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Nardò, piste ciclabili sotto accusa: “Difformi rispetto alla normativa”

NARDO’ – Una bocciatura senza mezzi termini. Rino Dell’Anna del coordinamento cittadino di Italia Viva, critica le scelte effettuate dall’Amministrazione in merito alla realizzazione delle piste ciclabili cittadine. E per avvalorare la sua tesi snocciola norme e decreti. Come il numero 557 del 1999 del Ministero dei Lavori Pubblici. Il progetto per la messa in opera dei lavori è stato finanziato interamente con le risorse comunitarie dell’Azione 4.4 del Programma operativo regionale Puglia, Fondo europeo di sviluppo regionale regionale – Fondo Sociale Europeo ma, si legge nella nota, “le procedure di realizzazione del tratto ciclabile nel centro urbano e quello che percorre la strada provinciale Santa Caterina-Santa Maria al Bagno, non rispettano le disposizioni ministeriali che regolamentano la materia”.
Nel decreto in questione sono indicate le finalità e i criteri da tenere in considerazione per raggiungere gli obiettivi fondamentali di sicurezza e sostenibilità ambientale alla mobilità. In primis è necessario promuovere la mobilità ciclista e pedonale in alternativa all’uso dei veicoli a motore, nelle are urbane quanto nei collegamenti con il territorio, in particolare per gli spostamenti di studenti, lavoratori e turisti. Importante anche puntare su attrattività, continuità e riconoscibilità dell’itinerario ciclabile, privilegiando i percorsi più brevi, diretti e sicuri secondo i risultati di indagine sull’origine e destinazione dell’utenza ciclistica. Importante per ridurre il rischio di incidentalità e livelli di inquinamento acustico e atmosferico, valutare la redditività dell’investimento, tenendo conto dell’utenza reale e potenziale. Infine verificare quanto siano fattibili le piste ciclabili e valutarne il reale utilizzo da parte dell’utenza in base alle fasce d’età ed esigenze e alle condizioni plano-altimetriche dei percorsi.
Secondo Dell’Anna il Comune di Nardò per attenersi a quanto indicato nel decreto avrebbe dovuto dotarsi di strumenti di pianificazione e progettazione inserendo in primo luogo “in maniera organica nel Piano Urbano del traffico, il piano stesso della rete ciclabile, secondo le indicazioni delle direttive ministeriali del 24 giugno 1995”. Doveva presentare in aggiunta un programma di interventi da realizzare, comprensivo dei dati sui flussi ciclistici, lunghezze dei trattati, stima delle spese e relativa scala di priorità, tempi di realizzazione e un quadro preliminare degli interventi adeguato all’estensione della rete ciclabile e alla complessità del modello di organizzazione della circolazione generale. Quest’ultimo tenendo conto anche della riqualificazione dello spazio stradale circostante, quindi prevedere anche adeguate soluzioni per favorire sicurezza nei punti di maggior conflitto tra pedoni e auto.
“Sono stati realizzati dei percorsi ciclabili – ha spiegato dell’Anna – che rispondono poco alle esigenze dei cittadini di Nardò e molto agli interessi politici dell’amministrazione comunale”. L’obiettivo doveva essere creare un nuovo percorso ciclabile in grado di valorizzare un itinerario turistico particolare, precisamente quello che collega il centro urbano di Nardò al Parco di Porto Selvaggio “puntando ad esaltare la bellezza dei numerosi insediamenti rurali agroturistici ed il fascino delle ville storiche disseminati lungo le strade che attraversando le Cenate conducono verso il mare”.