Per combattere la crisi i salentini si mettono in proprio
LECCE – In mancanza di alternative occupazionali, i salentini si sono messi in proprio: hanno aperto ditte individuali o hanno costituito società di persone, di capitali, cooperative oppure hanno avviato una libera professione, come quella dell’avvocato, del commercialista, dell’ingegnere, per citarne alcune. Così nel primo trimestre di quest’anno sono state aperte 2.131 nuove partite Iva, di cui 987 a gennaio, 739 a febbraio e 405 a marzo. È quanto emerge da un’analisi di Davide Stasi, direttore dell’Osservatorio Economico del Salento.
Nello stesso periodo dell’anno scorso ne furono aperte solo un po’ di più: 2.530, di cui 1.016 a gennaio 2019, 776 a febbraio e 738 a marzo. Un incremento favorito dall’innalzamento della soglia dei ricavi della flat tax a 65mila euro.
La variazione percentuale delle aperture di partite Iva è stata appena del -2,9 per cento a gennaio 2020 rispetto a gennaio 2019; -4,8 per cento a febbraio, ma quella di marzo è stata addirittura del -45,1 per cento.
“Il trend particolarmente negativo di marzo – spiega Davide Stasi – era prevedibile perché causato dalle crescenti preoccupazioni per la pandemia e l’inizio del lockdown. La flessione delle nuove aperture si protrarrà anche nel secondo trimestre (aprile-giugno) e, presumibilmente, potrebbero anche chiudere attività determinando un saldo negativo della nati-mortalità più marcato rispetto al primo trimestre. Non si tratta, però, di una vera e propria crisi come quelle del passato, che erano di natura finanziaria e facevano letteralmente crollare i valori immobiliari di fabbricati residenziali e non residenziali e i valori mobiliari, come risparmi ed investimenti. È vero sì che, oggi, esiste un problema di liquidità da immettere nei circuiti dell’economia, ma la propensione al risparmio dei salentini è stata alta negli anni ed ora sono un po’ meno esposti al rischio di fallimenti e procedure concorsuali”.
A questo proposito il direttore dell’Osservatorio Economico del Salento ricorda che “i depositi bancari e i risparmi postali, nella sola provincia di Lecce, ammontano a ben 12 miliardi 558 milioni di euro, un importo rassicurante, tutto sommato, in rapporto alla popolazione e superiore ad altri territori, dove il valore medio pro-capite dei depositi risulta più basso.
Negli ultimi due mesi, i saldi sui conti correnti dei salentini sono rimasti pressoché invariati e, complessivamente, è stato speso meno del solito, aumentando gli accantonamenti. L’economia è fatta di ingranaggi che, per ora, si sono fermati, almeno per il tempo necessario a contrastare la pandemia, ma non si sono rotti o danneggiati irrimediabilmente. Per farli ripartire, vanno “oleati”, con provvedimenti normativi efficaci”.