Pensionati ridotti alla fame: appena 600 euro al mese
LECCE – Poco più di seicento euro al mese. Per la precisione, è di 604,76 euro l’importo medio delle pensioni percepite in provincia di Lecce (contro una media nazionale di 866,72 euro). A rilevarlo uno studio condotto dall’Osservatorio economico di Davide Stasi che ha analizzato le prestazioni previdenziali ed assistenziali nel Salento. Dall’Inps vengono erogate 268.861 pensioni a favore di lavoratori autonomi e dipendenti nel settore privato (esclusi quelli del settore pubblico). In particolare, in provincia di Lecce, le pensioni di natura previdenziale (vecchiaia, invalidità e superstiti) sono 179.162, mentre quelle assistenziali (invalidi civili, comprensive delle indennità di accompagnamento e gli assegni sociali) sono 89.699.
Più in dettaglio, le pensioni di vecchiaia sono 95.991, per un importo medio di 830,04 euro: gli ex lavoratori dipendenti, iscritti all’omonimo fondo dell’Inps, sono 66.260 e percepiscono un accredito medio mensile di 802 euro. Gli ex artigiani sono 11.727, con una pensione media di 782 euro; gli ex commercianti sono 9.876 (media di 796 euro); gli ex coltivatori diretti, coloni e mezzadri sono 3.028 (media di 612 euro); gli ex dipendenti delle Poste sono 1.375, con una pensione media di 1.589 euro.
I parasubordinati che hanno versato i propri contributi nella Gestione separata sono 1.097 e percepiscono, sempre di media, appena 128 euro. Gli ex dipendenti delle Ferrovie dello Stato sono 716, con una pensione media di 1.856 euro; gli ex lavoratori nel settore dei trasporti incassano di media 2.061 euro al mese; gli ex elettrici media 2.402 euro; gli ex telefonici 2.098 euro.
Chi ha professato una religione e ha versato nel fondo istituto per il clero può contare su una pensione media mensile di 652 euro; gli ex dirigenti di aziende industriali hanno un accredito medio mensile di 3.962 euro; gli ex dazieri di 1.922 euro; gli ex lavoratori delle miniere, cave e torbiere di 633 euro; gli ex dipendenti del servizio di riscossione tributi (esattori) di 2.182 euro.
Con gli ex dirigenti delle compagnie di volo si sale a ben 5.058 euro, mentre gli ex dipendenti di aziende private del gas si fermano a 2.205 euro. Gli ex spedizionieri doganali percepiscono di media 843 euro.
In 85 sono ricorsi alla totalizzazione per un assegno medio mensile di 1.295 euro e in 30 hanno maturato il diritto alla pensione in regime di cumulo, per un accredito medio di 1.251 euro.
I superstiti che ricevono la reversibilità sono 47.783, per una media di 491,25 euro.
«Per gli invalidi civili – spiega Stasi – sono previste due tipologie di prestazioni: l’indennità, legata al tipo di invalidità civile ed indipendente dal reddito (percepita da 35.388 salentini, per un importo medio di 608,67 euro) e la pensione, legata, invece, a requisiti reddituali. Quest’ultima è percepita da 67.510 invalidi e l’importo medio è di 428,98 euro, comprese le indennità di accompagnamento. Nel totale, sono comprese le duplicazioni dovute a coloro che percepiscono, contemporaneamente, più di una prestazione (ad esempio, la pensione di invalidità civile, assieme all’indennità di accompagno)».
Gli inabili al lavoro sono 1.204, per una media di 779,78 euro. Va sottolineato che l’invalidità civile è riconosciuta per una patologia o menomazione, indipendentemente dallo svolgimento di un’attività lavorativa. L’inabilità, invece, presuppone lo svolgimento di un’attività lavorativa ed un minimo di anni di contribuzione, oltre alla riduzione della capacità lavorativa per una patologia o menomazione. Chi percepisce l’assegno di inabilità può comunque continuare a lavorare, ma l’importo è correlato al reddito dell’attività lavorativa: più quest’ultimo è elevato, maggiore sarà la riduzione dell’importo dell’assegno. Poi ci sono 22.189 salentini che incassano l’assegno sociale, la cui media è di 403,15 euro.
«Quel che emerge dallo studio – evidenzia Stasi – è la difficoltà di molti pensionati ad arrivare alla fine del mese: chi si vede costretto a rinviare i pagamenti, chi ad intaccare i propri risparmi e chi a chiedere prestiti finanziari o aiuti di varia natura. Sempre di più sono quelli obbligati a fare rinunce perché il potere di acquisto nell’arco dell’ultimo decennio ha subìto una progressiva contrazione. Riguardo all’importo delle prestazioni, va ricordato che con la «Riforma del sistema pensionistico» del 1995 (legge 335 dell’8 agosto 1995), si introdusse il metodo contributivo che è un sistema di calcolo della pensione determinato esclusivamente in funzione dei contributi versati nell’arco della vita lavorativa. A differenza del metodo retributivo che, invece, eroga la prestazione sulla base delle ultime retribuzioni percepite, nel contributivo il lavoratore accumula una percentuale della retribuzione. I contributi vengono rivalutati, annualmente, sulla base dell’evoluzione del Prodotto interno lordo (precisamente in base alla media quinquennale del Pil). Alla fine, il montante maturato, corrispondente ai contributi versati rivalutati, è convertito in pensione mediante l’utilizzo dei coefficienti di trasformazione, che variano a seconda dell’età del pensionando».