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Imprenditoria, le aziende pugliesi resistono al Covid-19

LECCE- Nonostante la pandemia, l’imprenditoria pugliese resiste. Secondo uno studio condotto dall’Osservatorio Economico di AFORISMA school of management, le aziende che aprono continuano a superare quelle che chiudono. Dall’analisi dei dati riportati nel Registro delle Imprese emerge che anche a giugno si sono registrate più iscrizioni che cancellazioni. In Puglia il saldo della nati-mortalità delle attività economiche si conferma dunque positivo.

Lo studio prende in esame tutte le imprese attive, cioè quelle iscritte in Camera di Commercio, che esercitano l’attività e non risultano avere procedure concorsuali in atto. Si tratta, quindi, di un sottoinsieme dello stock totale delle imprese registrate nelle Camere di Commercio della Puglia.

“Si profilano – spiega Davide Stasi, responsabile dell’Osservatorio Economico – due scenari: uno di lungo periodo, se il virus dovesse tornare con maggiore forza in autunno, imponendo un nuovo lockdown, con effetti prolungati e ancora più gravi; e uno scenario di breve periodo, alternativo e più probabile, con conseguenze sui ricavi e sui margini aziendali solo per l’anno in corso, con una crescente ripresa dal 2021. È probabile che i vari bonus, assieme ai contributi e ai finanziamenti a fondo perduto abbiano tamponato la temuta emorragia di imprese.”

Nell’ultimo quadrimestre, dal 29 febbraio al 30 giugno scorsi, le imprese attive sono aumentate di 2.928 unità, pari quasi all’uno per cento: da 324.205 a 327.133. In crescita il settore delle costruzioni da 38.315 a 38.888, con un saldo di 573 nuove imprese; l’agricoltura passa da 76.442 a 76.977, con un saldo di 535 aziende in più; il commercio ne conta 378 in più (da 96.281 a 96.659); l’attività dei servizi di alloggio e ristorazione cresce di 271 unità (da 23.304 a 23.575); le attività professionali, scientifiche e tecniche di 210 unità (da 8.252 a 8.462). Nonostante il coronavirus, non cedono le attività manifatturiere: +124 unità (da 24.492 a 24.616); le attività immobiliari (da 5.452 a 5.576); i servizi di informazione e comunicazione +111 unità (da 5.060 a 5.171). Stesso incremento per il trasporto e le attività finanziarie e assicurative: +75 unità.

“Chiudere definitivamente una partita Iva imprese – spiega ancora Stasi – avrebbe significato perdere il diritto alle diverse forme di sussidio, rivolte in favore di ditte individuali, lavoratori autonomi, liberi professionisti, società di persone e di capitali, cooperative e consorzi. Se il coronavirus non ha ridotto il numero delle imprese, non si può dire lo stesso per i ricavi e i fatturati complessivi, ad eccezione di alcuni settori.”