BARI – E’ deflazione nei campi dove agli agricoltori si vedono pagare la frutta, dall’uva ai gialletti e la verdura, dalle cicorie cimate alle melanzane, oltre il 30% in meno rispetto allo scorso anno e al di sotto dei costi di produzione, per colpa delle distorsioni lungo la filiera e delle importazioni selvagge di prodotto straniero di bassa qualità spacciato per italiano che invade il mercato provocando pesanti squilibri. E’ quanto emerge da una analisi di Coldiretti Puglia che, commentando gli ultimi dati Istat sull’inflazione, denuncia i prezzi stracciati in campagna, dai 20 centesimi per i meloni gialletti, ai 50/60 centesimi per l’uva da tavola, dalle melanzane a 50 centesimi, al sedano a 35 e alle cicorie cimate a 50 centesimi, mentre i prezzi al consumo schizzano sui banchi degli ipermercati.
“È necessario investire sul futuro competitivo delle imprese agricole, minacciato e indebolito dalle distorsioni lungo la filiera, dalla distribuzione all’industria fino alle campagne, dove i prodotti agricoli sono pagati sottocosto pochi centesimi – denuncia Savino Muraglia, presidente di Coldiretti Pugli – Serve una grande azione di responsabilizzazione dal campo allo scaffale per garantire che dietro tutti i prodotti agricoli e agroalimentari in vendita, italiani e stranieri, ci sia un percorso di qualità che riguardi l’ambiente, la salute e il lavoro, con una equa distribuzione del valore”,
Sono pesanti le distorsioni dal campo alla tavola, insiste Coldiretti Puglia, visto che per ogni euro di spesa in prodotti agroalimentari freschi come frutta e verdura solo 22 centesimi arrivano al produttore agricolo ma il valore scende addirittura a 2 centesimi nel caso di quelli trasformati dal pane ai salumi fino ai formaggi.
Vanno bloccate le aste capestro on line al doppio ribasso che strangolano gli agricoltori con prezzi al di sotto dei costi di produzione e alimentano nelle campagne la dolorosa piaga del caporalato, conclude Coldiretti Puglia, ricordando l’approvazione alla Camera della proposta di legge che introduce il divieto della vendita sottocosto dei prodotti agroalimentari e in particolare delle aste elettroniche a doppio ribasso.
“In campagna l’uva da tavola di Puglia nella migliore delle ipotesi è quotata 50/60 centesimi al chilo – insiste Muraglia – mentre sui banchi di vendita il consumatore la paga fino a 4 euro al chilo, con un mercato freddissimo in campagna dove non ci sono contrattazioni. A rimetterci è l’anello più debole della filiera, mentre la forbice dei prezzi dal campo alla tavola resta larghissima”.
Accanto alla formula tradizionale del 3×2 ed ai punti a premio – continua la Coldiretti – si sono moltiplicate e differenziate le proposte delle diverse catene per renderle meno confrontabili tra loro e piu’ appetibili ai clienti, dalle vendite sottocosto che devono seguire regole precise ai buoni spesa. Tra i prodotti alimentari venduti in offerta più frequentemente ci sono – precisa la Coldiretti – quelli simbolo della dieta mediterranea che non possono mancare dalle tavole degli italiani e hanno quindi un effetto calamita sui clienti dall’olio di oliva alla pasta, dalle conserve di pomodoro ai vini fino alla frutta. Un onere che spesso ricade sui produttori per effetto delle distorsioni e delle speculazioni che si verificano lungo la filiera a causa degli evidenti squilibri di potere contrattuale.
Serve intensificare l’attività di controllo e vigilanza anche per evitare che vengano spacciati come nazionali prodotti importati ma – conclude la Coldiretti – è anche necessario al più presto il recepimento della direttiva (UE) 2019/633 in materia di pratiche commerciali sleali del 17 aprile 2019 per ristabilire condizioni contrattuali più eque lungo la catena di distribuzione degli alimenti, con l’introduzione di elementi contrattuali e sanzionatori certi rispetto a prassi che finora hanno pesantemente penalizzato i produttori.