LECCE – Giunti alla terza fase dell’emergenza scatenata dal Covid 19, il Dipartimento di Prevenzione di Lecce tira le somme sul lavoro svolto in questo periodo impegnativo.
Tre mesi di lavoro ininterrotto, sotto l’attenta sorveglianza del Direttore Giovanni De Filippis, hanno visto il Dipartimento di Prevenzione di Lecce lavorare in primo piano nella lotta al coronavirus, attraverso specifici interventi che hanno assorbito una parte rilevante delle proprie scarse risorse. Un’emergenza affrontata senza aver mai fatto mancare attenzione agli altri compiti istituzionali a salvaguardia della salute pubblica, compresi quelli in materia veterinaria. Particolare carico di lavoro è gravato sui SISP per la sorveglianza sanitaria, l’effettuazione dei tamponi per la ricerca delle persone contagiate da SARS COV 2, la ricostruzione dei loro contatti e l’alimentazione dei flussi informativi verso la cabina di regia regionale sull’andamento della pandemia. Anche gli SPESAL sono stati e sono sotto pressione per la vigilanza nei luoghi di lavoro, finalizzata a garantire la tutela della salute dei lavoratori che hanno continuato la loro attività anche durante il lockdown e dopo la riapertura delle aziende, per il rispetto delle misure anticontagio. Un lavoro svolto in modo coordinato e congiunto con Carabinieri e Ispettorato del Lavoro, sotto il coordinamento della Prefettura. In particolare, un impegno importante è stato profuso, sin dal 24 febbraio, per fornire informazioni e chiarimenti alla popolazione sull’emergenza, da quel giorno il telefono di via don Minzoni non ha mai smesso di squillare. Un unico numero di telefono è stato convertito sull’emergenza epidemiologica. Le telefonate raccolte, certificate dal gestore telefonico, sono state 9250, ma non si ha contezza del reale numero di quelle ricevute poiché mancano le telefonate che vanno dal 15 maggio a oggi, quelle dal 24 febbraio al 14 marzo, e quelle filtrate dal centralino Asl Lecce.
Una quantità impressionante di richieste spalmate su 12 telefoni, collegati da un unico numero, che hanno visto coinvolti dipendenti ASL e i borsisti del progetto MiNoRE, chiamati a collaborare temporaneamente sull’emergenza in corso. Si è cercato di fornire sempre informazioni qualificate e aggiornate tempestivamente tramite una procedura informatica condivisa in rete, prodotta e gestita in proprio, in cui venivano raccolti per iscritto, non solo i quesiti più semplici, ma anche quelli complessi che esigevano un’immediata risposta dalla Task Force.E’ stata molto spesso una lotta contro il tempo sin dal primo caso, l’ormai famoso parrucchiere di Aradeo che ha visto coinvolte ben 140 persone ricontattate dal Dipartimento e poste in isolamento, poi il focolaio dell’ospedale di Copertino che all’improvviso ha visto interessato un intero nosocomio con operatori e pazienti, le RSA ed in particolare La Fontanella balzata all’onore della cronaca per le gravi carenze organizzative che hanno costretto la ASL ad intervenire per garantire, agli ospiti fragili, assistenza adeguata e tutela dal rischio di contagio. Non dimentichiamo poi le navi ormeggiate a Brindisi con persone positive a bordo, l’improvvisa invasione da parte di migliaia di studenti e lavoratori fuori sede rientrati in una notte in Puglia.
Un’emergenza dopo l’altra in cui gli operatori non hanno solo dovuto rispondere su aspetti tecnici, informare i medici e operatori sanitari sulle procedure di segnalazione, i cittadini su isolamento e comportamenti da seguire, ma li ha visti trasformati molto spesso anche in persone in grado di tranquillizzare la gente impaurita e sola, con problematiche che in alcuni casi esulavano dal solo virus.
Il lavoro anti COVID 19, tuttavia, non terminerà in fase tre dell’emergenza, ma anche ora il Dipartimento di Prevenzione dovrà continuare la propria azione di vigilanza, ricerca e gestione dei contatti con il virus e dare supporto anche per l’implementazione dell’Applicazione IMMUNI strumento nazionale per il tracciamento dei contatti tradizionale così detto contact tracing.
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