LECCE – Giustizia è fatta. E’ proprio il caso di dirlo. Anche se una studentessa ha dovuto attendere ben 24 anni per veder riconosciuti i propri diritti. Nel 1994 la ragazza era stata infettata da epatite B grave. Due giorni dopo la nascita la neonata, ricoverata all’ospedale Vito Fazzi di lecce, venne sottoposta ad una trasfusione di sangue per “malattia emolitica neonatale da incompatibilità materno-fetale”. Il contagio venne scoperto dopo un anno. I genitori fecero la domanda di indennizzo nel 1995, quando la bambina aveva meno di un anno, facendo leva sulla legge n. 210/1992. Ma sia la Asl di Lecce e sia il Ministero della Salute hanno sempre negato l’indennizzo. Fino a quando pochi giorni orsono, il giudice del Tribunale di Lecce ha riconosciuto alla studentessa il danno subito stabilendo un risarcimento di 50.000 euro e un assegno di 800 euro al mese come vitalizio.
Peraltro già nel 2002 il consulente tecnico d’ufficio del Tribunale aveva evidenziato il “rischio di un’ulteriore evoluzione della malattia non facilmente pronosticabile, verso forme più aggressive, che potrebbero sfociare nella cirrosi epatica o anche nell’epatocarcinoma. Tale rischio certamente sussiste e non è possibile mettere in atto trattamenti preventivi specifici”, ma soltanto un programma di sorveglianza continuo per tutta la vita. Ed è proprio il sensibile peggioramento della qualità della vita della ragazza viene richiamato nel ricorso presentato dall’avvocato Renato Matarrelli. “Nel corso degli anni – si legge nel documento del legale, esperto in materia – la funzione epatica della giovane è progressivamente peggiorata essendo l’epatopatia HBV correlata da cui è affetta, in evoluzione ingravescente. Infatti dall’esame ecografico del 18.02.15 il fegato, prima in condizioni di normali, risulta ora con una ecostruttura disomogenea; dal check up completo delle funzioni epatiche del 8- 9.07.15, emerge che tutti i marcatori dell’HBV (epatite B) risultavano positivi e che si è determinata una mutazione genomica nel virus epatico che tuttora blocca la produzione di HbeAg7; dall’elastografia epatica (fibroscan) del 24.08.16 si rileva una fibrosi aumentata in maniera significativa, nonché positività ai marcatori epatici e persistenza della replica virale”. La sentenza del giudice pone fine ad una vicenda che si è trascinata per tanti, troppi anni.
Facebook
Instagram
RSS