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Barocco & tarocco: il “revisionismo” storico-artistico di VisitLecce


LECCE – Nei giorni scorsi è stato inaugurato dal Comune di Lecce un sito web dedicato alla città. Tutto questo è accaduto con i classici fasti verbali emessi da ardenti cherubini tubicini sullo scenario anestetico dell’incombente retorica da campagna elettorale per le elezioni comunali del prossimo 26 maggio. Nell’attesa che squillino anche le trombe di giudizi più autorevoli del nostro, operazione legittima oltre che auspicabile in casi di questo tipo ma invisa ai politici leccesi, abbiamo letto i commenti che hanno condito l’inaugurazione e fra essi segnaliamo quello di una lista civica rigorosamente accompagnato dall’hashtag “#unanuovalecce”: “È stato presentato oggi VisitLecce, il primo portale istituzionale per favorire lo sviluppo turistico della nostra città, uno dei progetti fortemente voluto e portato avanti da Alessandro Delli Noci”. A completare il panorama segnaliamo quanto lo stesso Delli Noci ha affidato alla sua pagina social: “[…] una guida multimediale alla scoperta della città, dei suoi gioielli storici e di tutte le attrattive culturali, commerciali, artistiche. Un progetto, su cui tanto abbiamo lavorato per mesi e di cui sono particolarmente orgoglioso, che nasce con un duplice obiettivo: da una parte favorire la conoscenza del nostro patrimonio artistico culturale e promuovere il nostro territorio […]”. Anche questa dichiarazione è accompagnata da un hashtag anzi due: #unanuovalecce; #leccedomani. Insomma, siamo soverchiati dal nuovo e dal domani.
Dovremmo essere felici per VisitLecce se solo, però, non ci occupassimo abitualmente di storia e quella dell’arte in particolare.
La parte più importante del sito è – secondo quanto dichiarato da Delli Noci – quella riservata al patrimonio che sarebbe il principale attrattore per i turisti. VisitLecce, però, si presenta misero e modesto proprio rispetto a quel contenuto storico-artistico. Poco male, anzi, poco conta, però, il parere di chi scrive perché inevitabilmente soggettivo. A preoccupare seriamente, e ciò per ragioni oggettive, sono, però, i testi. E’ difficile rimanere indifferenti quando a proposito di piazza Duomo si scrive: “[…] tra le più grandi e rare piazze chiuse d’Italia, con il suo ‘gioiello a due porte’, il Duomo appunto”. La cattedrale di Lecce, lo sappiamo bene quasi tutti, ha oggi tre, ripetiamolo assieme all’unisono, tre sole porte. Cosa dire, poi, del percorso “Barocco scenografico” il cui inizio è con Porta Napoli, costruita nel 1548, che con il Barocco non c’entra davvero nulla? E che su quel sito web abbiano qualche problema con l’identificazione del Barocco è confermato anche dove si scrive di Palazzo Adorno: “[…] realizzato da Gabriele Riccardi nel 1568 e simbolo splendente del barocco leccese”; ancora, quindi, il famigerato “Barocco del Cinquecento” (lo vogliamo definire così?). Potremmo andare avanti con la chiesa, “meraviglia barocca”, di Santa Croce. Altra piccola perla: “il cinquecentesco Palazzo Carafa, già Monastero delle Paolotte e oggi sede del Comune” che, invece, è un edificio settecentesco. I politici locali dovrebbero almeno conoscere la storia del loro palazzo comunale. Ultima cosa da segnalare, infine, è la chiesa di San Matteo con la “sua pianta ellittica” che, in effetti, tale non è trattandosi di un vano rettangolare ad angoli curvilinei.
Premesso che ai turisti si devono offrire sempre informazioni di qualità e mai sbagliate e passi pure (?) il non saper distinguere un’architettura del Cinquecento da altra del Settecento, è davvero difficile accettare chi non sa neanche riconoscere un’ellisse. A questo punto è legittimo chiedersi quali siano stati i criteri che Delli Noci ha adottato e accettato nella realizzazione di questo progetto su cui, come egli stesso afferma: “ […] tanto abbiamo lavorato per mesi […]” e, aggiungiamo noi, che molti denari pubblici è costato ai cittadini. In questi tempi di revisionismo impropriamente detto, esasperato e gratuito, Delli Noci è riuscito a far attuare anche quello storico-artistico e a trasformare il Cinquecento in Settecento, il Rinascimento in Barocco. Insomma, è riuscito nella quadratura del cerchio, anzi, meglio, a trasformare un rettangolo in un’ellisse.