Ieri nell’antidiluviano Menti di Vicenza è sembrato di ritornare indietro nel tempo alla fine degli anni ‘80, ma non per rievocare le gesta di Barbas e Pasculli. Purtroppo per far rivivere, almeno apparentemente, un periodo nero quando, più di trenta anni fa ci furono due episodi particolari in gare di Serie A condizionate da gesti di tifosi e che restano impressi in chi, come il sottoscritto, ha più di quarant’anni.
Il primo risale al 1987 e vide come protagonista il portiere Tancredi della Roma. Mancavano pochi secondi all’inizio del secondo tempo di Milan-Roma e il portiere era sotto la curva dei tifosi milanisti dalla quale partirono due petardi che scoppiarono ai piedi dell’estremo difensore. Si trattò di un gesto intenzionale per impaurire probabilmente il portiere che fu costretto ad uscire in barella, dando l’avvio alla brillante carriera di Peruzzi, che esordì quel giorno al suo posto in una gara che segnò la vittoria della Roma per quel gesto scellerato.
Il secondo episodio è del 1990 quando il brasiliano del Napoli Alemao venne colpito da una monetina in un’Atalanta Napoli, match fondamentale per la lotta scudetto. Anche Alemao fu costretto a uscire dal terreno di gioco e la sfida vide come vincitore “a tavolino” quel Napoli che poi vinse il suo secondo campionato con Baroni in squadra. In quella circostanza ci fu un lancio di oggetti indirizzati contro i giocatori partenopei e non si poté mai stabilire se il brasiliano avesse mai accentuato la gravità del danno.
Questi due episodi sono simili, ma mai uguali a quello di ieri, occorso in Vicenza-Lecce. Perché dico questo? Non certamente per giustificare un gesto che va condannato a prescindere, poiché l’utilizzo di petardi in uno stadio è qualcosa che non potrà mai essere giustificato. Ciò che bisogna far notare sono le circostanze e la dinamica dell’episodio. E questo fa storcere non poco il naso. Prima di tutto il motivo del lancio dell’ordigno rudimentale che non è intenzionale per provocare un danno al calciatore, come nei casi precedenti, ma per festeggiare un gol. Il petardo infatti cade alle spalle della porta ed è più vicino ai tifosi, ad un gruppo di giocatori del Lecce e di steward a bordo campo che a stenti avvertono l’accaduto. Nulla toglie che Contini sia stato frastornato dal rumore, ma far capire che sia stato colpito da un petardo, come anche ascoltato ieri in tv durante il match, è fuorviante rispetto a quanto realmente accaduto, in quanto tale stordimento sarebbe potuto accadere anche in altre circostanze che esulano dal calcio. Per esempio durante i festeggiamenti di Capodanno ai quali Contini, essendo di Napoli, dovrebbe essere avvezzo.
Se oltre alla dinamica, poi, pensiamo al momento e al punteggio che in quel momento era maturato, è comprensibile lo sfogo di Corvino. Ieri il direttore ha espressamente detto che il portiere ha accentuato il problema, alterando la partita stessa. Purtroppo non sapremo mai se Contini ha esagerato, quello che però è evidente è come il Lecce sia caduto nella trappola del Menti. E quando in ballo ci sono punti importanti ci si aggrappa a tutto pur di restare a galla.
Adesso è probabile che il Lecce incorra in una sanzione pecuniaria non di poco conto e probabilmente nella squalifica della curva, dove sovente in casa avvengono scoppi di petardi. La fortuna degli ultras al Via del Mare è la presenza della pista d’atletica e si spera che questo episodio riesca a disciplinarli da questo punto di vista, essendo questo il grande neo di una curva che va sempre apprezzata per la spinta che ogni stagione riesce ad infondere a tutto l’ambiente giallorosso.
Cosa potrà salvare il Lecce dalla chiusura, si spera, solo di una parte dello stadio? La bravura di un presidente-avvocato che già ieri ha mostrato tutto il suo essere diplomatico, pur non risparmiando frecciatine sull’accaduto, e che siamo convinti già oggi starà mettendo in piedi un’arringa difensiva per ridurre al minimo il peso di questo gesto.
Ieri lui, come tutti i tifosi giallorossi del resto, ha vissuto probabilmente la partita più strana da quando il calcio è giunto nel Salento. Si è passati in pochi secondi dalla gioia di una Serie A ormai ad un passo, allo sgomento per un episodio deprecabile, alla delusione per una promozione che si spera solo rimandata di pochi giorni. E alla fine forse è meglio che la A possa giungere dalla partita in casa con il Pordenone. Immaginatevi se si fosse vinto a Vicenza e, dopo l’esplosione di gioia di un intero territorio, un giudice avesse rimesso in bilico la promozione stessa. Meglio così.