“Ci sono orme che il vento non può cancellare, ombre talmente potenti che continueranno a essere proiettate sulle pareti del cuore. Due anni fa Cavallino si tinse di nero. Raffaele Baldassarre, meglio noto come il politico galantuomo, abbandonò il palcoscenico della vita e della politica, salutando la platea con il suo ultimo inchino. Una tragedia per molti, una perdita amara per tutti. Le commemorazioni spettano ai rappresentanti delle istituzioni, il dolore è un fardello intimo dei familiari, ma il ricordo è di tutti. Tocca a noi, alla gente comune, a chi ha avuto l’onore di stringergli la mano da collega, da amico o da avversario; a chi ha avuto l’occasione di condividere con lui chiacchierate, opinioni, prospettive e battute, un caffè al bar o una sigaretta al seggio elettorale, tenere acceso il fuoco della memoria e non limitarsi ad adorarne le ceneri.
Perché dovremmo ricordare Raffaele Baldassarre? No, non è solo per il suo sfavillante cursus honorum. Ci pensa Wikipedia ad evocare le tappe della sua carriera politica: responsabile del movimento giovanile della Democrazia Cristiana nel 1982, consigliere comunale dal 1988 fino al 2002, eletto consigliere regionale nel 2001 e riconfermato nel 2005, inquilino del Parlamento europeo nell’indimenticabile 2009. Un cattolico sociale approdato a Bruxelles, tra le tele surrealiste di Rene Magritte e l’architettura Nouveau.
‘La parola a Mr Baldassarre. La parola all’Onorevole Baldassarre. La parola al Señor Baldassarre. La parola a Monsieur Baldassarre. La parola a Herr Kollege Baldassarre’.
E’ tutto un susseguirsi di accenti stranieri e applausi, mentre rivendicavi il collasso dell’austerity e dei vincoli di bilancio, la riduzione delle attività speculative e il blocco dei trasferimenti di capitale verso altre giurisdzioni. Non hai mai sopportato la morsa della tecnocrazia, il tuo chiodo fisso era la questione sociale. La carne calda del popolo che ha legittimato le tue capacità attraverso il consenso sovrano. Raffaele, era la politica. La politica del fioretto e del coraggio.
Quando frequentavo la scuola media di Cavallino, capitava spesso che qualche genitore di un mio compagno di classe accettava di candidarsi al consiglio comunale. Nei piccoli centri urbani va così: la politica irrompe nella tua adolescenza e tu puoi scegliere di lasciarti pervadere o di sbatterle la porta in faccia. Io scelsi la prima opzione. E Raffaele fu uno dei primi ad accogliermi nel mondo grande e terribile, con le sue raccomandazioni a moderare il temperamento, a diminuire le sigarette in eccesso, a trattenere le reazioni accese ed istintive. Già, la sostanza ha bisogno della forma, chi lo nega è un gruppettaro, un populista senza popolo da proteggere. Dopo qualche anno ci ritrovammo ai lati opposti delle barricate, ma con la medesima volontà di far politica per gli stessi fini, con altri mezzi.
Insomma, ricordare Raffaele Baldassarre significa ricordare che nella vita abbiamo sempre l’opportunità di scegliere ciò che vogliamo essere. Lui scelse l’umiltà, il dialogo, l’eleganza del cuore e la piazza, il pubblico, il demos con tutte le sue stramaledette imperfezioni e le isterie umorali. Chi lo ha amato veramente non si accontenterà di una via o di una targa in suo onore, di estrarre il suo nome solo durante il voto europeo o in concomitanza di altri appuntamenti elettorali. Alle generazioni che verranno sapremo raccontare chi era il politico galantuomo. Perché Raffaele non è morto, è solo scomparso.
Ovunque egli si trovi, mi piace immaginarlo autore di un monologo di Dustin Hoffman: ‘Quando Re Lear muore nel quinto atto sapete Shakespeare che ha scritto? Ha scritto: muore. Tutto qui. Niente fanfare, niente metafore, nessuna brillante battuta finale. Mi ricapita di rileggere quella parola e mi ritrovo totalmente sopraffatto dallo smarrimento. So che è naturale sentirsi tristi, ma non per quella parola. Ma per tutta la vita che c’è stata prima di quella parola. Ho vissuto tutti i miei cinque atti. E non vi chiedo di essere felici perché me ne vado. Vi chiedo solo di girare la pagina, di continuare a leggere e lasciare che un’altra storia cominci. Se qualcuno vi chiederà cosa n’è stato di me, voi narrerete la mia vita in tutta la sua meravgilia. E andrete avanti con semplicità e leggerezza’.
A Francesca, Gaetano e Nicolò va tutto il mio amore”.