Lecce, manca la grinta. Questo fa male più delle sconfitte
“Bisogna saper perdere” recitava un brano dei “The Rokes” del 1977. È questo il jingle che può sintetizzare il pensiero del popolo giallorosso dopo le due sconfitte esterne contro Bologna e Torino. I tifosi salentini sono sempre stati di palato sopraffino, facili ad esaltarsi e, con la stessa facilità, a buttarsi giù, ma su di una cosa sono sempre stati coerenti: hanno sempre saputo soffrire apprezzando l’impegno dei calciatori. Soprattutto in una Serie A dove il Lecce ha poche risorse e tante buone idee a livello dirigenziale. Per capire il modo di vivere il proprio club da parte dei sostenitori giallorossi, è sufficiente pensare agli applausi che hanno inondato Di Michele e compagni dopo la retrocessione in B del 2012. Una spiegazione razionale c’è se, quindi, adesso il pensiero di buona parte della tifoseria è quello di criticare l’atteggiamento dei giallorossi, anche se la situazione in classifica è tutt’altro che disperata.
Il Lecce di queste ultime settimane sembra involuto non solo come gioco, che tende dall’inizio della nuova gestione tecnica a basarsi sulle individualità degli esterni, ma soprattutto per l’atteggiamento della squadra. I ragazzi di D’Aversa sono sembrati poco combattivi in campo, come se per loro fosse stato sufficiente svolgere unicamente il “compitino”, consapevoli che sulla carta le avversarie affrontate fuori casa erano più forti. Dopo la prima partita di campionato, vinta contro la Lazio in rimonta, si era parlato di un atteggiamento grintoso e di un allenatore che sembrava aver dato una sferzata di energia “alla Mazzone” contro qualsiasi avversaria rispetto all’atteggiamento pacato in panchina di chi lo aveva preceduto.
D’Aversa era partito in questa avventura salentina con una voglia di vincere eccezionale, basti pensare alle parole di delusione pronunciate nel post gara dell’amichevole persa ai rigori contro il Cadice. Poi, dopo la partenza sprint, pian piano la squadra sembra essersi seduta sugli allori. Dalla fine di settembre sono arrivati pareggi e sconfitte (che potevano essere vittorie in alcuni casi per il fatto di essere passati per primi in vantaggio), qualche importante pareggio frutto di recuperi da gol di svantaggio (il più eclatante contro il Milan) e poi solo due miseri successi. Quello contro il Frosinone poco prima di Natale, grazie ai “doni” dell’estremo ciociaro reo di due eclatanti papere, e quello contro la Fiorentina a inizio febbraio, dove probabilmente si è visto il miglior Lecce degli ultimi quattro mesi, ma che è stato un match vinto per la scelta di schierare finalmente due punte centrali, quando il risultato sembrava ormai compromesso.
Se si analizza il periodo autunnale e invernale, questo Lecce sembra un malato che ha dei piccoli sussulti, ma che nel complesso sta scendendo di prestazioni in modo preoccupante ed è dipendente dalle prestazioni di Banda e Almqvist. Serviva una scossa dal mercato, che però ha visto la partenza di un uomo simbolo per la piazza e l’arrivo di un calciatore che per il momento sta scaldando solo la panchina, pur essendo arrivato ormai da un mese. Ad onore del vero Strefezza, il partente, non incideva più in termini offensivi da febbraio dello scorso anno, ma in questa stagione si è fatto ben poco per renderlo parte del progetto tecnico. Si sa che D’Aversa ama le ali veloci, ma quando poi si preferisce a Torino Oudin sull’esterno invece di Pierotti (o di Sansone), viene qualche dubbio che la squadra si sia realmente rinforzata in questo mercato invernale.
Ora serve una vera scossa da parte del tecnico che sembra troppo legato ad idee che si sono rivelate fin qui non buone, come la marcatura a zona in occasione dei calci piazzati. Il Lecce prende sempre gol dal 22 settembre e in molte occasioni il miglior in campo è Falcone. Certo, si è perso Umtiti e soprattutto Hjulmand in fase difensiva, ma se i calciatori presi al loro posto non si sono rivelati all’altezza nella prima parte di stagione, perché non provare a rinforzare la rosa, magari facendo leva su qualche prestito? Va bene l’idea di avere tanti giocatori di proprietà, ma si è visto con Piccoli che in A qualche giocatore in prestito ti può permettere di far salire il livello del gruppo. Inoltre il Lecce manca di un centrocampo di qualità e dinamicità dove il solo Oudin ha ottimi piedi e Rafia non ha i ritmi per il massimo torneo italiano. Kaba, in prospettiva il migliore acquisto, invece sta fallendo troppe occasioni offensive e questo ha inciso tanto in termini di punti. Per questo motivo sembra davvero deleterio non avere alternative ad un 4-3-3 dove si perdono tante energie, con la punta centrale che si deve dannare l’anima per destreggiarsi contro almeno due avversari diretti e senza alcun supporto centrale. La riflessione di tutti sulla bontà di questo modulo con la rosa a disposizione è d’obbligo, come quella sull’atteggiamento di un gruppo che manca di qualche leader da spogliatoio che possa dare maggiore grinta in campo. La società non ce ne voglia.