1

Il Lecce è stanco, ma non è affatto morto

Si leggono sul web tanti commenti disfattisti dei tifosi dopo il quarto pareggio di fila del Lecce, come se il cammino dei giallorossi verso la Serie A fosse ormai compromesso e non ci fossero margini di recupero. Probabilmente lo scotto della mancata promozione con Corini in panchina si fa sentire ancora, ma in questo momento bisogna essere lucidi e giudicare l’andamento dei giallorossi in base ai fattori che ne stanno condizionando il cammino.

Partiamo dalla serie di pareggi di fila che è il primo dato che risalta. Sicuramente in un torneo dove la vittoria vale tre punti, i pareggi sono quasi delle sconfitte, anche se molte volte è importante muovere la classifica. Il Lecce sta intanto dimostrando che è una squadra dura a cedere tutti i tre punti in palio anche se poi i pareggi hanno sempre valore diverso (basti pensare a quello di Cosenza di martedì scorso che è equivalso ad un netto passo falso).

Inoltre non sempre pareggiare tanto equivale a non essere promossi. Ricordiamoci del torneo 2002-03 con Delio Rossi risolto all’ultima giornata contro il Palermo. Quel Lecce non era esaltante, anche se aveva in una rosa molto giovane fior di attaccanti, e pareggiò ben 18 volte. E’ vero che ancora non esistevano i play-off e giunse terzo alle spalle di Siena e Samp, ma fece capire a tutti che batterlo era davvero difficile, come sta dimostrando la banda di Baroni. Il punto di ieri è da considerarsi come un ottimo segnale per il finale di stagione in quanto il Lecce è apparso davvero stanco e in altri anni, con tale fatica in corpo, probabilmente gare del genere i giallorossi le avrebbero perse. Al cospetto c’era un Parma in salute e con elementi che in questa categoria fanno la differenza, eppure la squadra ha retto anche se è mancato dei suoi ingredienti essenziali per far calcio: la corsa e il pressing per recuperare palla in fase offensiva.

Con la rivoluzione estiva è indubbio che questa rosa ha perso molta qualità a centrocampo sostituendola con corsa e inserimenti, ma, se manca la spinta dei terzini (a me piace ancora chiamarli così) e il movimento senza palla degli interni di centrocampo, è difficile poter vedere un bel calcio. Così tutto si sposta nelle mani (o meglio nei piedi) di Coda e Strefezza che a volte (ma forse è meglio dire spesso) fanno la differenza, a volte no e nel mondo del calcio ci sta che ciò accada.

Il Lecce sta pagando caro un tour de force di match da gennaio ad oggi perché questa squadra non può essere razionale e provare a gestire le partite, ma deve basarsi solo sull’energia dei suoi elementi in rosa. E questo è innegabile che oggi sia ridotta al minimo. Bisogna quindi sapersi accontentare del punto e sperare che in quindici giorni le pile possano essere ricaricate a dovere.

Vorrei far presente che questa squadra ad inizio anno era stata indicata da tutti come una compagine da alte posizioni, ma non certo la squadra da battere. Personalmente credevo che la rosa fosse molto buona, ma che il modulo scelto dai piani alti potesse penalizzare alcuni elementi della rosa. Ma quando sei il secondo attacco del torneo, hai i due migliori realizzatori e valorizzi un talento come Strefezza, che sarà il tesoro della società nel prossimo mercato, non puoi proprio lamentarti del modulo. In un cammino lungo come quello della B, momenti di appannamento sono comprensibili in quanto non si può essere perfetti, soprattutto se manchi di pedine fondamentali per diversi turni. E’ capitato con Coda prima della sosta natalizia, Gabriel ora e in difesa a turno si son fatti male Tuia e Dermaku.

Se una pecca ci può essere, e non di poco conto, viene dal mercato di riparazione. Detto che Plizzari è un portiere che ha bisogno del campo per poter crescere e la sua evoluzione in queste tre gare da titolare si è vista, degli altri elementi solo uno ad oggi sembra essere stato azzeccato e, purtroppo, è anche infortunato. Faragò, infatti, ha mostrato di avere quella gamba che serve tanto a Baroni per avere equilibrio a centrocampo. La sua assenza, unita alle prestazioni opache nelle ultime giornate di Gargiulo e Majer, ha creato quel punto debole in mediana che, a mio parere, è ciò che più preoccupa oggi. A parte l’immenso Hjulmand, Bjorkengren non riesce a fare quel salto di qualità per poter essere titolare inamovibile ed Helgason paga lo scotto della prima stagione “vera” della sua vita calcistica.

Se quindi a centrocampo serve come il pane il ritorno di Faragò, negli altri settori gli acquisti ad oggi hanno proprio deluso. Simic poteva essere valido per una difesa a tre (come giocava ad Empoli), ma nella linea a quattro giallorossa fa fatica e gli errori di Cosenza sono sotto gli occhi di tutti. In avanti Ragusa sembra un’auto che va solo in seconda marcia, ha indubbie qualità nei suoi piedi, ma è troppo lento per il gioco di Baroni e magari al suo posto sarebbe potuto arrivare un giovane dall’estero, viste le qualità di Corvino nello scovare elementi di talento da campionati apparentemente minori. Asencio poi è impossibile giudicarlo davvero visto che con questo 4-3-3 c’è spazio quasi sempre per Coda, ma non sembra un elemento che possa realmente fare la differenza a gara in corso.

Detto quindi che il mercato invernale si poteva gestire meglio, adesso è importante non fare (come al solito) i classici tifosi leccesi che alla prima difficoltà sono disfattisti per poi passare all’entusiasmo più puro alla prima vittoria. Questa squadra è figlia di una rivoluzione che ha portato ad un ridimensionamento del monte ingaggi e dell’età media, eppure è lì in alto con tutte le carte in regola per dare lo sprint decisivo ad aprile, più di quella dello scorso anno che viveva di alti bassi continui. Tutto dipenderà dalla qualità dello staff di Baroni nel ritrovare le energie perdute perché sarebbe un grande autogol del tecnico aver basato il gioco della squadra sulla corsa e non aver dosato le forze per tutto l’arco della stagione.

Intanto godiamoci questo torneo senza isterismi e consapevoli che questo club ha un futuro solido per come sta lavorando la società. Strefezza, Hjulmand, Gendrey e Calabresi sono le chiavi più sicure per tenere a lungo il Lecce nel calcio che conta.