entusiasmante si sentono ancora oggi, nel mese di ottobre. Tutti gli indicatori e gli stakeholder unanimemente hanno conclamato flussi turistici da record nei mesi centrali: il calo nelle presenze straniere è stato abbondantemente compensato da un flusso di ritorno dei turisti autoctoni, causa pandemia. Ad una fase che termina tra le luci, si affianca però quella delle ombre, continue, indefinite, mai risolte.
Il settore continua ad evidenziare limiti storici, sul nostro territorio: carenze nell’offerta dei servizi, vecchi vizi sull’applicazione dei contratti per i dipendenti, l’atavico steccato culturale che fa del turismo un settore di passaggio ed un mezzo di facile guadagno senza garantire stabilità, attori che non comunicano tra loro (quando va bene, e quando va male si contrappongono invece di fare rete).
La Cgil e il suo sindacato di categoria, la Filcams, da ormai troppi anni accendono i riflettori su tematiche che, puntualmente, si ripropongono in inverno per spegnersi d’estate. Stupisce come nel dibattito sul turismo puntualmente non si discuta del tema dei temi: si parla di destagionalizzazione, di gap infrastrutturale, di offerta di servizi, ma mai della condizione dei lavoratori che garantiscono di fatto l’accoglienza.
In particolar modo quest’anno è emersa la questione della difficoltà, a detta delle associazioni datoriali, di reperire forza lavoro: il tema è centrale ed esiste oggettivamente. La genesi però andrebbe approfondita. Riteniamo che la vera causa della riottosità nell’accettare un lavoro stagionale non sia preferire il reddito di cittadinanza al lavoro, ma preferirlo ad una paga non rispettosa né dei contratti né della normativa ad essi collegata.
Il turismo è un segmento economico che, al di là della retorica di “volàno dell’economia”, è una sacca di precarietà nella quale taluni si arricchiscono a discapito di altri e dove, spesso, si annidano forme subdole di caporalato. È innegabile che esista una parte imprenditoriale rispettosa dei diritti dei lavoratori e delle leggi, che investono sul presente per costruire il futuro, che fanno della motivazione alla produttività una linea guida imprescindibile. Quando ciò si verifica, gli effetti positivi si riverberano sulla qualità dei servizi offerti, grazie ad un reclutamento mirato, attento ai percorsi formativi e non basato sull’approssimazione. Sono imprenditori che vanno incoraggiati ed aiutati a non subire il dumping contrattuale e salariale e la concorrenza sleale da parte di alcuni loro colleghi meno corretti.
Considerato l’appeal della nostra regione, assurta ormai a meta privilegiata ed ambita, chiediamo che finalmente si abbandoni una mentalità controproducente che vessa il lavoro, per condividere finalmente il principio che solo una seria programmazione politica, solo un’idea di rete, solo il rispetto dei contratti nazionali possono davvero fare del turismo un’industria nel senso più positivo del termine. Questo perché il turismo si nutre di risorse che non possono essere delocalizzate e chiama intorno a sé altri settori trainanti della nostra economia.
Auspichiamo che i buoni propositi sulla programmazione e sulla concertazione non si disperdano nel cestino delle frasi fatte e che il dibattito si traduca in volontà politica concreta, sinergie istituzionali, buone pratiche imprenditoriali e rinnovata fiducia da parte dei nostri giovani. La Filcams sarà sempre a sostegno del lavoro di qualità, giustamente retribuito, nel rispetto della dignità delle persone. Soltanto così sarà possibile promuovere il pieno sviluppo delle personalità di lavoratrici e lavoratori e con esso quello dell’economia e della crescita territoriale.
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