La Fondazione Thun e la ceramico-terapia
C’è un aspetto dell’Arte che spesso sfugge a molti. Questa dimenticanza è dovuta al fatto che l’Arte è legata al verbo “fare”. Prima ancora di essere venduta, acquistata, contrattata, musealizzata, trasportata, rubata, vista, ascoltata, bandita, distrutta, condivisa, l’Arte è realizzata anzi, meglio, è fatta. Può apparire una sfumatura, forse anche una banalità, ma il “fare Arte” è alla base di tutta quella serie di verbi, espressioni che solo in parte abbiamo qui ricordato. Eppure, davanti a un quadro, una scultura difficilmente la nostra fantasia si spinge fino al punto in cui compare l’artista -davanti alla tela, alla tavola o davanti al blocco di marmo o argilla- e fa, agisce opera con la sua mente attraverso le mani e il corpo.
Questa apparentemente inutile premessa era necessaria per inquadrare la singolare e anche originale attività della Fondazione Lene Thun onlus. Andiamo per gradi come sfogliassimo le pagine di un libro in cui per immagini si racconta la storia di una donna Lene, architetto ma soprattutto appassionata di disegno così come del modellare argilla. Da quella passione, coltivata con il marito Otmar, ne è nato prima un piccolo laboratorio che poi, con il passare del tempo, si è trasformato in una delle aziende più note per la produzione di oggetti d’arte in ceramica. Non vogliamo però parlare dell’azienda Thun, quella che produce i famosi angeli, né del fatto che nei giorni scorsi nella Reggia di Casertasi sono riunite circa 5000 persone -una piccola parte, in vero, dei moltissimi soci accumunati dal nome e stile Thun- non vogliamo neanche parlare del fatto che per circa 10 minuti una proiezione, opera del videomaker copertinese Hermes Mangialardo, ha animato l’intera facciata posteriore di quella reggia.
Vi vogliamo raccontare, invece, del fatto che il figlio, Peter, di quella donna, Lene, appassionata del plasmare argilla, ha deciso di costruire attorno all’idea del “fare Arte”, ereditata dalla madre, un’attività ancora più singolare. Da quell’idea, da quel ricordo di un figlio è nata la fondazione che abbiamo qui già ricordato e poi qualcosa di più. Il lavoro artistico, spesso svolto di notte, di Lene è, infatti, stato condiviso e diffuso destinandolo ai laboratori di ceramico-terapia ospitati oggi in 38 sedi in tutta Italia, pensando, in particolare, “ai piccoli malati dei reparti oncoematologici dei più importanti ospedali, donando loro un percorso di terapia ricreativa attraverso la manipolazione dell’argilla”.
La singolarità, cui spesso si è accennato, di questa trasposizione nella fondazione dell’attività materna, consente di soffermarci su un altro aspetto del “fare Arte” che qui si è voluto lasciare appositamente per ultimo perché il più importante. L’attività artistica (ma non solo) è caratterizzata da un momento particolare che è quello di una forma d’isolamento dell’artista e più in generale di chi è concentrato su quell’attività. E’ quell’allontanarsi dalla realtà che può dilatare il tempo, può far sparire la differenza fra la notte e il giorno, generare quella sensazione di gioia talmente sottile da essere indescrivibile perché allontana dai problemi, dai ricordi tristi e dai dolori. Tutto il resto non è importante, neanche il fatto se quanto stiamo plasmando sia un’opera d’arte; quest’ultimo aspetto compete al Tempo e alla Storia. Proporre la ceramico-terapia a chiunque, e soprattutto ai bambini affetti da patologie particolarmente gravi, pensando anche alle famiglie degli stessi, è quanto di più semplice, grande si potesse decidere di fare. Il significato antico della parola “angelo” è “messaggero” e mai il messaggio di quegli angeli in argilla poté essere più ricco di umanità.
Fonti: Fondazione Thun