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“L’attesa” di Giuseppe Mazzotta

Se la incontrate ditele che quando me la vidi davanti fu la visione onirica ad alzare le braccia in segno di resa all’alba incombente.

E se dovesse venirvi l’idea di scommettere sulle ore che trascorsi a segnare le date passate,

puntate sul futuro che mi buttai dietro le spalle

perché vittoria e sconfitta sono il medesimo aspetto della moneta lanciata per aria affinché l’auspicio del giorno si avveri.

Pensa se mi trovassi a bordo di un’astronave, talmente distante da annullare il destino.

E poi immaginati in un posto qualsiasi mentre ti vengo alla mente senza un motivo come un lampo in un giorno d’estate.

Credi forse che tutto questo sia frutto di un incrocio di dati, di un pentimento tardivo o di un ricordo implicitamente implorato?

Se è così sei in errore.

Nessuno ti viene a cercare su indicazione del caso.

Nessuno riesce a crearti senza una fantasia dotata di autenticità.

Nessuno ti può darti vita se non intende sognare.

Tu ed io ci incontramo per attrazione, e per scelta ardita decidemmo di sbrogliare la matessa del tempo allo scopo di ritrovarci definitivamente abbracciati

nell’oscuro bagliore pronunciando sull’altra sponda del fiume quel giuramento chiamato per sempre, come accade davvero nella versione definitiva del sogno avverato.

Una volta per tutte.

Perché in fondo noi siamo tutto.