“Oggi il mercato del lavoro vive un profondo cambiamento destinato a continuare a un ritmo crescente. Molte delle professioni tradizionali stanno scomparendo. Ad esempio si stanno riducendo i lavori dominati da azioni standardizzabili (catene di montaggio, vendita di prodotti/servizi standardizzabili) o dall’alto contenuto di procedure burocratiche/cartacee. Dall’altro lato appaiono nuove professioni ad alto contenuto digitale che richiedono un vero e proprio cambio di paradigma nell’approccio stesso al lavoro. Accade spesso che persone che hanno svolto con competenza per buona parte della loro vita lavorativa lo stesso mestiere si ritrovino di colpo, a 50 anni, disoccupate, o perché la loro funzione è stata sostituita da una piattaforma digitale (gli impiegati di banca, ad esempio) o perché il loro lavoro richiede oggi nuove competenze informatiche.
Queste dinamiche, già disastrose in un paese che si presenta in forte ritardo nello sviluppo delle nuove tecnologie, vengono ulteriormente amplificate nel Mezzogiorno.
La situazione occupazionale è disastrosa, in particolar modo per i giovani, e le politiche per il lavoro che vengono messe in campo scontano spesso il reiterarsi di una logica superata e non più adeguata, che insegue ancora la politica del posto fisso (ti aiuto a cercare lavoro inviando curricula, ecc.).
Sindacati, istituzioni, soggetti privati e in generale l’intera società deve rompere con questa logica e puntare ad una vera rivoluzione sociale e culturale che deve puntare su:
1) Politiche del lavoro flessibili e rapidamente modificabili quasi in tempo reale. Questo comporta il passaggio da un sistema prevalentemente pubblico (centri per l’impiego, formazione finanziata…) a un sistema misto pubblico-privato basato su un maggior equilibrio tra domanda e offerta e su una governance istituzionale che deve monitorare i fabbisogni del territorio e riportarli agli attori sociali.
2) Un sistema complessivo di Formazione continua e permanente strettamente correlato con le politiche per il lavoro.
La formazione delle competenze acquisisce oggi più che mai un ruolo chiave nelle politiche attive per il lavoro. Accanto ai percorsi di formazione iniziale volti a creare una professionalità a tutto tondo, di durata più o meno lunga, occorre predisporre un sistema più snello di offerta mirata all’acquisizione rapida di specifiche competenze da integrare alla propria professionalità.
Chi oggi esce dal mercato del lavoro rischia in brevissimo tempo di passare da uno status di media borghesia all’indigenza. I tempi di risposta del sistema pubblico non consentono oggi un pieno e rapido reinserimento: il necessario adeguamento delle proprie competenze passa troppo spesso esclusivamente dal mercato privato tagliando fuori le classi meno abbienti.
3) Un approccio culturale al lavoro radicalmente modificato rispetto al passato: non è più tempo di posto fisso, ma il tempo delle competenze multiple, delle reti di relazioni e della capacità di rimettersi in gioco continuamente. Occorre moltiplicare gli spazi fisici e mediatici di scambio di idee, di contatti, di servizi, di competenze. Sempre più il mercato del lavoro spinge a mettere in connessione le diverse competenze: creare rete! Ciò è realizzabile solo attraverso la flessibilità e la capacità di relazionarsi. La tecnologia rappresenta una grande opportunità, in quanto non solo permette di migliorare le condizioni di lavoro e l’efficienza produttiva, ma consente di creare reti sociali ed economiche, di connettere domanda e offerta non solo di prodotti, ma anche di servizi”.
Alla base di tutto questo c’è la tecnologia che sta rapidamente cambiando la società e che nel contesto delle politiche del lavoro non deve essere vista come una minaccia, bensì come una grande opportunità. La crisi dell’attuale concetto del lavoro si supera solo vedendo le innumerevoli opportunità che la stessa tecnologia ci fornisce. Le società giovani del nord ed est Europa sono un esempio di quello che sta avvenendo. La società con le nuove tecnologie può fare un salto evolutivo e non regressivo!