LECCE – La rabbia supera di gran lunga il dolore. Maria Giovanna Zippo, tecnico di anestesia e infermiera specializzata da 14 anni al 118 dell’ospedale Vito Fazzi di Lecce, è imbufalita. Ieri mattina è rimasta vittima dell’ennesima aggressione da parte di una 52enne, peraltro non nuova a questo tipo di situazioni.
L’episodio è avvenuto sul Corso Vittorio Emanuele, a due passi da porta Rudiae. L’equipe sanitaria del 118 si è mossa immediatamente una volta ricevuta una segnalazione da parte delle forze dell’ordine per un tso, un trattamento sanitario obbligatorio. Una volta giunti sul posto gli operatori sanitari si sono trovati di fronte una ubriaca che dava in escandescenze. L’hanno fatta salire, a fatica, sull’ambulanza per condurla in ospedale. Ma durante il tragitto la donna si è dapprima divincolata e ha poi sferrato un pugno e un calcio all’infermiera che era con lei. Risultato? Sospetta frattura dello zigomo e vasto ematoma alla coscia destra.
“E’ una vergogna – tuona Maria Giovanna Zippo – Siamo in giro ogni giorno rischiano la nostra pelle e senza alcun tipo di salvaguardia. Poco tempo fa un medico del 118 ha subito due aggressioni nel giro di una decina di giorni. Continuiamo ad operare senza poter contare su alcuna indennità di rischio. Eppure ogni giorno siamo a bordo di un’auto o di un’ambulanza a grande velocità perché dobbiamo cercare di arrivare in tempo per salvare vite umane intervenendo anche in situazioni pericolose come risse da strada, rave party, tossicodipendenti e ubriachi che danno in escandescenze, e così via”. Una battaglia condotta assieme a tanti altri colleghi che va avanti da anni ma, per ora, con scarsi risultati. “Abbiamo sollecitato anche il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano ma ci ha risposto che non ne abbiamo diritto. Ma ora diciamo basta. Vogliamo essere tutelati!”.
Ieri la donna ha ricevuto una telefonata di solidarietà da parte del direttore generale della Asl Ottavio Narracci. Ma ora le parole non bastano. Serve passare ai fatti. Facendo scudo, in tutti i sensi, a quanti operano sul fronte per assicurare la nostra salute.
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