BARI – Mettendo le mani sull’agroalimentare in territori dove l’agricoltura è il settore economico centrale, la malavita si infiltra in modo capillare nella società civile, condizionando la vita quotidiana della persone e affermando il proprio controllo sul territorio pugliese, dove l’indice di permeabilità delle agromafie raggiunge quota 100 a Foggia, 66,80 a Brindisi, 44,75 nella BAT, 34,56 a Taranto, 30,75 a Bari e, infine, 25,94 a Lecce. E’ quanto denuncia Coldiretti Puglia, in merito ai sabotaggi delle cantine a Torremaggiore e San Severo con migliaia di litri di vino sversato nelle campagne, analizzando i dati del rapporto Agromafie dell’Osservatorio sulla criminalità in agricoltura di Coldiretti.
“La Puglia è al terzo posto della classifica nazionale, con un livello di infiltrazione criminale pari all’1,31. Emerge, tra l’altro, come il fenomeno delle agromafie, nel corso degli ultimi anni, abbia accresciuto la propria intensità in particolar modo in Puglia, con Bari all’1,39%, Taranto all’1,30%, Barletta-Andria-Trani all’1,27%. La Puglia è una regione a forte vocazione agricola ed è per questo che il business delle agromafie è divenuto particolarmente appetibile”, denuncia con forza il presidente di Coldiretti Puglia, Savino Muraglia.
Con i classici strumenti dell’estorsione e dell’intimidazione le agromafie impongono i prezzi dei prodotti agricoli e la vendita di determinate produzioni agli esercizi commerciali che a volte, approfittando della crisi economica, arrivano a rilevare direttamente grazie alle disponibilità di capitali ottenuti da altre attività criminose. Non solo si appropriano di vasti comparti dell’agroalimentare e dei guadagni che ne derivano, distruggendo la concorrenza e il libero mercato legale e soffocando l’imprenditoria onesta, ma – continua la Coldiretti – compromettono in modo gravissimo la qualità e la sicurezza dei prodotti, con l’effetto indiretto di minare profondamente l’immagine dei prodotti italiani ed il valore del marchio Made in Italy. I poteri criminali si “annidano” nel percorso che uva da vino, olio, frutta e verdura, carne e pesce, devono compiere per raggiungere le tavole degli italiani passando per alcuni grandi mercati di scambio fino alla grande distribuzione.
Inoltre, dei 26.200 terreni su tutto il territorio nazionale nelle mani di soggetti condannati in via definitiva per reati che riguardano, tra l’altro, l’associazione a delinquere di stampo mafioso e la contraffazione – continua Coldiretti Puglia – ben 2.489 (il 9,5%) in Puglia sono in mano alla mafia, anche perché il processo di sequestro, confisca e destinazione dei beni di provenienza mafiosa si presenta lungo e confuso, spesso non efficace e sono numerosi i casi in cui i controlli hanno rilevato che alcuni beni, anche confiscati definitivamente, sono di fatto ancora nella disponibilità dei soggetti mafiosi.
Il Rapporto Agromafie evidenzia che tra i 20 ed i 25 miliardi di euro vengono sprecati per il mancato utilizzo dei beni confiscati sulla base delle stime dall’Istituto nazionale degli amministratori giudiziari (Inag), aggiunge Coldiretti Puglia.
“Il fronte dell’illegalità è sempre più ampio – conclude il presidente Muraglia – e riguarda la proprietà fondiaria, le infrastrutture di servizio all’attività agricola e, non da ultime, le produzioni agricole ed agroalimentari. I reati contro il patrimonio rappresentano la “porta di ingresso principale” della malavita organizzata e spicciola nella vita dell’imprenditore e nella regolare conduzione aziendale. Masserie, pozzi e strutture letteralmente depredate, chilometri e chilometri di fili di rame, letteralmente volatilizzati lasciano le imprese senza energia elettrica e possibilità di proseguire nelle quotidiane attività imprenditoriali, furti delle piantine resistenti a Xylella appena messe a dimora, taglio di ceppi di uva e tiranti di tendoni, sono solo alcuni degli atti criminosi a danno degli agricoltori ”.
Capitolo a parte merita – conclude Coldiretti Puglia – il mercato parallelo di prodotti agricoli provenienti da migliaia di chilometri di distanza, spesso sofisticati, spacciati per prodotti di qualità, quando di qualità non sono, per cui viene illegalmente utilizzato il marchio ‘made in Puglia’, a danno dell’imprenditoria agricola pugliese e dei consumatori.
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