LECCE – Settecento manifesti sono stati stampati per la campagna di comunicazione “Amici animali – Anche Veg si può”, ideata da LecceVegan, una realtà locale che da oltre 6 anni si occupa di promuovere sul territorio salentino uno stile di vita più etico e sostenibile. I manifesti sono stati affissi a partire dal 12 agosto e continueranno a far capolino sul nostro territorio fino alla fine del mese, raggiungendo ben 29 comuni salentini, (coinvolgendo anche i capoluoghi di Lecce e Brindisi).
La riflessione alla base dell’iniziativa è che gli esseri viventi non sono oggetti, non esistono animali di serie A e altri di serie B, poiché fondamentalmente siamo tutti animali, con sentimenti ed emozioni. Gli animali dunque non sarebbero cibo, non sarebbero un qualcosa, ma un qualcuno. Ben cinque grafiche diverse ideate per mostrare proprio questo concetto, per mostrare, attraverso una linea comunicativa soft, come anche gli animali abbiano pari dignità e come tutto quello che facciamo in realtà sia connesso strettamente.
“Del resto – scrivono gli ideatori del progetto – anche questa attuale pandemia ha molto più a che fare col nostro piatto di quanto non vorremmo credere. A causa del consumo di animali e dunque del loro allevamento i polmoni verdi del nostro pianeta vengono, infatti, sistematicamente tagliati riducendo drasticamente e spesso irreversibilmente quell’inestimabile tesoro che è la biodiversità, fondamentale per la sopravvivenza nostra e degli attuali ecosistemi, facendo entrare in contatto tra loro specie che difficilmente in natura si sarebbero incontrate e facilitando in tal modo il processo di spillover”. Secondo LecceVegan “gli allevamenti intensivi in generale hanno un impatto devastante sotto molti punti di vista: sono tra le cause principali del consumo di acqua e suolo, della deforestazione, dell’inquinamento dell’aria, concorrono alla riduzione della biodiversità animale (attraverso la selezione delle specie più produttive) e vegetale(attraverso le colture intensive necessarie per la produzione dei mangimi a base di soia, mais, eccetera), senza contare la forte correlazione tra “malattie del benessere” (cardiopatie, obesità, diabete, e via discorrendo) e consumo di prodotti animali. Agli animali, inoltre, sono spesso somministrati ormoni e antibiotici, i quali poi finiscono nel nostro piatto o bicchiere, arrivando alla lunga a concorrere nelle bambine alla comparsa precoce del menarca e alle antibiotico resistenze”.
Nello specifico, per un chilo di carne si consumano e producono (indice di conversione):
– 20 mq di foresta;
– 15.400 litri d’acqua;
– 15,8 kg di CO2;
– 15 kg di cereali.
“Spesso – si legge ancora nella nota – la parola vegan fa paura, ci fa sentire spaesati, crea conflitti e ci fa sentire giudicati e minacciati, quando in realtà essa non è altro che una parola creata dall’uomo, esattamente al pari di altre, per designare un qualcosa, per definire un atteggiamento, un pensiero, un dolore, un amore, un cambiamento, la consapevolezza profonda che siamo tutti uguali e che soffriamo e moriamo e che la libertà e i diritti sono di tutti e non solo appannaggio di un’unica specie. Perché dunque è così difficile riuscire a vedere oltre quello che l’abitudine ci ha portato ad ignorare? Già oggi ci sono tantissime persone che non mangiano quella o quell’altra carne (ad esempio cavallo o coniglio) per motivi affettivi, mentre adottare una mucca o un maiale o un tonno, un’aragosta o una capra non è da tutti e questo porta ad estraniarsi nei loro confronti, non conoscendoli, non avendoli vicino, escono dal nostro spazio affettivo e diventano oggetti. Ma cos’è in realtà una fettina? Raramente ce lo chiediamo. Essa è un pezzo di carne tagliato da un animale recluso, sfruttato e ucciso appositamente per essere nel nostro piatto. Immaginatelo impaurito e tremante nell’attesa della morte, con la consapevolezza della morte, con le narici piene dell’odore del sangue e della paura di chi prima di lui l’ha preceduto, sangue ovunque, terrore, morte, ma è già troppo tardi, lui è lì nel vostro piatto e all’improvviso non è più un qualcosa, ma un qualcuno. Il paradosso più grande di sempre: far nascere e allevare appositamente la vita per ucciderla e mangiarla”.
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