LECCE – “Il sorriso è un diritto” : con queste parole si è aperto l’incontro formativo di questa mattina “Dalla violazione alla violenza: la tutela della legge” al Centro Antiviolenza “Renata Fonte” di Via Santa Maria del Paradiso a Lecce.
Durante l’incontro sono stati divulgati i dati aggiornati dell’incidenza del fenomeno della violenza sulle donne, nel territorio salentino.
Ad aprire la conversazione, le testimonianze di alcune donne che hanno subito e affrontato, atti di violenza sia fisica che psicologica, e che ancora lottano per ricostruire la propria esistenza.
Storie di ordinaria violenza: un piatto di lenticchie bruciato si trasforma in un dramma, un appuntamento mancato diventa uno smacco che deve essere punito. Il “non sei abbastanza” ripetuto così tante volte che chi lo riceve, inizia a pensare di essere sbagliato, diverso, fallato. Storie di donne diverse ma con una cosa in comune: la violenza.
Donne di età, estrazione sociale, contesto culturale diversi fra loro, ma con le mani saldamente intrecciate le une alle altre.
“Un vero amore non ti umilia, non ti picchia, non ti maltratta, non fa di te la sua schiava, ma ti cammina affianco ogni giorno tenendoti la mano, il cuore, la vita. Il vero amore non toglie la vita, ma la dona.”
Sostegno e coraggio: questo traspare immediatamente dalle voci che tremano, dagli occhi lucidi, dai cenni fiduciosi, frutto del rapporto che queste donne hanno intessuto con altre donne, le avvocatesse, le assistenti sociali, le psicologhe che dal 1998, fanno del Centro Antiviolenza “Renata Fonte”, un porto sicuro.
“La solitudine non mi fa domande scomode, la solitudine non mi lascia lividi, la solitudine mi lascia la possibilità di conoscermi. – ha affermato Fabiola (nome di fantasia) – Ed ora grazie a queste splendide donne che le mani le hanno usate per sollevarmi da terra, sono diventata una donna consapevole del fatto che io bella o brutta, sono una persona speciale, da rispettare (…) Care mie donne chiudete con la violenza, scegliete un lieto fine. Non fatevi bastare un mazzo di fiori dopo un pugno, non fatevi urlare contro, le cose che ci piace di più ascoltare sono quelle che ci vengono dette nell’orecchio, sottovoce. Denunciate! Sorridiamo donne, sorridiamo sempre alla vita anche se lei non ci ha sorriso.”
Maria Luisa Toto, presidente del Centro Antiviolenza “Renata Fonte” di Lecce punta il faro sull’incidenza del fenomeno nel Salento, reso ancor più allarmante dal fatto che l’indicatore percentuale è incrementato proprio a causa delle richiesta di aiuto da parte delle giovanissime. Duecentotrentanove i casi totali denunciati solo nel 2019 e questo indica un mancato decremento generale della problematica. Si evince che il 91% delle donne ha cittadinanza italiana, il 2,8% ha cittadinanza nei paesi dell’Unione Europea ed il 5,56% è di cittadinanza extra UE. La fascia d’età tra i trenta ed i quarantacinque anni è quella maggiormente colpita dal fenomeno, il 70% . Il 18% delle richieste di aiuto comprende ragazze tra i diciotto e i ventinove anni, maltrattate e vessate da compagni coetanei. Con riferimento allo stato civile, risulta che le donne che hanno avuto accesso al centro sono per il 33% coniugate, il 26,5% separate, il 5,5% divorziate , questo attesta il carattere intrafamiliare della violenza, anche dopo la separazione. Per ciò che concerne il dato relativo alle donne nubili, 31,5 %, si può affermare che le forme di violenza vengono agite all’interno della relazione di coppia.
Il fenomeno è trasversale e colpisce chiunque. Si registra infatti che il 48% delle donne sono diplomate ed il 18% laureate.
I dati, inoltre, attestano che l’assoggettamento della donna può peggiorare in caso di assenza di un lavoro stabile: il 20% risulta non occupata ed il 30% con occupazione precaria. Si segnala, tuttavia, che la violenza si manifesta anche attraverso l’arbitrario accesso, da parte dell’uomo violento, a risorse economiche della donna che lavora.
Le donne che si rivolgono al Centro Antiviolenza “Renata Fonte” spesso riferiscono di aver subito violenza multiple. Si tratta di violenze agite da partner o ex partner, dirette ad esercitare forme di controllo e di sopraffazione. Alle violenze fisiche o sessuali si accompagnano spesso anche violenza psicologica e di carattere economico.
Diventa quindi vitale far comprendere che chiunque può essere vittima di abuso: attraverso restrizioni psicologiche, manipolativi meccanismi di denigrazione, violenza fisica, violazione dei diritti degli eventuali figli minori.
Maria Luisa Toto lancia una provocazione “Il femminicidio è come la mafia. Certo, sono due fenomeni distinti e differenti, ma entrambi si basano su meccaniche fondate sulla subcultura del terrore e dell’omertà: anche il violento usa il controllo, l’intimidazione, la violenza e la paura, per avere il potere totale sull’altra persona. Per questo chiediamo alle istituzioni che i reati di violenza sulle donne divengano prioritari come i reati per mafia.” – e continua- “Avere delle leggi che tutelino le vittime è inefficace se quest’ultime sono lasciate sole ad affrontare gli eventi. C’è estremo bisogno di personale qualificato e preparato, in grado di riconoscere e gestire i vari livelli di pericolosità di una situazione violenta. La legge prevede che gli operatori, le Forze dell’Ordine, siano preparate, e noi vogliamo che questo accada ovunque.”
E conclude “Dobbiamo cercare in tutti i modi di non “ri-vittimizzare” chi denuncia. Se una donna si rivolge alle Forze dell’Ordine, deve essere seguita e aiutata, sia dal punto di vista emotivo e psicologico, che della sicurezza personale. Non possiamo far passare un calvario dopo l’altro a chi si trova in un momento di estrema fragilità.”
Il Centro continua a dare un abbraccio forte ed un pratico aiuto a chiunque ne avesse bisogno e si è sempre fatto carico di fornire un supporto psicologico, legale, sociale, nel totale rispetto della privacy e della sicurezza.
Sono intervenute le avvocate Fiorindina De Carlo, Alessandra Politi, Catiuscia Quarta, Maria Cristina Brindisino, Ester Nemola. Le psicologhe Silvia Sammarco, Marzia Camarda, Giulia Piraino e l’assistente sociale Eleonora Verri.
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