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Caparezza e le sue prigioni. Storia di un concerto

LECCE – Storia, religione, filosofia, arte: tutto questo in una sola serata. Non è un nuovo premio letterario, od una colta lezione universitaria, ma alcuni dei temi trattati nel concerto di Caparezza che ieri ha fatto tappa a Lecce, in piazza Libertini. Una marea di gente che si è ritrovata a saltare, cantare, pensare, come un unico organismo. Da Giovanna d’Arco a Jimi Hendrix, da Dante al 1968, da Giordano Bruno a Van Gogh. Il tour estivo di “Prisoner 709” si presenta come il seguito ideale di quello invernale svoltosi nei palazzetti, nel quale Caparezza si trovava imprigionato da alcuni uomini-corvo, suoi aguzzini. In questo nuovo spettacolo, i prigionieri sono riusciti ad evadere e ad intrappolare le diaboliche creature. Sul palco scenografie incredibili, figlie di un mondo immaginifico creato ad hoc per ogni brano: dalle immagini sugli schermi, ai led colorati, ai mostri in gommapiuma, dalle articolate strutture, ai congegni fantascientifici, alle scope che volano in alto nel cielo. Non solo musica, non solo aneddoti, ma tanto “Michele” in questo spettacolo. Mai, in tutta la serata, si è alzata una voce che scandisse “Caparezza” invece di “Michele”. Tanti i brani tratti dall’ultimo album estremamente personale, Prisoner 709, nel quale Michele racconta i suoi disagi, i problemi dovuti alla malattia dell’acufene, questo “aguzzino” che lo ha privato della libertà di ascoltare la musica così come ha sempre desiderato, ed era abituato a fare. Ed è proprio la libertà il tema centrale del concerto: “La libertà è un’utopia – afferma il cantante – anche quando fai qualcosa che ami, se la fai troppo a lungo può diventare una gabbia. Ho visto tanti medici, tanta scienza – continua – ma nessuno sapeva come aiutarmi. Allora mi sono ricordato di cosa diceva sempre mia nonna “ricordati una cosa, dove non arriva il dottore, arriva San Michele”. La statua di S. Michele si trova sotto una campana di vetro come le melanzane sott’olio, ma lui è un aitante ragazzone muscoloso che fa il wrestler con un povero diavolo, uno cazzuto. Così l’ho pregato, ma ovviamente non è riuscito a fare nulla, era sotto un una campana di vetro e non mi ascoltava. – conclude – Sono santi e li mettiamo nelle celle, sono eretici e li mettiamo nelle gabbie.”
E l’unico vero uomo libero, per Caparezza è stato il pittore Van Gogh: “Van Gogh era libero perché nella sua vita ha dipinto 900 quadri ma ne ha venduto solo uno. Ha continuato a dipingere, nulla poteva fermarlo anche quando lo hanno rinchiuso perché malato. E quando non ha più potuto dipingere l’esterno, ha deciso di fare “cover” dei quadri di altri, come la “Ronda dei carcerati” ispirato da una incisione di Gustav Dore.
Rivolto al pubblico chiede – “Perché sostituisce i secondini con i borghesi? Perché sono indifferenti a tutto, sia agli stimoli buoni che negativi – conclude -Van Gogh nel quadro è l’unico senza cappello, con un piede fuori dalla fila, è l’unico uomo libero perché capisce, e decide di spezzare il cerchio“.
Bravissimi anche i coristi ed i ballerini del corpo di ballo che con incredibili costumi e coreografie, hanno fatto ballare la piazza. Esibizioni collaudate, ben organizzate ma che soprattutto trasmettono tanto divertimento e voglia di lavorare insieme.
Il linguaggio di Caparezza è a più livelli: il giovane vi si riconosce, si immedesima nelle storie raccontate in maniera brillante ed unica. L’adulto capisce i giochi di parole, i riferimenti alla cultura pop, le nozioni di una vastissima cultura inserite in insospettabili contesti. Dalla Divina Commedia al Medioevo, dai videogames alle rivoluzioni sociali del ’68, dalla religione all’immigrazione.
Caparezza ha riproposto alcuni dei suoi brani storici, da “La mia parte intollerante” a “Vieni a ballare in Puglia”, “Goodbye Malinconia”, “Dalla parte del toro”, “Abiura di me”, per poi concludere con “la canzone che mi ha dato la libertà di fare ciò che amo: Fuori dal tunnel“.

L’evento è stato perfettamente organizzato da Molly Arts Live.