LECCE – “Satyagraha”: una storia d’amore e reincarnazione raccontata attraverso il viaggio di un’anziana donna tra le sue vite precedenti. Nel cortometraggio in gara nella XX edizione del Festival del Cinema Europeo, atmosfere oniriche, al confine tra la vita e la morte, si mescolano ai colori del lontano oriente, alla terra africana e a ritmi di danze gitane, visioni che svelano sessualità, segreti e tormenti di un amore senza tempo.
“A ciascuno di voi è riservata una persona speciale. Il vostro cuore l’ha già accolta
come parte di sé in altri luoghi e tempi. Avete cavalcato insieme negli eserciti di
condottieri dimenticati dalla storia, avete vissuto insieme nelle grotte ricoperte di
sabbia dei nostri antenati. Tra voi c’è un legame che attraversa i tempi dei tempi…”
Ho scelto di aprire il film con questa citazione, tratta dal primo capitolo del libro
“Molte vite, un solo amore” di Brian Weiss, perché ritengo che riassuma l’essenza
della trama e, al tempo stesso, prepari lo spettatore al viaggio tra luoghi ed epoche
che seguirà. – Afferma la regista dell’opera Nuanda Sheridan, e continua -Nel corso della mia ricerca artistica e spirituale, gli studi sulla reincarnazione mi
hanno sempre affascinato, ho iniziato a interessarmene soprattutto dopo aver
incontrato Aurelio Mejia Mesa, famoso ipnoterapeuta colombiano che segue le
stesse teorie di Weiss, secondo il quale la regressione a vite precedenti è un metodo
di conoscenza del sé molto antico che mira ad ottenere un ricongiungimento
spirituale con la memoria della propria vita passata.
Secondo Weiss, inoltre, ognuno di noi, durante la sua esistenza, potrebbe incontrare
e riconoscere un’anima con cui ha già condiviso altre vite.
“Satyagraha”, che deriva dal sanscrito e significa “forza dell’amore” e “fermezza per
la verità”, racconta il viaggio che un’anima compie, reincarnandosi attraverso i secoli,
per ricongiungersi ad un’altra anima a cui è legata.
Il racconto si muove su diversi piani narrativi, che si avvalgono di un simbolismo dal
contenuto a volte enigmatico.
Un cortometraggio privo di dialogo, sostenuto solo dalla voce fuori campo della
protagonista e da una colonna sonora originale, per condurre lo spettatore in punta
di piedi nell’intimità dei personaggi, come a renderli testimoni dei loro silenziosi
segreti.” E conclude “Desideri repressi, danze liberatorie e momenti di autoerotismo diventano, dunque, specchio delle verità taciute di ogni essere umano.
Vite semplici, donate ad un amore che non può essere vissuto liberamente,
s’intrecciano in un altrove senza tempo, sospeso tra la vita e la morte, ricreato
attraverso inquadrature dal ritmo sospeso e dal carattere pittorico, scritte per
immergere il pubblico in un’atmosfera onirica e poetica.”
Il corto sarà proiettato martedì 9 aprile alle ore 20 circa, nella sala 4 del Multisala Massimo.
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