Sono passati ben ventisei anni da quel 9 febbraio 1995, giorno in cui Marcello Palmisano perse la vita a Mogadiscio. Il giornalista e cineoperatore della RAI rimase vittima di un attentato mentre svolgeva il suo lavoro insieme alla collega Carmen Lasorella, che riuscì invece a salvarsi. Ossigeno per l’Informazione, che da anni opera a favore della legalità, combattendo anche per i giornalisti uccisi per motivi legati al loro mestiere, ricorda questo professionista, continuando a tenere viva l’attenzione su un omicidio ancora irrisolto.
Palmisano stava realizzando un reportage per il Tg2 quando fu coinvolto in una sparatoria scatenata da un gruppo armato a cui risposero prontamente gli uomini della sua scorta, ma l’operatore morì sul colpo. L’auto su cui viaggiava prese fuoco, mentre la giornalista Lasorella si mise in salvo miracolosamente.
Marcello Palmisano aveva 55 anni ed era originario di San Michele Salentino, dove è stato sepolto. Sulla vicenda furono aperte due inchieste, la prima a Roma, che terminò nel giro di due anni con il non luogo a procedere. L’altra inchiesta parti da Venezia e le indagini riguardarono un gruppo di cinque produttori di banane di una società somala, in contrasto con un’azienda concorrente del gruppo americano “Dole”. L’ipotesi era quella che i giornalisti fossero stati scambiati erroneamente per referenti di questa impresa statunitense. Dietro il tragico agguato ci sarebbe stata la guerra tra le multinazionali delle banane operanti in Somalia, ma ancora oggi un vero colpevole del delitto non è stato ancora individuato e questa tesi risulta ancora infondata.
In occasione dell’anniversario della sua violenta scomparsa, Ossigeno per l’informazione ricorda la storia di Palmisano, dedicandogli un’intera pagina sul suo sito, nell’archivio “Cercavano la Verità”, in cui è possibile trovare la biografia, i riconoscimenti e la triste vicenda giudiziaria che lo ha visto protagonista. Un tributo accompagnato da una campagna di comunicazione volta a mantenere viva la memoria su un delitto rimasto insoluto. Un modo per non dimenticare chi ha amato il proprio lavoro con una tale dedizione e con immenso coraggio, tanto da perdere la vita.
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