LECCE – Gli ultimi dati sulla diffusione del contagio da Coronavirus lasciano intravedere un flebile spiraglio di speranza. Negli ultimi tre giorni è lievemente aumentato il numero delle persone guarite, ma è necessario mantenere alta la guardia, perché i decessi continuano a crescere.
Fin dagli esordi dell’epidemia e ancor di più dopo l’accertamento del primo caso di positività nel Salento, nella “Comunità alloggio per anziani Madre Maria“ di Lecce sono state adottati tutti i protocolli sanitari necessari per la tutela della salute degli ospiti.
“Quando – spiega la direttrice Annalisa Bray – all’inizio dell’epidemia, ho comunicato ai parenti che prima di incontrare i propri familiari avrebbero dovuto usare disinfettati per le mani e indossare le mascherine mi è stato risposto che esageravo. Ho compreso le loro reazioni, ma ho continuato sulla mia linea, tenevo troppo alla salute dei ‘miei’ nonnini”.
La residenza accoglie dodici persone di età compresa tra i 70 e i 96 anni, tra cui anche una coppia, seguite e assistite da personale specializzato e da un’assistente sociale.
Dopo l’entrata in vigore del decreto firmato dal premier Conte sul blocco degli spostamenti per le attività non indifferibili, la direttrice ha scelto la struttura, di cui è comproprietaria con il figlio, come residenza per il periodo di quarantena. “Mio marito – continua Annalisa Bray – e mio figlio, che lavora nella residenza come operatore socio sanitairo, mi hanno assecondata e da allora ci occupiamo insieme di prestare cure agli ospiti e seguire le attività di gestione quotidiana della comunità”. I dipendenti, invece, hanno potuto liberamente scegliere di rimanere a casa, in base alle proprie necessità personali.
Con lo stesso spirito di solidarietà, una delle operatrici assistenziali, di spontanea volontà ha emulato le gesta della signora Bray e, con famiglia al seguito, è rimasta nella residenza. Un grande lavoro di organizzazione ha permesso agli anziani residenti di mantenere le proprie abitudini e ricevere la stessa qualità di assistenza. Come la donna stessa racconta: “Dormiamo, quando è possibile, arrangiandoci su giacigli improvvisati, non seguiamo una turnazione vera e propria, siamo sempre a disposizione dei nostri ospiti”.
Da un mese circa le visite dei parenti sono state sospese, nessuno entra o esce dalla struttura e soltanto una persona una volta alla settimana, è incaricata di fare la spesa. “Prima di iniziare la nostra quarantena – prosegue Annalisa Bray – ci siamo preoccupati di dotarci di tutti i dispositivi di sicurezza necessari come mascherine, guanti, disinfettanti e tutto ciò che viene utilizzato per la cura dei pensionanti. Per le prescrizioni mediche ho lasciato la gestione a mia figlia che è rimasta a casa, è lei che si occupa di fare richiesta, quando necessario, via mail. Non ci manca nulla, nonostante tutto”.
Qualche parente, ogni tanto, porta qualche leccornia per uno degli anziani e lo lascia sulla porta, per evitare qualsiasi tipo di contatto. “Almeno due o tre volte alla settimana – spiega la direttrice della Comunità per anziani – ci mettiamo in contatto con i familiari in videochiamata anche per dimostrare agli assistiti, che non sono stati abbandonati. Sono tutti a conoscenza della situazione, solo qualcuno fa fatica a comprendere l’allontanamento. Per fortuna riusciamo a mantenere alto lo spirito perché ci conosciamo tutti da molto tempo e c’è grande fiducia di fondo. Ci sentiamo una vera famiglia, loro ricambiano molto il nostro affetto”.
Le giornate sono scandite da giochi, attività manuali, lunghe chiacchierate e uno sguardo alla tv per rimanere informati sugli eventi del mondo. “Abbiamo anche istituito un “telefono solidale”, un numero al quale gli anziani che vivono al di fuori possono accedere per ricevere una parola di conforto, un po’ di compagnia. Anche noi cerchiamo di adoperarci per gli altri”. È un microcosmo sereno, confortevole, rassicurante, in cui il benessere degli altri è anteposto alle proprie comodità. “Per noi non è sempre facile, ma non possiamo esporre i “nostri” nonni al rischio di contagio e se questo significa rimanere qui ancora per un po’, continueremo a vivere con loro”.
Annalisa Bray ha una lunga esperienza di solidarietà alle spalle, una vita dedicata a migliore la vita a quanti si trovano in difficoltà. Un esempio non comune di empatia e abnegazione, fondamentale soprattutto in questa epoca, tanto potente da coinvolgere famiglia e collaboratori in un’esperienza straordinaria, al servizio della vita altrui.