Omicidio Palmisano, 27 anni fa l’uccisione senza colpevoli del giornalista brindisino
SAN MICHELE SALENTINO – Ventisette anni fa, il 9 febbraio 1995, a Mogadiscio, il giornalista e cineoperatore della RAI, Marcello Palmisano, 55 anni, fu ucciso in un sanguinoso agguato, probabilmente per un errore di persona. Non è stato possibile accertarlo. Era originario di San Michele Salentino (Brindisi). Viveva a Roma. Era stato inviato in Somalia dal TG2, insieme con la giornalista Carmen Lasorella che fu ferita ma riuscì a salvarsi. Dovevano documentare le operazioni delle forze ONU che lasciavano la capitale. Un anno prima, a Mogadiscio erano rimasti uccisi in circostanze analoghe altri due inviati della RAI: la giornalista Ilaria Alpi e il video operatore Miran Hrovatin.
Dietro il tragico agguato ci sarebbe stato un colossale scontro tra le multinazionali delle banane operanti in Somalia. Stando ad alcune dichiarazioni rese da un delegato della “Somal Fruit”, alcuni mercenari somali al soldo della concorrente “Dole”, aprirono il fuoco sulla troupe del TG2, scambiando i giornalisti per collaboratori dell’azienda rivale. Furono aperte due inchieste: una a Roma, che si concluse due anni dopo con il non luogo a procedere; l’altra a Venezia, a nome di cinque produttori di banane di una società somala, contro un’azienda concorrente del gruppo americano “Dole”. Nessuno è stato incolpato della morte del giornalista.
“Quella doveva essere l’ultima trasferta di mio padre. Aveva deciso di lavorare unicamente in Italia, non avrebbe più accettato di andare in posti così pericolosi, perché amava il suo lavoro, però amava anche noi, la sua famiglia. Purtroppo, non l’abbiamo più riabbracciato”. A dirlo per la prima volta pubblicamente è la figlia Adelaide Palmisano, che era bambina quando suo padre perse la vita. In occasione di questo 27mo anniversario Adelaide ha ricordato il padre in una intervista pubblicata sul sito “Ossigeno – Cercavano la verità” www.giornalistiuccisi.it, dove la vicenda è ricostruita anche con altri documenti, fra cui alcune foto inedite, insieme alle storie di altri 29 operatori dell’informazione uccisi in Italia e all’estero mentre svolgevano il loro lavoro. LEGGI
Adelaide traccia il profilo umano di papà Marcello e ripercorre le tappe della sua vita professionale. In più di 20 anni di servizio, ha svolto per il TG2 numerosi reportage in tutto il mondo. Gli occhi della sua telecamera si sono posati sugli ultimi, sui diseredati, sui luoghi della fame e delle guerre; hanno catturato momenti importanti della fine del secolo scorso: la caduta del Muro di Berlino, l’invasione sovietica in Afghanistan, la guerra in Libano, lo sbarco dei primi profughi albanesi sulle coste pugliesi nel 1991. “Ancora oggi – ricorda sua figlia – moltissime immagini di repertorio trasmesse dalla RAI sono quelle realizzate da mio padre. A me e alla mia famiglia piacerebbe molto che queste immagini, portassero il nome di chi le ha realizzate: sarebbe un riconoscimento importante per un cineoperatore giornalista che amava il suo lavoro e la RAI, l’azienda per la quale ha lavorato con dedizione e precisione, fino al sacrificio della vita”.