Lecce / Gabriele Riccardo, gli ultimi anni, una nuova lettura
Summa
Può apparire un’ossessione da tecnici quella delle date ma, come già precisato in questa rubrica, in una cifra può annidarsi anche un’opera sconosciuta o un’altra che, seppure nota, viene messa in discussione. Dietro questo gioco, apparentemente solo numerico, in effetti, visibile in filigrana, è la ricerca, a cominciare da quella archivistica, e quindi la corretta trascrizione ed esegesi dei documenti storici. Il caso che presentiamo è relativo a un documento sulla cui lettura è stato recentemente fondato l’estremo cronologico superiore di attività dell’architetto e scultore Gabriele Riccardo, in sostanza, relativo cioè all’anno della sua morte.
Il documento curiale [1], consultato plausibilmente già da Giulio Cesare Infantino in occasione della stesura della sua Lecce Sacra edita a Lecce nel 1634 (si veda qui Appendice n. 2), è stato ampiamente utilizzato dalla storiografia moderna (inutile ripercorrerne tutte le tappe in quest’analisi). Nonostante tale notorietà, però, non ne abbiamo trovata disponibile al pubblico né una riproduzione in fac-simile integrale né, e ciò è ancora più rilevante dal punto di vista storiografico, una trascrizione completa. Si è voluta colmare, quindi, questa mancanza, adottando la soluzione della trascrizione con testo a fronte (Appendice n. 1), mettendo cioè a disposizione la copia del documento originale, la sua trascrizione e, infine, l’analisi. E da quest’ultima, con l’aiuto anche di un altro documento [2], ne è scaturita un’ipotesi che fissa più correttamente i riferimenti cronologici dell’artista con l’espressione: notizie 1524 – 1572. E’ doveroso precisare che la confutazione (esplicitata inseguito) è relativa, però, solo all’interpretazione che, nell’ambito della storiografia più recente, alcuni studiosi hanno proposto di quel documento curiale.
La questione cronologica sopra espressa è stata oggetto di una particolare attenzione critica soprattutto in questi ultimi tempi. Quel documento curiale è citato, infatti, in recenti pubblicazioni imprescindibili, da un punto di vista dell’analisi storica, in virtù dell’autorevolezza degli autori e dell’editore come, ad esempio, l’Istituto dell’Enciclopedia Italiana Giovanni Treccani. Per tale ragione e per maggiore comodità del lettore, oltre a quanto è già nella prima appendice riportata alla fine di questo studio, si ritiene opportuno riproporre, anche nell’analisi che a breve seguirà, alcuni brani estratti da quel documento. Conclude tale excursus una seconda appendice corroborata da altre immagini nella quale sono state raccolte alcune considerazioni relative all’edificio della cattedrale leccese precedente l’attuale.
In questa breve storia dell’interpretazione del documento curiale, a far da apripista, è stato prima di tutto un saggio [3] i cui concetti espressi sull’argomento sono ribaditi e confermati più recentemente nella voce Riccardi Gabriele contenuta nell’Atlante del Barocco [4]. Fra i primi due interventi (1989; 1999: [3]) e quello datato 2015 [4], si segnala nel 2005 un altro interessante studio [5], cui fa seguito, infine, nel 2016, la voce Riccardi Gabriele [6], dove, in particolare [7], l’autore non si discosta da quanto è nel saggio del 1999 [3]. Scrive, infatti, Monaco:
«Non si hanno più notizie dell’attività di Riccardi già nel 1574 (come nota Cazzato, 1999, p. 85), quando il suo nome non compare in un consulto di maestri occorso in quell’anno per ovviare all’imminente crollo del campanile del duomo di Lecce (Lecce, Archivio curia arcivescovile, Scritture diverse, fascio XX, libro VIII, Relazione sulle condizioni statiche del campanile, pp. 205 – 208 […]». [7]
Chiariti questi passaggi e i relativi debiti culturali riteniamo più corretto soffermare l’attenzione su quanto è di più recente sull’argomento [8] dove l’autore dichiara:
«[…] Gabriele era scomparso da qualche decennio probabilmente intorno al 1574. Il suo nome, infatti, non compare in un consulto dei maggiori architetti leccesi sulle condizioni statiche del campanile della Cattedrale di Lecce […]».
Più oltre [9] sullo stesso argomento, la cautela espressa in precedenza si trasforma in certezza e, infatti, ancora il medesimo scrive:
«[…] questione risolta quando fu provato che il Riccardi era già scomparso nel 1574».
Quest’ultima affermazione lascerebbe supporre che, rispetto al momento cui appartiene la prima, siano stati identificati nuovi documenti in base ai quali, con certezza, si può affermare, in seconda battuta, che al 1574 lo scultore Riccardo era già morto. Così non sembra essere, però, perché il documento di riferimento, anche nel secondo caso, sarebbe sempre la nota relazione tecnica cinquecentesca per l’abbattimento di una parte del campanile della cattedrale leccese. L’interpretazione che Cazzato fa della perizia [10], in merito alla data di morte di Riccardo, prima della riproposizione nell’Atlante, era stata già, a ragione, criticata da Houben:
“Per quanto riguarda l’anno della morte del nostro architetto [Gabriele Riccardo, n. d. r.], dobbiamo ancora prendere in considerazione un documento conservato nell’Archivio della Curia arcivescovile di Lecce, sul quale ha richiamata l’attenzione Mario Cazzato: secondo quest’ultimo egli sarebbe “probabilmente (…) morto già prima del 1574 quando il suo nome non compare in un consulto dei maggiori architetti leccesi sulle condizioni statiche del campanile della cattedrale di Lecce”. Questa affermazione non è però condivisibile essendo il documento citato non un consulto di tutti i “maggiori architetti leccesi”, bensì soltanto una breve relazione stilata nei giorni 3 e 4 febbraio 1574 da tre “esperti et fabricatori principali di detta città”, cioè da magister Padovano Baxi, dal nobilis Padovano Schiero (o Schero) e dal magister Gabriele Meschinello [11].
Riscontrata l’importanza storica di tale vicenda, si è deciso, per maggiore comodità del lettore, di fornire della perizia cinquecentesca [12] la trascrizione integrale con testo a fronte in un’apposita sezione (Appendice n. 1); immediatamente qui di seguito però se ne sono voluti riportare in ogni caso per semplicità e necessità esplicativa alcuni estratti.
Ritornando all’analisi del documento, c’è da dire che quanto sostenuto da Houben [11] risulta condivisibile in merito alle critiche che egli muove alle affermazioni di Cazzato, ma non è accettabile per il resto perché, se anche fosse vera l’ipotesi che a redigere quella relazione tecnica fossero stati chiamati «tutti» i maggiori architetti leccesi, non si potrebbe in ogni caso escludere che Riccardo semplicemente non sia stato convocato, e ciò per varie ragioni, oggi ignote, fra le quali pure quella che non fosse presente a Lecce proprio nei giorni della perizia (3 – 4 febbraio 1574).
Più precisamente Riccardo non solo non è segnalato nel documento ma in più, in quest’ultimo, non si spiegano neanche le ragioni di tale assenza e i redattori della perizia, d’altro canto, non avevano, di fatto, motivo alcuno per fornirle. Nel documento, in realtà, si afferma che il Vicario aveva:
«[…] fatto chi / amare li protomastri Regij, et altri esperti, et fabricatori principali di decta / citta […]» [13].
In sostanza nella perizia si segnala, e lo si fa significativamente più volte, un dettaglio sfuggito agli studiosi ma non già all’Infantino [14] che si sono occupati del caso, ovvero che i tecnici furono, non solo quelli ricordati in modo esplicito e cioè Paduano Schiero, Paduano Baxi e Gabriele Meschinello, ma anche «altri». Questi ultimi periti non sono nominati per ragioni, anche in questo caso, che non si conoscono.
A dire il vero se si prestasse fede anche alle parole di Paduano Schiero:
«[…] in quelli giornj / che reconoscette detto campanile ne fece una / relatione alla corte vescovale dove deposse il / medesmo […]» [15]
si potrebbe supporre in più che i documenti relativi a quel caso oggi a disposizione siano effettivamente solo una parte di quelli prodotti in quella circostanza.
Sulla base di quanto detto, andando anche oltre il ragionamento di Houben [11], non si può pertanto neppure escludere l’ipotesi che Riccardo fosse fra quegli «altri» cui fa riferimento il documento.
Dall’analisi di quest’ultimo non si può affermare quindi in modo perentorio e certo che l’artista fosse già morto alla data di questa perizia sul campanile. A tale proposito notizie più sicure sono invece in un altro documento [16] dal quale si deduce che Riccardo potrebbe essere morto dopo il 31 luglio del 1572, ultima data, allo stato attuale delle conoscenze, in cui è ricordato ancora in vita. E’ invece certo e noto che al 19 gennaio 1577 era defunto [17]. La morte dell’artista leccese, sulla base di quanto oggi conosciuto, dovrebbe quindi essere collocata fra l’ultimo giorno di luglio del 1572 e il 19 gennaio 1577.
Per completezza e correttezza si ricorda che quanto qui appena esposto in modo più approfondito è stato già oggetto di un articolo [2] che, però, non risulta segnalato nella bibliografia dell’Atlante (né in quella generale, né in quella particolare della scheda dedicata a Riccardo compilata da Cazzato M.) e neppure nella più recente voce Riccardi Gabriele apparsa nel Dizionario Biografico degli Italiani a firma di Monaco A. M.
Vale la pena, infine, chiarire alcuni aspetti sempre legati allo stesso scultore, o meglio alla sua produzione artistica. Alla fine della scheda biografica [18] dedicata a tale artista, l’autore scrive:
«Più di recente A. M. Monaco ha convincentemente assegnato al Riccardi alcune statue, tra cui lo splendido San Nicola nella chiesa degli Olivetani di Lecce […]».
La realtà non è questa. Si ricorda, infatti, che l’Infantino nella sua nota e già qui citata Lecce Sacra, edita nel 1634, ricorda proprio questa statua di San Nicola come opera di Gabriele Riccardo A proposito della chiesa leccese di San Nicolò e Cataldo, così, infatti, si legge:
«[…] si veggono molte Cappelle con statue di tutto rilievo di pietra Leccese, frà le quali riguardevole assai è quella del glorioso S. Nicolò, opera di Beli Liciardo Leccese» [19].
Da ultimo vorremmo ricordare un’ulteriore vicenda attributiva. Il nome di Gabriele Riccardo è stato associato [20] alla statua di Sant’Antonio da Padova nella chiesa leccese più nota come di San Giuseppe (o di Sant’Antonio della Piazza) a proposito della quale l’autore di quel saggio, Monaco A. M., [21] scrive:
«Proprio in questa chiesa [Sant’Antonio della Piazza o di San Giuseppe a Lecce, n. d. r.] si conserva il simulacro di Sant’Antonio decorato ad oro, del quale si tenta di chiarire in questa sede la cronologia, l’autografia e l’originaria collocazione […]»
Tale statua, recante inciso sul basamento in modo ben visibile il millesimo «1569» era stata, però, già precedentemente attribuita a Gabriele Riccardo in una pubblicazione dedicata proprio alla chiesa che la custodisce, dove Terragno V., descrivendo l’altare collocato nel transetto sinistro dedicato al Santo da Padova, afferma:
«[…] Al centro, in una nicchia, è stata collocata la statua lapidea del Santo, realizzata da Gabriele Riccardi nel 1569 […]»[22].
Appendice n. 1
ACALe, Archivio Capitolare, Scritture Diverse, Mazzo XX, Libro VIII, cc 205 – 208
Il documento è composto da sette carte scritte. Nelle cc. 205r-v è contenuta la richiesta del Procuratore Generale del Capitolo e Clero leccesi indirizzata all’«Illustrissimo Signor», il Regio Auditore «Vera» che, letta la richiesta, firma (c. 205v, riga 4 / 7) la risposta, chiedendo di istruire una indagine ovvero la «Informatio». Nel testo si afferma (c. 205, righe: 5 / 22 – 7 / 22) che il Vicario ha:
«[…] fatto chi / amare li protomastri Regij, et altri esperti, et fabricatori principali di detta / citta […]»,
dal cui sopralluogo emerge la probabilità di un più che pericoloso crollo del campanile. Quest’ultimo, infatti, cadendo sulla cattedrale, produrrebbe danni enormi e irreparabili fra cui quelli all’organo, costato più di duemila scudi, e alle campane. Interessante il fatto che s’imputi il crollo dell’edificio a quello che potrebbe definirsi l’effetto domino.
All’interno della cattedrale, a delimitare le navate, vi erano, infatti, archi su colonne e, per questa ragione, cadendone uno a seguito del cedimento del campanile, sarebbero venuti a crollare in sequenza anche gli altri collegati ai primi colpiti dalla caduta della torre. Sulla base di quanto detto il Procuratore chiede l’abbattimento del campanile. Nelle cc. 206 – 208 sono contenute le testimonianze giurate dei periti interpellati. Il primo è mastro Paduano Baxi il quale, tra le altre cose, ricorda (c. 206, righe: 7 / 30 – 9 / 30) che il sopralluogo fu compiuto con:
«[…] Paduano Schiero / protomastro regio, et con mastro Beli Meschinello, et con / altri mastri esperti […]».
Alla c. 206v è la testimonianza giurata del nobile Paduano Schiero che, come il precedente mastro, conferma di avere compiuto il sopralluogo con Paduano Baxi, Beli Meschinello e «altrj» (riga 10 / 30). Alle cc. 207r-v è la testimonianza giurata di mastro Gabriele Meschinello; anche in questo caso si dichiara di avere condotto la perizia con Paduano Baxi, Paduano Schiero e «altri mastri» (c. 207, righe: 22 / 26 – 23 / 26). La conclusione cui giunsero i periti fu che (c. 207v, righe: 25 / 26 – 26 / 26):
«[…] si dirroccasse et smantellasse insino a’ la / campana grossa che veneriano gectate duj / [c. 208r, righe: 1 / 26 – 2 / 26] / balconate con la gobola di sopra, et duj ne restariano / che saria ad paro de la chiesa […]».
Fra tutte le relazioni quella probabilmente più interessante, per la dovizia dei particolari tecnici, è l’ultima che, come detto, fu rilasciata da mastro Gabriele Meschinello. Questi racconta che il 4 febbraio del 1574 salì sul campanile, vedendolo «minutamente» (c. 207v, 1 / 26) sia dentro che fuori, e in più, assieme agli altri mastri, usò una corda con il piombo («biombo»; c. 207v, riga 2 / 26) per misurare da ogni finestra la pendenza del campanile
«[…] et impiombaro fenestra per fenestra da alto a’ bascio […]» (c. 207v., riga 3 / 26).
I mastri rilevarono che la torre era inclinata sul lato della chiesa e della scala (probabilmente quella di servizio del campanile) e che il fenomeno di dissesto interessava tutte e quattro le facciate dalle cui finestre, inoltre, si erano staccati ‘blocchi di pietra’ – «quatrelli» (c. 207v, riga 8 / 26). Il 4 febbraio 1574 (c. 208, riga 12 / 26), analizzata la relazione, fu stabilito che la città di Lecce abbattesse o facesse abbattere la torre. L’ordine reca la firma del Regio Auditore Vera. La vicenda continua il 17 marzo (c. 208v, riga 19 / 26) quando Scipione Vadacca si appella chiedendo il cambiamento di quanto stabilito dal decreto a che, nell’interesse della città, i lavori per l’abbattimento del campanile vedessero l’impegno economico dell’autorità vescovile.
[c. 205]
- Illustrissimo Signor
- Il Procuratore generale del capitolo et clero della Città di Lecce devoto Oratore di Vostra Signoria Illustrissima le fa’ intendere /
- come, vedendosi oculatamente il manifesto pericolo, et rovina che minaccia il campanile della /
- Chatredale chiesa di essa Citta, et le larghe fissure di quello, et che ogni giorno ne vanno /
- cascando pietre si hebbe ricorso da Monsignor Vicario il quale havendo fatto chi_
- amare li protomastri Regij, et altri esperti, et fabricatori principali di detta /
- citta riconobbero il detto campanile, et hanno con giuramento fatta la quì /
- inclusa relatione, et come che minaccia di cascare sopra la chiesa stando /
- chinato verso quello, et cascando, il che Dio non permetta, oltre che potrebbe /
- ammazzarci quanti in detta chiesa si trovarebbone, perche la detta chiesa /
- sta fabricata sopra archi, li quali stanno appogiati sopra colonne, cascan_
- do una di dette colonne, cascarebbe tutta la chiesa senza speranza de /
- mai più repararsi; et ci se spezzarebbono le campane, et l’organo al /
- quale ci si ha’ dispeso più di dui millia scudi, et altri danni farebbe che sa_
- rebbono irreparabili, et irremediabili, et havendosi da predicarce questa /
- quadragesima in detta chiesa dove tutto il populo concorre, et il detto /
- capitolo et clero sta’ continuamente ad offitiare, per la tema di non esser sepulti /
- vivi li preti, et clerici dal detto campanile, come per obviare a’ tanti /
- evidenti futuri danni, pericoli, et rovine, la supplica resti servita pro_
- vedere che sia deroccato ch’altramente sarà forzato il detto capitolo non /
- offittiare la decta chiesa, ne ministrarci li Santissimi Sacramenti ne predicaresi /
- in quella, et lo reputarà à gratia ut Deus etc.
Fig. 1: c. 205
[c. 205v]
- Philippus Dei Gratia Rex etc. /
- Tenore presentium fuit provisum quod de supplicatis capiatur /
- informatio presentibus p(rese)ntat renuntians etc. /
- Vera /
- Provisum per Illustrissimum Dominum Cesarem Ianuarum /
- Litij 27 Ianuarij 1574 /
- Rigliecca Secretarius /
Fig. 2: c. 205v
[c. 206]
- Informatio etc. /
- Die tertio februarij 1574 Litij etc. /
- Magister Paduanus Baxi de Litio testis cum Iuramento interrogatus et examinatus super /
- presenti informatione ac tenore retroscripti memorialis toto facto causa /
- et quicquid inde scit dixit che esso testimonio li giornj passati ad /
- instantia del Vicario di Lecce andò a’ riconoscere il campa_
- nile del Vescovato di detta città, insieme con Paduano Schiero /
- protomastro regio, et con mastro Beli Meschinello, et con /
- altri mastri esperti, et havendolo molto ben mirato et, /
- riconosciuto cosi di dentro come di fura, trovaro veramente, /
- che, detto campanile, è rilassato da tutte le quattro faccia_
- te, et aperto di ogni banda, talche minaccia breve /
- ruina, tanto più che da li falconj di sopra di esso /
- campanile, ne son cascati molti quatrelli, et per questo /
- giudicaro che si non si smantellasse cascaria di breve /
- et cascando faria grandissimo danno a l’ecclesia che /
- si non cascaria tutta, ne cascaria una gran parte /
- per che detta chiesa, è posta sopra colonne et archj /
- che facilmente cascandoli sopra detto campanile rui_
- naria la maggior parte di essa, oltre il danno che /
- faria à le campane, et a’ le gentj che forse si ci /
- trovariano dentro, et per questo tanto esso testimonio, come /
- detto Paduano Schiero et altri furo di parere come /
- che è hoggi esso testimonio che detto campanile si smantellasse /
- insino a’ la campana grossa, perche cosi si assico_
- raria il tutto, et non portaria quel pericolo, che /
- porta al presente stando di questa forma, de causa scientiae quia /
- vidit interfuit et audivit et scit ut practicus de loco ut supra de tempore /
- li giorni passatj et al presente /
- + Signum crucis proprie manus etc. //
Fig. 3: c. 206
[c. 206v]
- Eodem die Ibidem
- Nobilis Paduanus Schierus de Litio protomagister et Architectus /
- regius testis cum Iuramento interrogatus et examinatus super presenti informatione /
- tenore retroscripti memorialis toto facto causa, et /
- quicquid inde scit dixit che li giornj passati esso testimonio /
- ad instanza del Reverendo Vicario di Lecce, come ad /
- esperto et protomastro et ingegniero de la regia /
- corte, andò a’ riconoscere il campanile de la chiesa /
- catredale di detta citta e dove ci furo ancora mastro /
- Paduano Baxi, Beli Meschinello et altrj, et /
- havendolo molto bene riconosciuto cosi di dentro /
- come di fuora, trovaro che detto campanile minac_
- cia brevissima ruina, perche veddero che da tutte /
- le quattro facciate era et è relassato, et aperto, /
- et da li archetti de le fenestre di quello son cascatj /
- molti pezzi, et quatrelli per detta causa che è /
- aperto tutto, talche giudicò et giudica esso testimonio /
- che cascarà in brevissimo tempo, et faria gran_
- dissimo danno, perche par che sia inclinato a’ casca_
- re sopra l’ecclesia et cascando sopra quella saria /
- di facile di farla cascare tutta o’ la maggior /
- parte perche detta chiesa è posta tutta sopra /
- colonne et archj, talche cascandoli sopra /
- detto campanile o’ parte di esso cascaria tutta /
- perche dando ad una arcata di dette colonne /
- l’una tiraria l’altra, et cosi faria un danno /
- grandissimo tanto a’ l’ecclesia che saria cosa /
- irremediabile come a’ le campane et organo /
- che ci è dentro, et a’ le gentj che ci si tro_
- variano //
Fig. 4: c. 206v
[c. 207]
- cosi per intendere l’offitij, come li pretj che lo diriano /
- talche per rimediare a’ questo esso testimonio fu’ di parere /
- et è ancora che detto campanile si smantellasse /
- et se ne levassero la gabbia di sopra et duj balco_
- nate che sequeno, che veneria a’ restare quasi /
- al paro de la ecclesia et dove pende hoggi la campa_
- na grossa, che cosi si levaria di ogni pericolo /
- et staria sicuro, che al presente non è che minaccia /
- urgente ruina, et perche esso testimonio in quelli giornj /
- che reconoscette detto campanile ne fece una /
- relatione alla corte vescovale dove deposse il /
- medesmo, pure per non fare errore si refere /
- a’ quella, de causa scientiae quia vidit interfuit et scit /
- ut practicus et protomagister ut supra de loco ut supra /
- de tempore li giornj passatj et al presente etc. /
- Io Padoano Schero afirmo ut supra /
- Die 4 februarij 1574 Litij
- Magister Gabriel Meschinellus de Litio testis cum Iuramento /
- interrogatus et examinatus super ipsa informatione et tenore memorialis /
- toto facto et quicquid inde scit dixit che li giornj /
- passatj esso testimonio ad requisitione del Vicario di Lecce /
- andò insieme con Paduano Schiero Paduano Baxi /
- et altri mastri a’ riconoscere il campanile de la /
- chiesa del vescovato di Lecce, a’ ciò dessero il /
- loro giuditio si ha’ da cascare di breve, et in che /
- pericolo sta’, et esso testimonio salì sopra et veddero //
Fig. 5: c. 207
[c. 207v]
- cosi di dentro come di fora minutamente detto campa_
- nile et oltre di questo pigliaro una corda col biombo /
- et impiombaro fenestra per fenestra da alto a’ bascio /
- et veddero che il campanile havea et ha’ in clinato /
- verso la banda de la chiesa, et de la scala, perche /
- da tutte le quattro facciate di dette fenestre è /
- aperto, et da li archi di dette finestre ne son /
- cascatj assaj quatrelli, et per questo furo di giuditio /
- tutti, che minaccia breve rovina, et che sta /
- in pericolo di cascare, d’ora in hora, per le dette /
- relassature’ et Aperture di dette facciatè, /
- et giudicaro ancora che cascando detto campa_
- nile daria sopra la ecclesia, et sarià causa /
- che cascasse tutto il corpo de la chiesa perche /
- detta chiesa è posta sopra colonne et ad archj /
- talche dando detto campanile sopra una di dette /
- colonne et archj sequitaria tutta la fabrica /
- de la chiesa a’ cascare perche l’una sequitaria /
- l’altra, il che saria grandissimo danno perche /
- non solamente si guastariano le campane che sono /
- in quello, ma l’organo de la chiesa, et quel che /
- è peggio le gentj che si ci trovassero, et per questo /
- tanto esso testimonio come li altri insieme furo di /
- parere come che è hoggi che detto campanile /
- si dirroccasse et smantellasse insino a’ la /
- campana grossa che veneriano gectate duj //
Fig. 6: c. 207v
[c. 208]
- balconate con la gobola di sopra, et duj ne restariano /
- che saria ad paro de la chiesa, et così si levaria /
- ogni occasione di pericolo et danno perche quella /
- fabrica che resta oltre la bassezza, è bona, et /
- questo fù et è il giuditio di esso testimonio con li altri suj /
- compagni de causa scientiae quia vidit interfuit et /
- scit ut practicus ut supra de loco ut supra de tempore ut supra.
- + Signum crucis proprie manus etc. /
- In causa Reverendi capituli et cleri magnificae civitatis Litij cum ipsa magnifica /
- universitate super diructione campanilis episcopatus /
- dictae civitatis ut in actis etc. /
- Die quarto februarij 1574 Litij /
- Visa supradicta informatione de qua fatta relatione in consilio per eccellentem /
- dominum auditorem Vera et auditis partibus fuit provisum /
- quod ipsa magnifica universitas sumptibus suis diruat et diruere
- faciat dictum campanile stante quod evidenter minatur /
- ruinam citra tamen preiudicium iurium ipsius magnificae universitatis et ita etc. /
- Vera /
- Die xvij° mensis Marcij 1574 Scipio Vadacha intimatus dicit quod in asserto /
- decreto non consentit inmo cum Reverentia appellat et de nullitate dicit et petit refor_
- marj audita Magnifica Universitate pro suo interesse ex quo Reverendus vicarius ex introitibus /
- Reverendissimj Episcopi predicta ex adverso pretensa fierj debet et non Magnifice Universitatis que /
- non haberet regressum recuperandj nisi cum cautela talj ex qua possint fructus /
- Reverendissimj exequi et propterea super predicta audita revocarj petit et reformarj pro futura /
- sua cautela et ita petit fierj providerj et se admitti et in casu dubij /
- audirj cum protestatione quod terminus aliquis non currat ut protestatur omni modo meliorj etc.
Fig. 7: c. 208
Appendice n. 2
Il documento curiale qui analizzato acquista un ulteriore valore se messo in relazione con le poche immagini oggi esistenti della cattedrale precedente l’attuale.
Le fonti sono: il Breviarium Liciense, oggi presso l’Archivio della Curia Arcivescovile di Lecce; lo Psalterium Liciense, oggi presso la Biblioteca Provinciale di Lecce “Nicolò Bernardini”; lo stemma cittadino scolpito a bassorilievo in un capitello della cripta dell’attuale cattedrale leccese (Fig. 8, partt. a), lo stemma ad altorilievo oggi presso il Museo Provinciale “Sigismondo Castromediano” (Fig. 8, partt. b); l’incisione presente nella Lecce Sacra [23]. Da evidenziare che la torre campanaria presente nel capitello della cripta della cattedrale (Fig. 8, partt. a) è messa di spigolo in una rappresentazione che potrebbe essere di tipo prospettico; frontale si presenta, invece, nello stemma lapideo (presso il Museo “Castromediano”, Fig. 8 partt. b), nella cui parte sommitale, vi sono tracce di una probabile corona (metallica ?) messa a sormontare la torre sottostante.
La cattedrale raffigurata nello Psalterium Liciense appare uguale a quella presente nel Breviarium. Il primo di questi due volumi è, però, caratterizzato da una data in cifre romane, “1526”, stampata nell’ultima sua pagina; nel Breviarium, invece, del millesimo sono leggibili solo le prime due e l’ultima delle cifre:«15(8, 2: ?)7»; tale volume, come recita un breve testo scritto a mano nella parte inferiore sempre dello stesso frontespizio, proviene «Dalla libraria de Sa. Irene». Questa situazione d’incertezza cronologica obbliga in tale analisi, pertanto, a considerare, ai fini della datazione, solo il primo dei due.
Il secondo frontespizio è riportato nella copertina di questo articolo, a destra; a sinistra, invece, è l’immagine tratta dall’Infantino [23]. In entrambe si sono evidenziate le rispettive torri campanarie. L’immagine del frontespizio potrebbe, per ragioni cronologiche, rappresentare effettivamente l’antico campanile della cattedrale, quello cioè di cui si scrive nel documento curiale. L’altro, rappresentato nell’incisione tratta dall’Infantino, benché molto simile a quello dei due frontespizi, del capitello e dello stemma oggi al Museo “Castromediano”, è da considerarsi, invece, solo una integrazione dell’autore di quell’incisione alla luce di quanto scrive lo stesso autore della Lecce Sacra:
«E ben vero che il Campanile hoggi non è di quell’altezza di prima; poiche minacciando rovina, con pericolo manifesto di rovinare tutta la Chiesa col parere di Protomastri, Regij, e d’altri esperti nell’anno 1574. ne fu gran parte gettato a terra, e smantellato fin dove stava la campana maggiore, per haver così ordinato a Scipione Vadacca all’hora Sindico della Città. Cesare di Gennaro Cavalier Napolitano, e Preside in quel medesimo tempo ad istanza del Procurator generale del Capitolo, e Clero, per evitar tanta rovina, come si vede dalle Scritture originali, che si conservano da Giovanni Battista Bisignano Archiviario della Cattedrale. (b)» [24].
In calce a tale testo la nota (b) recita: «Archivio della Cathedrale»
Sono tre gli aspetti architettonici che vale la pena sottolineare rapidamente.
Confrontiamo i due edifici raffiguranti la cattedrale così come rappresentati nel frontespizio del Breviarium (Fig. 8, immagine a sinistra, part. A) e nell’incisione tratta dall’Infantino (Fig. 8, immagine al centro, part. B). Nella prima immagine non compare nè il transetto né la parte soprelevata corrispondente alla tribuna; un elemento ancora più interessante è, però, rappresentato da quel corpo a pianta circolare coperto con cupola che potrebbe alludere all’originaria terminazione absidata della navata maggiore; un’indicazione dell’esistenza di un’abside di quel tipo potrebbe essere la presenza di due capitelli cinquecenteschi in cripta, quelli, in particolare, vicini all’altare maggiore e collocati in modo inclinato rispetto alle lunghe pareti perimetrali della parte di succorpo immediatamente sotto l’attuale coro.
Della costruzione della tribuna – sollevata di venticinque gradini, come ricorda l’Infantino [25], rispetto al piano di calpestio delle navate – dà notizia Jacopo Antonio Ferrari fornendo l’anno, il 1517 [26]; l’architetto, Teofilatto Colella (Nicola), è, invece, ricordato dall’Infantino [27].
Tracce di una scala, plausibilmente proprio quella cui allude l’Infantino [25], sono emerse durante i recenti restauri della cripta. A tal proposito si deve ricordare quanto Peregrino Scardino scrisse, a proposito della cripta della cattedrale, in una sua nota opera edita a Bari nel 1607 [28]:
«Nel mezzo di questo Tempio [la cattedrale n.d.r.] si cala a basso per due scaline in una grotta, dove con molta divotione del popolo s’honora in uno Altare il Simulacro della Vergine Madre, e quest’antro così sotterra, è pure di meraviglia».
Sembra ragionevole avanzare l’ipotesi che lo Scardino con il termine « due scaline» volesse intendere proprio due “scalini” ovvero gradini. Tali dati e considerazioni hanno una ricaduta diretta sulla comprensione del progetto per la ricostruzione della cattedrale (1659 – 1670) elaborato da Giuseppe Zimbalo. Questi sollevò, plausibilmente, il piano di calpestio delle navate dell’edificio esistente immediatamente prima dell’attuale, sino al livello di copertura della tribuna cinquecentesca e inglobò proprio quella scala, qui ricordata in precedenza, che nella vecchia cattedrale già consentiva di ascendere, attraverso venticinque gradini [25] alla tribuna medesima e poi, con il progetto del ricordato Zimbalo, avrebbe permesso di discendere nella cripta. Per ragioni di simmetria non è da escludere che le scale di ascesa alla tribuna nella cattedrale precedente l’attuale fossero due ma al momento non si hanno evidenze certe; più probabile, invece, sulla base dei dati oggi a disposizione che il pavimento dell’antica cattedrale possa corrispondere circa a quel piano, in cripta, dove oggi è alloggiato il cinquecentesco sepolcro del vescovo Giovan Battista Castromeniano.
Sempre nella medesima figura (Fig. 8, immagine centrale, part. c) si è indicato quello che molto probabilmente doveva essere il corpo edilizio, sporgente dalla parte sinistra della cattedrale (rispetto all’ingresso principale), il quale ospitava la cappella dei Paladini di Campi e il celebre presepe scolpito da Gabriele Riccardo [29].
Nelle figg. 9 e 10 si sono indicati rispettivamente i capitelli cinquecenteschi e quelli seicenteschi presenti nella cripta [30]. La maggior parte dei primi (capitelli o parti di essi come nel caso degli angoli) è localizzata nella zona corrispondente all’area del transetto (destro e sinistro) e della croce (incrocio tra transetto e navata maggiore); poche le integrazioni seicentesche in questo settore (tredici capitelli); nel coro, invece, quelli cinquecenteschi sono solo sette (inclusi i due in angolo con il braccio trasversale). Il maggior numero di quelli seicenteschi (unitamente ad altri dettagli qui evidenziati come, ad esempio, i capitelli inclinati in cripta), relativi alla ricostruzione della cattedrale avvenuta fra il 1659 e il 1670, localizzati nella zona del coro, indicherebbero che tutta questa zona sia identificabile con l’ampliamento previsto nel progetto di Giuseppe Zimbalo.
Note al testo.
[1]: ACALe, Archivio Capitolare, Scritture Diverse, Mazzo XX, Libro VIII, cc 205 – 208, qui in Appendice n. 1.
[2]: GRASSO F. A. Gabriele Riccardo, scultore ed architetto, in “L’Ora del Salento”, n. s., 25 dicembre 2010, p. 12.
[3]: CAZZATO M., La prima attività di Gabriele Riccardi: le colonne dell’altare dei martiri nella Cattedrale di Otranto (1524), in “Sallentum”, n. 1-2-3 (gennaio-dicembre 1989), pp. 47–70, in part. pp. 56 – 57; ripubblicato in “Studi Salentini”, a. 44, 1999, vol. LXXVI, pp. 77 – 89, con appendice pp. 91 – 98; in part. p. 85).
[4]: CAZZATO V. – CAZZATO M., Atlante del Barocco in Italia. Lecce e il Salento. I Centri Urbani, le Architetture e il Cantiere Barocco, Roma, De Luca, 2015, vol. I, pp. 648 – 649; in part. p. 648.
[5]: Houben H., Gabriele Licciardo (Riccardi) una figura enigmatica del Barocco leccese, in “Kronos”, n. 9, 2005, pp. 167 – 178; in part. p. 173.
[6]. MONACO A. M., Riccardi Gabriele, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 87, 2016, pp. 161 – 164; anche in: «http://www.treccani.it/enciclopedia/gabriele-riccardi_(Dizionario-Biografico)/» (02 luglio 2018).
[7]: Idem, p. 162.
[8]: CAZZATO M., Riccardi Gabriele, in CAZZATO V. – CAZZATO M., Op. cit., pp. 648 – 649; in part. p. 648.
[9]: Idem, p. 649.
[10]: CAZZATO M., La prima attività di Gabriele Riccardi…op. cit., 1999, in part. p. 85.
[11]: HOUBEN H., Gabriele Licciardo (Riccardi) una figura enigmatica del Barocco leccese, in “Kronos”, n. 9, 2005, pp. 167 – 178, in part. p. 173; p. 177, nota 33.
[12]: ACALe, Archivio Capitolare, Scritture Diverse, Mazzo XX, Libro VIII, cc. 205. – 208.
[13]: Idem, c. 205, righe: 5 / 22 – 7 / 22.
[14]: Infantino G. C., Lecce Sacra, a cura di De Marco M., Gallipoli, Nuovi Orizzonti Oggi, 1988, p. 20.
[15]: ACALe, Archivio Capitolare, Scritture Diverse, Mazzo XX, Libro VIII,, c. 207, righe: 9 / 26 – 12 / 26.
[16]: GRASSO F. A., Op. cit., p.12.
[17]: ASLe, Sezione Notarile, Segn. 46 / 2, Perrone Lucrezio, Notaio in Lecce, atto del 19 gennaio 1577, c. 27, riga 29 / 30 dove si apprende che l’artista leccese è defunto leggendosi: «[…] q(uonda)m Gabrielis Lecciardi […]».. A tale proposito si veda anche quanto in: CAZZATO M., Melpignano, indagine su un centro minore, Galatina, Congedo, 1986, p. 184, nota 2; l’autore fa riferimento ad un protocollo notarile di Perrone Lucrezio, notaio in Lecce, del «28 gennaio 1577». Tale data non è, però, corretta trattandosi, invece, del 19 gennaio 1577; l’errore è stato notato e corretto da Houben (Op. cit., p. 173).
[18]: CAZZATO M., Riccardi Gabriele, op. cit., pp. 648–649, in part. p. 649.
[19]: INFANTINO G. C., Op. cit., p. 382.
[20]: MONACO A. M., Un Sant’Antonio di pietra leccese a estofado de oro. Una conferma per Gabriele Riccardi, in L’arte di studiare l’arte “Kronos”, n. 15/1, 2014, pp. 183 – 191.
[21]: Idem, p. 188.
[22]: TERRAGNO V., La chiesa di Sant’Antonio da Padova detta della Piazza o chiesa di San Giuseppe a Lecce, Galatina, Ed. Salentina, 2009, p. 37.
[23]: INFANTINO G. C., Op. cit., pp. 14 – 15.
[24]: Idem, pp. 16, 20.
[25]: Idem, p. 21.
[26]: FERRARI J. A., Apologia Paradossica della Città di Lecce, a cura di Laporta A., Cavallino, Capone, 1977, p. 214.
[27]: INFANTINO G. C. Op. cit., p. 22.
[28]: SCARDINO P., Discorso intorno la Città di Lecce, a cura di De Marco M., Cavallino, Capone, 1978, p. 35.
[29]: GRASSO F. A., Lecce, Cattedrale. L’altare del presepe una nuova datazione, 12 giugno 2018, «https://www.salentolive24.com/2018/06/12/lecce-cattedrale-laltare-del-presepe-una-nuova-datazione/amp=1» (02 luglio 2018).
[30]: La planimetria qui utilizzata, con valore solo indicativo, è una elaborazione di chi scrive sulla base di un «rilievo» redatto da De Santis G. pubblicato in PAONE M., Chiese di Lecce, Galatina, Congedo, 1981, vol. I, p. 276, fig. 497.
Ringraziamenti:
Arcidiocesi di Lecce, Dott.ssa Daniela Ragusa, Dott.ssa Lorella Ingrosso, Prof. Franco Contini, Enrico Spedicato, Provincia di Lecce, Dott. Antonio Gabellone, Dott. Giacomo Mazzeo, Museo Provinciale di Lecce “Sigismondo Castromediano”, Dott. Luigi de Luca.