Sulla vicenda Xylella pubblichiamo di seguito un post su facebook scritto dal collega Renato Moro
“E mentre si fa un grande discettare del problema, tutto é immobile, tranne una malattia che, per chi non vuol vedere, ha cambiato un intero paesaggio e altri ne cambierà. Nessuno ha saputo collocarsi in mezzo a queste conflittualità, o meglio ha avuto il coraggio di farlo”.
Rubo queste parole contenute in un lungo post del consigliere regionale Cristian Casili perché a mio avviso fotografano il nucleo centrale della questione xylella. Non dal punto di vista della ricerca scientifica e dello studio delle cause del disseccamento (su cui non mi pronuncio perché non ho la competenza necessaria), ma dal punto di vista sociale, economico e paesaggistico. Non meno importante del primo, almeno a mio avviso.
Quella che è mancata in questi anni – anni in cui abbiamo assistito alla distruzione di un paesaggio e della cultura che quel paesaggio si portava dietro – è stata proprio una figura in grado di porsi al centro delle conflittualità per governarle. Una figura in grado di tracciare un percorso, di segnare il confine tra competenze e fancazzismo, di garantire per la ricerca e la scienza e allo stesso tempo ascoltare le voci che giungevano dalla campagna o dalle piazze. Una figura in grado di dominare le paure e bloccare sul nascere quelle derive che hanno trasformato la questione xylella in un calderone in cui abbiamo fatto entrare di tutto: dalle scie chimiche alle strategie di conquista del mondo da parte di improbabili Cattivi, dalla caccia all’untore ai miracoli delle acque informatizzate, dall’elogio delle motoseghe alle alchimie dei pentoloni. Un calderone in cui le competenze sono state ridotte o annullate a favore di dieci, cento mille (in)competenze. In cui il politico di turno (di ogni colore e parrocchia) ha rimestato a seconda dell’interesse contingente sposando tesi e divorziando da esse per sposarne altre alla stessa velocità con cui il Frecciarossa attraversa la pianura Padana.
E’ mancata quella figura autorevole (o quelle figure autorevoli) che avrebbe dovuto usare il piccone per eliminare ogni superfetazione barocca che tutti noi – popolo intorpidito dallo scirocco e fulminato sulla via della Decrescita Felice pur non avendo mai conosciuto una Crescita Felice – abbiamo costruito. E’ mancata perché la Politica non è stata capace di proporla (o non ha voluto), così come non sono stati capaci di proporla il mondo delle imprese e del volontariato.
E ora, con in mano una bussola impazzita e attorno un paesaggio che non è più quello che abbiamo vantato in milioni di inutili post e mille inutili libretti, riposizioniamo il navigatore per raggiungere il nuovo ring. Sul quale si combatte la nuova battaglia. Tra insulti, sangue, amicizie interrotte, paure giustificate, paure ingiustificate, richiami alle regole del vivere civile e fughe rivoluzionarie da antagonisti col sedere eternamente riconoscente agli artigiani della qualità. Con una novità che il ring precedente, quello del batterio-sì-batterio-no, non ha conosciuto: in campo adesso ci sono gli interessi dei produttori del Barese che ignorano le forme e i labirinti mentali del barocco legati come sono (giustamente) alle loro imprese che muovono l’economia pugliese con la forza di quattro ruote motrici.
Solo uno stupido o un criminale vorrebbe avvelenare il mondo suo e quello che domani sarà dei suoi figli. Nessuno comprerebbe frutta, verdura o altro cibo avvelenato dai pesticidi snobbando frutta, verdura o altro cibo bio. Tutti vorremmo, dobbiamo volere, un mondo senza veleni. Ma ancora una volta, davanti a un’emergenza così drammatica, si assiste all’oscuramento delle competenze e alla strumentalizzazione delle paure. Senza che nessuno sia in grado di mettere la faccia per indicare un percorso, illuminare una strada, sostenere e garantire le competenze. Riuscirà a farlo la Nuova Politica che sta per prendere il posto della vecchia la quale ha prodotto il Decreto tanto contestato? Il dubbio è legittimo ancorché giustificato. Nel frattempo godiamoci quest’altra salutare ventata di disobbedienza che fa tanto “à la page”. In fondo i decreti, le leggi e la stessa Carta sono come il Domopak. Si adattano su ogni superficie, a seconda delle esigenze.
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