GALLIPOLI – “Maschere mute e segni archetipici, segno e materia, buio che diventa luce”: il conto alla rovescia per il Concertone della Notte della Taranta di Melpignano parte anche da Gallipoli grazie all’opera di Mimmo Paladino. Era il 25 agosto 2012 e l’antica arte delle luminarie incontrava l’immaginazione del maestro della transavanguardia, illuminando il palco del Concertone della quindicesima edizione di una delle più significative manifestazioni sulla cultura popolare in Europa. A sei anni di distanza quel grande fondale di elettricità colorata, realizzato con il maestro delle luminarie Lucio Mariano, riprende vita sul Castello di Gallipoli grazie alla collaborazione tra l’Agenzia di Comunicazione Orione, che dal 2014 gestisce l’antico maniero con la direzione generale di Luigi Orione Amato e la direzione artistica dell’architetto Raffaela Zizzari, i comuni di Melpignano e Gallipoli, la Fondazione La Notte della Taranta e la manifestazione Puglia Golosa, accendendosi ogni sera in attesa del Concertone di sabato 25 agosto diretto dalla maestra concertatrice Andrea Mirò.
L’opera d’arte rievoca immagini di popoli di etnie diverse riunite in un unico grande spazio. Un’opera che lo stesso maestro Paladino, uno tra i maggiori rappresentanti della Transavanguardia, movimento artistico che cerca saldi legami con la tradizione storica, riproponendo il passato con un linguaggio figurativo neo-espressionista, ha voluto fosse fatta con le luminarie della tradizione salentina legando l’opera stessa al Salento. A dimostrazione di quanto l’arte sappia accompagnarci e “fare luce”, attraversando il tempo e lo spazio rinnovandoli costantemente, il progetto di ‘rivitalizzazione’ della grande opera di Paladino travalica i confini territoriali: dal cuore di Melpignano, con l’energia contemporanea di 5mila lampade a tecnologia LED, la sapienza artigiana delle luminarie e il segno immaginifico di un grande artista, approda al Castello di Gallipoli.
Un’occasione in più per entrare da protagonisti con un proprio scatto in #Selfati, la prima mostra italiana dedicata interamente al selfie allestita sino all’11 novembre nelle sale e negli spazi esterni del Castello, che accoglie la Venere degli Stracci, l’opera più celebre di Michelangelo Pistoletto, simbolo dell’Arte Povera e icona della cultura di consumo contemporanea. Prodotta da Orione Comunicazione, in collaborazione con Università del Salento e con il patrocinio del Ministero dei Beni Culturali e del Turismo, Regione Puglia, Provincia di Lecce, Comune di Gallipoli e La Sapienza di Roma, la mostra vuole raccontare il fenomeno selfie non solo come gesto quotidiano ma soprattutto come elemento in grado di raccontare se stessi, una nuova modalità espressiva della “cultura popolare”. Che sia sintomo di personalità narcisistica o puro e semplice divertimento, è innegabile che esso sia ormai diffuso in tutto il mondo come gesto quotidiano, diretto, alla portata di tutti. Chiunque (o quasi) possieda uno smartphone ha, almeno una volta, ceduto alla tentazione di auto-scattarsi una foto. L’allestimento propone la Selfie Timeline (con la storia dell’autoritratto dallo sciamano della Grotta dei Cervi sino a Marina Abramovic passando per Raffaello, Leonardo, Caravaggio, Van Gogh, Warhol), sorprendenti opere site specific come la mirror tower (un labirinto di specchi), la stravagante optical room curata e interpretata da Francesco Ferreri aka Chekos’art, muralista e street artist, le luminarie di “Salento style”, fino all’exibit dove ogni visitatore diventa autore di un’opera collettiva partecipandovi e vivendola. La piazza d’Armi ospita le “sedute d’autore” Nemo di Fabio Novembre per Driade. La mostra culmina nell’imponente sala ennagonale in cui sono esposti per la prima volta i “SelfieAdArte” della giornalista e art influencer Clelia Patella, una rilettura pop delle differenti percezioni che ognuno di noi avverte di fronte ad un’opera d’arte, interagendo e permettendo un “user friendly” della stessa. E al centro della sala la Venere degli Stracci. Un’esperienza immersiva attraverso linguaggi e poetiche molteplici che renderanno, ancora una volta, Gallipoli un appuntamento imperdibile per i “viaggiatori” alla ricerca di una bellezza visiva, percettiva, etica, educativa e funzionale.
Il Castello di Gallipoli dopo decenni di chiusura e incuria, da luglio 2014 ha accolto oltre 160mila visitatori, turisti provenienti da tutto il mondo, dalla Puglia e dal Salento ma soprattutto i cittadini della città bella che da troppo tempo vedevano negata la possibilità di apprezzare sale, torrioni, gallerie, corridoi, di ammirare la bellezza della luce del sole sulle pareti dell’atrio e il panorama mozzafiato che regalano le terrazze circondate dal mare Jonio. Tra le mostre ospitate la personale di e con Michelangelo Pistoletto nell’estate 2015, “I porti del Re, Jakob Philipp Hackert dalla Reggia di Caserta al Castello di Gallipoli”, che nel 2017 ha consentito di esporre preziosissime tele settecentesche che rappresentano il passato e la storia del nostro territorio, oltre a numerose collettive di artisti e fotografi pugliesi e non, concerti, spettacoli, presentazioni, visite teatralizzate e eventi privati. Il Castello è diventato un polo di attrazione aperto e funzionante nell’arco di tutto l’anno e grazie ai risultati economici dell’attuale gestione, dal 14 aprile 2016, è stato acquisito al Demanio del Comune di Gallipoli, permettendo una disponibilità completa e indipendente del bene dal Demanio Statale. Grazie al progetto “In my eyes”, in collaborazione con l’Istituto Tecnico Amerigo Vespucci e l’associazione di promozione sociale Poiesis, l’antico maniero si è dotato di mappe tattili e guide in braille.
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