LECCE – Dall’altro ieri il personale del Reparto di Polizia penitenziaria presso la Casa circondariale di Lecce si sta spontaneamente astenendo dalla Mensa Obbligatoria di Servizio (Mos). E’ la risposta, pacata e composta, ai fatti accaduti l’11 giugno scorso all’esterno del carcere di Santa Maria Capua Vetere, con cui il personale vuole manifestare la propria solidarietà verso i colleghi dell’istituto campano ed “il proprio sdegno rispetto alla mortificazione morale e professionale subita”. Quello che è accaduto ai colleghi di Santa Maria Capua Vetere, infatti, è ritenuto “inaccettabile” dai rappresentanti sindacali: più di quaranta avvisi di garanzia notificati per strada ad altrettanti colleghi “con modalità che offendono la dignità di chiunque, ed ancor di più per chi sa di essere l’ultimo e disperato avamposto dello Stato in quella ‘terra di mezzo’ di cui tutti parlano ma nessuno conosce quanto noi sulla nostra pelle. L’uomo va rispettato. Sempre! E su questo nessuno può farci scuola”. Gli agenti sono indagati nell’ambito dell’inchiesta sui presunti pestaggi avvenuti all’interno del carcere campano lo scorso 6 aprile. Nei giorni scorsi, intanto, una rivolta dei detnuti dell’Istituto penitenziario ha scatenato un pandemonio: sei agenti sono stati aggrediti da due detenuti che, dopo aver dato fuoco alla propria cella – il rogo è stato spento – sono stati portati in infermieria. Durante il trasporto, i due reclusi si sono scagliati addosso ai poliziotti. Tre agenti sono finiti in ospedale per le ferite riportate. Situazione che è stata riprotata alla calma con grande difficoltà. Ma che ha lasciaot straichi inevitabili: “Sono stati torturati nostri colleghi, presi a sprangate e feriti con le lamette. I torturati siamo noi e non loro”, afferma Vincenzo Palmieri, sindacalista dell’Osapp.
Scenario incandescente in tutta Italia. Parole dure come pietre anche quelle pronunciate dagli agenti del carcere di Lecce che hanno affrontato l’angoscia di questa emergenza sanitaria con sacrificio, senso di responsabilità e dedizione, lontano – come sempre – dai bagliori mediatici. “Abbiamo respinto il default della sicurezza nelle carceri appellandoci alle nostre
forze – sottolineano le organizzazioni sindacali Sappe Osapp, Uil Pa, P.P. Sinappe Cgil Cnpp – ben sapendo di poter contare solo su noi stessi. Ci siamo spesi con tutte le nostre energie per evitare che accadesse l’irrimediabile per la salute e la sicurezza della Comunità nazionale eppure assistiamo ancora ad una campagna denigratoria che si consuma da troppo tempo ed ingenerosamente tra i vari salotti televisivi ed altre stanze del potere”. E ancora: “Sapevamo già che in pochi o addirittura nessuno ci avrebbe manifestato riconoscenza alla fine di tutto, perché da molto tempo imparato a non nutrirci di immagine e convenevoli, ma non pensavamo di meritare quello che è accaduto. Non è possibile che non vi fosse un modo di operare diverso da quella indicibile
spettacolarizzazione; un’alternativa che rispettasse le persone e che tenesse conto del principio della presunta innocenza contenuto nell’articolo 27 della Costituzione. Quello che è stato fatto a Santa Maria Capua Vetere è uno sfregio alla dignità ed all’onore di ognuno di noi, in quanto persone ed in quanto uomini al servizio delle Istituzioni, e va ad aggiungersi a quei trofei di infamia che ci vengono troppo spesso “confezionati” e solo noi possiamo “vantare”.
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