Il progetto si conclude dunque con questa selezione ragionata di opere che provengono dalla collezione del nipote dell’artista, Antonio Benegiamo. Grandi tele, sculture, assemblaggi e altre opere – in gran parte inedite o poco esposte negli ultimi decenni – sono installate in stretta connessione con macchinari e altri reperti del passato industriale di questo luogo. Alla radice di tutto c’è la capacità di Leandro di investigare – così come ha teorizzato pionieristicamente anche nei suoi scritti – i materiali per farli rivivere: e quindi ferri, attrezzi e altri elementi di possibili echi industriali e agricoli, così come quelli che si respirano costantemente nella Distilleria; ma c’è, soprattutto, l’ossessione di Leandro nei confronti di corpi e spazialità ancestrali, in cui si verifica il miracolo della visione: figure antropomorfe, segni e tracce del suo essere “primitivo” che affiorano prepotentemente dalle grandi tecniche miste su tela in mostra.
Chi si addentrerà negli spazi della Distilleria De Giorgi potrà immergersi in un costante dialogo tra le opere e le voci e i suoni di Lu Zacheli, audio documentario poetico sulla vita di Ezechiele Leandro e installazione visivo sonora, un progetto di Associazione Petrolio e Teatro Zemrude, a cura di Daniela Diurisi, con la collaborazione dell’artista visiva Brunella Tegas: un affresco narrativo che vuole restituire la dimensione intima della figura di quell’artista che in vita non ha ricevuto il giusto riconoscimento e che ancora oggi è al centro di molte questioni che ostacolano la giusta conoscenza del suo operato. Il progetto di Diurisi e Aresu, infatti, vuole approfondire, attraverso l’ascolto, l’aspetto più umano dell’artista Ezechiele Leandro, lasciando lo spazio ai racconti di coloro che lo hanno conosciuto in vita, dai parenti a chi è stato testimone della nascita del suo Santuario della Pazienza, da chi ha esperienza del rapporto che ha avuto col paese a chi, semplicemente, gli era amico.
La mostra vuole quindi essere una narrazione corale e in quest’orbita è prevista anche la proiezione del video di Cosimo Pastore che documenta l’adattamento musicale de “La poesia dell’acqua” (da “Penzieri e cunti” di Ezechiele Leandro) realizzato da Enzo Marenaci, Tonio Panzera, Giuseppe Cristaldi e Silvia Boccadamo, e i reading delle memorie personali attorno alla figura di Ezechiele Leandro eseguite da Giuseppe Semeraro – poeta e attore, fondatore della compagnia Principio Attivo Teatro, che leggerà “Peppino e faraone”, tratto dalla raccolta “Penzieri e cunti” di Ezechiele Leandro; Mauro Marino – operatore culturale, fondatore del Fondo Verri nella lettura di “Lettera ai giovani”, manoscritto inedito di Ezechiele Leandro; Agostino Aresu – attore e regista, fondatore della compagnia Teatro Zemrude che leggerà “la stella matutina”, poesia manoscritta inedita (Archivio Privato L. Libetta) di Leandro e dedicata alla storica maestra di San Cesario Lucia Libetta.
Due dipinti di grandi dimensioni arricchiscono il percorso espositivo negli spazi del Museo civico di San Cesario, accanto alle opere di Aldo Calò, Fernando De Filippi e altri maestri. Al Castello di Copertino, l’installazione “Io compravo ferro vecchio e per ferro vecchio mi trattavano” evoca due aspetti fondamentali del percorso artistico di Leandro: uno materiale legato all’attività di rigattiere che tanto ha intersecato il suo lavoro, l’altro emotivo, testimone della frustrazione dell’artista di fronte al rifiuto da parte degli abitanti di San Cesario. Nella piccola ma preziosa mostra due lavori di ferro e una delle sue autobiografie (LaVita, 1978) sono installati all’interno della Cappella di San Marco; qui Leandro incontra Gianserio Strafella, che affrescò volta e pareti nel 1568, in un confronto spigoloso ma non privo di fascino tra due dei maggiori artisti salentini di ogni tempo. Al centro della sala, la bicicletta rampante – «amica e martire di una vita», la definì Ezechiele – torna alla visione del pubblico sotto gli occhi di ben altra martire, quella Santa Caterina che è tra i capolavori di Strafella e che forse aiuterà il visitatore, per contrasto, a indagare i tormenti leandriani.
Ezechiele Leandro è nato a Lequile, in provincia di Lecce, nel 1905. Trovatello, cresce in una famiglia di contadini e viene riconosciuto dalla madre naturale solo undici anni dopo. Lavora come pastore ed è poi trasferito nel convento dei frati francescani del paese, dove acquisisce una cultura profondamente religiosa, entrando in contatto con l’iconografia cristiana. Nei primi anni Trenta lavora come cementista: l’esperienza risulterà poi fondamentale nel corso della sua attività artistica. Nel 1932 si sposa e si trasferisce nella vicina San Cesario, dove inizia a installare le prime sculture nel giardino della sua abitazione. Le difficoltà economiche lo spingono a trasferirsi dapprima in Africa e poi in Germania, dove lavora in miniera. Al ritorno si arruola, dopodiché lavora come ferrivecchi. Nel 1955 si trasferisce in via Cerundolo: nel giardino adiacente alla casa impianta le sue sculture e due anni dopo dipinge la prima tela, un San Giorgio e drago. Nel 1962 avvia i lavori per il concepimento del Santuario della Pazienza, il grande giardino popolato da centinaia di sculture in cemento e materiali di risulta, assemblati con un preciso ordine, guardando alle sacre scritture ma anche al profano, con accenti tragici e ironici. La struttura del Santuario – inaugurato nel 1975 e vincolato dal Mibact nel 2014 – è scandita da navate e anfratti, oggi in uno stato di conservazione precario dovuto anche ad atti di vandalismo e incuria. L’attività espositiva degli anni Settanta è molto intensa, così come gli omaggi che gli sono stati tributati dopo la sua morte, avvenuta nel 1981. È dell’estate 2016 la prima retrospettiva completa sulla sua opera, promossa dal Mibact.
Il progetto Alchimie, sostenuto da Fondazione con il Sud, è promosso dal Centro italiano dell’International Theatre Institute – Unesco e da Astràgali Teatro, in collaborazione con il Comune di San Cesario di Lecce e in partenariato con Iti – Unesco Worldwide, Espéro, Teatro dei Veleni, Teatro Zemrude, VariArti, NovaVita, Libera, CPIA Lecce. Uno dei più interessanti e imponenti monumenti dell’archeologia industriale pugliese e meridionale, è infatti un luogo aperto al teatro, all’internazionalizzazione della scena, alla formazione d’eccellenza e all’inclusione sociale.
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