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Femminicidio: siamo parte del problema e della soluzione

Il conto del massacro sale. A seconda delle fonti siamo a 104, 105, 106, vittime di femminicidio in Italia da Gennaio 2023. Ma tranquilli, manca ancora un mese.

Un conto che sale come l’ago della bilancia della nostra coscienza, come il termometro durante la febbre. Una febbre fatta di odio e possessività. Giulia non è stata l’ultima; in questo preciso momento una donna sta venendo molestata, aggredita, insultata o uccisa.

Sta accadendo ora.

Il primo pensiero dopo aver letto della sparizione di una ragazza e del suo ex, non è stato “magari sono scappati insieme”, ma “bisogna capire se è un omicidio-suicidio o solo un omicidio”. Perché lo sapevamo tutte che era un omicidio, dal primo minuto lo abbiamo saputo. Così come lo sapevamo per Haman, per Noemi, per Rita. Perché l’equazione è semplice: una ragazza + ex ossessivo + posto isolato = femminicidio.

Ed è colpa nostra, perché siamo tutti parte del problema. Le parole della sorella di Giulia sono vere e sacrosante, nonostante qualche uomo, con la mente fuori dalla realtà, l’additi come terribile “satanista” sui social perché veste di nero, dimostrando così che non solo non è ferrato nel settore della moda, ma neanche nel satanismo. Dopotutto fa sempre comodo dare la colpa ai mostri e ai demoni, come se il male non fosse insito nell’uomo. Per non parlare di quel politico (ancora un uomo) che “sospetta” di lei perché ha osato esprimere un pensiero forte e coerente nell’ora più buia della sua giovane vita e non ha ceduto all’orrore, allo strazio.

Ogni volta che accusate la famiglia di Giulia, la state uccidendo di nuovo.

Come si va avanti quando ti accade l’imponderabile? Non lo so, ma so che ogni persona che chiama l’assassino di Giulia “mostro”, la uccide di nuovo. La uccidiamo ogni volta che giustifichiamo la violenza di un fidanzato, la possessività di un padre-padrone, la violenza finanziaria di un marito, quella verbale di un fratello. In questi giorni sui social gira una citazione coniata negli anni ’60 in America: “O sei parte della soluzione, oppure sarai parte del problema.” Ed in questo caso è vero. Limitarsi a dire “io non lo farei mai” a chi o a cosa serve? Non commentiamo il male una volta che è accaduto, ma cerchiamo di prevenirlo. E per farlo ci servono gli uomini, quegli uomini che non si sentono attaccati dalle nostre paure, ma che le abbracciano e le condividono, che hanno la possibilità di richiamare gli amici quando si accorgono che parlano o trattano male una donna, che non si girano dall’altro lato quando vedono una violenza, che ripudiano la cultura dello stupro comprendendo che non fare nulla per evitare un sopruso È il problema.

Viviamo in uno Stato (guidato proprio da una donna, il che è ironico) che ha sottratto il 70% dei fondi alla lotta contro la violenza di genere rispetto al 2022 (fonte ActionAid), rimandando la soluzione di uno dei drammi peggiori della nostra società ad un opuscolo. Nonostante le lacune del Codice Rosso e della sua applicazione, nonostante l’inesistente insegnamento alle relazioni e alla sessualità nelle scuole, nonostante un linguaggio giornalistico che stenta ad adeguarsi agli stessi principi etici promossi dall’Ordine e che nel 2023 rimane impantanato nel falso mito del “raptus” e della gelosia come malattia, nonostante tutti i padri e le madri che ancora giudicano la possessività come “normale”, le voci di tutti coloro che sono stanchi di questa situazione, si alzano forti.

“Non fate un minuto di silenzio per Giulia, ma urlate” dice Elena Cecchettin.

Diventiamo parte della soluzione, uomini e donne insieme, perché non se ne può più di leggere, di vedere, di sentire queste perdite. Siamo un Paese che sanguina, e come dice Vignette Incazzate : “Cosa ci facciamo con quel rosso?” “Ci dipingiamo una panchina”.

Ma per sedersi sulle panchine, bisogna essere vivi.