LECCE – Oggi il laboratorio di Patologia clinica e Microbiologica del Fazzi, diretto dal dr. Giovanbattista Lobreglio, è in grado di ricercare nell’espettorato il bacillo della tubercolosi e di rilevare la presenza del gene che conferisce resistenza all’antibiotico utilizzato per il suo trattamento (rifampicina).
«Questo è stato reso possibile – spiega il dr. Lobreglio – grazie alla recente acquisizione di piattaforme tecnologiche avanzate. Il test inoltre, insieme ad altre indagini, consente di avviare un appropriato trattamento del paziente».
La stessa strumentazione permette di rilevare le sequenze geniche responsabili della resistenza agli antibiotici di alcuni batteri come la klebsiella pneumoniae (che procura spesso infezioni durante l’assistenza negli ospedali). Ma non è tutto. Sullo stesso analizzatore in dotazione al Fazzi si possono ricercare le sequenze di DNA per le tossine di un batterio (il Clostridium difficile), spesso responsabile della diarrea da antibiotici e consente quindi di avviare un trattamento efficace.
Il laboratorio ha anche ripreso ad eseguire altri test importanti, come l’attivazione in vitro dei granulociti basofili (BAT) che può fornire informazioni per la diagnosi e la prevenzione di reazioni avverse a farmaci e itest di aggregazione delle piastrine con aspirina per valutare l’efficacia di questi farmaci nel trattamento delle malattie cardiovascolari (sindromi coronariche, ictus, attacchi ischemici transitori, ecc).
Tornando allo «spettro» della tubercolosi bacillifera (una malattia che si credeva ormai debellata), l’anno boom di ricoveri al reparto di Malattie Infettive del Fazzi è stato il 2014, con 19 soggetti affetti da Tbc, di cui 11 stranieri. Nel 2016 i casi di Tbc furono 12. A questi vanno aggiunti i ricoveri nel reparto di Galatina.
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