Ci sono storie che diventano sagome, castighi che trasudano paura. Storie sfibrate dall’ossessione, dall’amore malato che annienta tutto, finanche la vita. Storie di omicidi, di femminicidi, di tragedie che hanno carbonizzato la bellezza dei sorrisi. E il romanzo noir “Femmina” di Remo Croci mette insieme tutto ciò che si è spezzato per mano di criminali.
Nel libro si respira l’aria avvelenata della sofferenza. Lo scrittore affida al fiuto investigativo di Lampo, un maestro elementare in pensione, di sbrogliare la matassa di alcuni omicidi. Si parte da San Benedetto del Tronto, terra del giornalista Mediaset, e si va a finire nel Salento dove il maresciallo dei carabinieri Peluso digerisce poco e male l’intrusione nelle indagini della mente di Lampo che risolve gli omicidi.
Il libro recensito dalla collega salentina Lucia Accoto, è l’ultimo atto della trilogia che vede i due protagonisti nuovamente insieme.
Croci restituisce voce a quei fatti di invisibili che sarebbero rimasti tali se il nervo della violenza non avesse macchiato ogni cosa. Trasparente, incisivo, lo stile dello scrittore che permette al lettore di entrare nelle fenditure degli occhi delle vittime. La sua è una penna pulita, senza giri nel vuoto, in una narrazione accattivante, quella del mistero, tipica del noir. Remo Croci in Femmina ha coinvolto la penna di quattro donne che hanno scritto ognuna il proprio racconto. Si tratta di un piccolo contributo rosa che ben si mescola al noir di Croci. In copertina un’opera tratta dalla mostra “Seven Rooms” di Rita Bruni.
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