Summa
Chi si occupa di storia, e a maggior ragione di quella dell’Arte o dell’Architettura, deve confrontarsi oramai con un cliché creato dalla Tv e dal Cinema che va da Indiana Jones in giù. Vita avventurosa, testa fra le nuvole, polvere dappertutto, lingue incomprensibili ai più. Tutto ciò potrebbe fare anche piacere se dietro non ci fosse la tanta fatica della ricerca, la quale quasi sempre rimane nascosta agli occhi dei molti esattamente come la parte principale di un iceberg. Questo per dire che, a volte, il lavoro di ricerca storica deve affrontare questioni anche apparentemente noiose o inutili, come l’esatta o più probabile datazione di un lavoro. Cercare di capire se un’opera sia stata realizzata in un anno specifico anziché in un altro (anche la semplice differenza di un paio di anni addirittura) attiva tutta una serie di valutazioni che possono aprire anche scenari inaspettati nella lettura di un’intera produzione artistica. Per quanto ci riguarda, abbiamo deciso di affrontare questo argomento rispetto alla figura di Gabriele Riccardo perché, come già ampiamente rilevato dalla storiografia fino ad ora, egli è uno dei maggiori artisti del Rinascimento pugliese. L’opera che prenderemo in considerazione è il presepe collocato all’interno della cattedrale di Lecce. La storiografia (vedremo chi e come) colloca quest’opera al 1550 circa; una nuova analisi consente, invece, di datarlo addirittura al massimo alla fine degli anni venti del Cinquecento.
Fig. 1. Lecce, Cattedrale, altare del presepe, autore: Gabriele Riccardo
La paternità del presepe che è nella cattedrale di Lecce è riconosciuta a Gabriele Riccardo da Giulio Cesare Infantino che, nella sua Lecce Sacra, edita nel 1634, redige un sorta di primo elenco delle opere del celebre artista leccese. Il parroco di Santa Maria della Luce ebbe modo di vederlo nella sua collocazione e conformazione plausibilmente originaria nella cappella della famiglia Paladini cui apparteneva. Prima dell’Infantino, però, se ne era occupato anche Scipione Ammirato (Mesagne, 1531 – Firenze, 1601) in una sua opera intitolata Della famiglia de’ Paladini di Lecce, edita nel 1595 a Firenze (Appendice documentaria n°. 1). E ci limitiamo a costoro giusto per ricordare solo gli autori principali che hanno dedicato la loro penna a tale significativa opera scultorea.
Fig. 2. Lecce, Cattedrale, altare del presepe, autore: Gabriele Riccardo, part.
La storiografia, sottolineando l’importanza dell’argomento, anche in tempi più recenti si è dedicata a questo presepe cercando di risolverne un aspetto in particolare: quello cronologico. Nel 1991 Mario Cazzato (Il presepe della cattedrale di Lecce: per la biografia artistica di Gabriele Riccardi, in V rassegna internazionale del presepe nell’arte e nella tradizione, pp. 79 – 83), oltre a ricordare quanto contenuto nella visita pastorale del 1555 e nella Lecce Sacra dell’Infantino, riporta (p. 80) il passo di Scipione Ammirato: «la cappella de baroni di Campie dal vecchio Luigi (Maria Paladini) instituita, ma da Ferrante suo figliolo di statue adornata […]». Lo studioso integra quindi il testo originale dell’Ammirato con una parte tra parentesi tonde in cui si legge «Luigi (Maria Paladini)» lasciando intendere che chi istituì la cappella fu Luigi Maria Paladini. Nello stesso saggio il medesimo autore precisa (p. 82): «Per quanto riguarda l’opera in se stessa, è difficile credere che sia stata eseguita prima del 1546, l’anno cioè che Luigi Maria, cessata la tutela materna, divenne maggiorenne; pertanto, poiché nella visita del 1555 non si parla del presepe come di un’opera recente, è possibile congetturare che esso rimonti proprio alla metà del secolo (1550 ca) […]».
Fig. 3. Lecce, Cattedrale, altare del presepe, autore: Gabriele Riccardo, part.
Il brano di Scipione Ammirato è riproposto con la medesima integrazione (che è quindi confermata) «Luigi (Maria Paladini)» anche in un’altra circostanza (Monaco A. M., Continuità e distanza nell’iconografia del presepe pugliese: La cavalcata dei Magi di Gabriele Riccardi e l’Adorazione del Bambino nel duomo di Lecce, in La scultura meridionale in età moderna nei suoi rapporti con la circolazione mediterranea, atti del convegno internazionale di studi a cura di Letizia Gaeta -Lecce, 9-10-11 giugno 2004-, Università degli studi di Lecce – dipartimento dei Beni delle Arti e della storia, Galatina, Congedo Editore, 2007, pp. 379-397.e in part. p. 394). Quest’ultimo studioso, a proposito della datazione, pone inoltre l’attenzione (Ibidem, p. 382) su un dettaglio del presepe ovvero la veduta di città che è scolpita nella parte sommitale (Fig. 6) e sul fatto che possa esistere una «corrispondenza» tra la porta raffigurata in tale immagine di città e quella di una delle porte urbiche leccesi (la cosiddetta Porta Napoli) datata 1548. Scrive quindi Angelo Maria Monaco: «Tale corrispondenza, individuata da Clara Gelao, ci fornisce indirettamente un utile terminus post quem [i corsivi sono dell’autore, n.d.r.] relativo alla datazione dell’intero complesso, da ritenere, dunque successivo all’anno 1548 (data incisa sull’architrave di Porta Napoli […])». Il testo di Clara Gelao è in Gabriele Riccardi e il presepe della cattedrale di Lecce in Il presepe artistico pugliese: arte e folklore, Bari: Mario Adda, 1992, pp. 77 – 81, in part. p. 77.
Fig. 4. Lecce, Cattedrale, altare del presepe, autore: Gabriele Riccardo, part.
A proposito di questa «corrispondenza» fra la porta della città (Betlemme?) scolpita e Porta Napoli andrebbe detto subito che essa non appare, però, lo strumento più idoneo per una corretta datazione del presepe e questo perché formalmente quella scolpita potrebbe essere a rigore addirittura anche un’anticipazione di Porta Napoli (ma così non è in realtà come vedremo a breve) e ciò accade in forza di logica, verrebbe da aggiungere. Da un punto di vista, invece, più squisitamente formale è da dire, prima di tutto, che la porta scolpita non assomiglia in nulla a quella leccese del 1548; bisognerebbe aggiungere poi che alcuni elementi decorativi che caratterizzano quella veduta di città scolpita sono compatibili con la cultura figurativa del Seicento e meglio ancora con l’epoca in cui fu realizzata la struttura a baldacchino che attualmente si vede.
Questo della città scolpita, in effetti, ci consente di approfondire un aspetto particolare dell’opera che è quello della paternità. Solo pochi giorni fa è stato presentato un più che lodato (dalle autorità presenti all’inaugurazione) progetto di visite esplicative della cattedrale leccese e in questa occasione la guida turistica, a proposito del presepe e dell’altare, affermava che quest’ultimo era stato realizzato dallo scultore leccese Giuseppe Cino (1635 – 1722) e che le statue raffiguranti la Sacra Famiglia erano realizzate in legno. Sarà stata l’emozione che gioca spesso brutti scherzi, certo è che quei dati forniti ai visitatori erano quanto meno non aggiornati. Cerchiamo di fissare pochi ed essenziali aspetti storico – artistici. Il presepe, come già qui evidenziato, proviene dalla vecchia cattedrale leccese ovvero quella precedente l’attuale che, come noto, fu costruita nelle sue parti principali tra il 1659 e il 1670. E’ probabile che il presepe originale prevedesse molte più figure di quelle giunteci. Certo è, però, che dopo la ricostruzione della cattedrale si avvertì la necessità di ricomporre quell’opera il cui valore artistico era riconosciuto già fin dai tempi di Scipione Ammirato, come abbiamo visto. E’ proprio in questa circostanza ricostruttiva che nacque, evidentemente, la necessità di completare l’opera con la realizzazione dell’immagine della città scolpita. Essa è posta nel livello di copertura dell’altare ed esattamente sullo sfondo; in primo piano, invece, il mondo bucolico di due pastori (di cui uno musicante) e le classiche pecore, così come fanno molti di noi con i propri presepi a Natale. Nel piano prospettico intermedio, in fila, i tre Re Magi su cavalli provenienti da Oriente. Sullo sfondo, ultimo piano prospettico, un paesaggio montuoso su cui si staglia la città fortificata con la sua porta. Un’analisi delle architetture presenti all’interno di quella immagine urbana (la torre poligonale ad esempio) induce a pensare non si possa trattare di una veduta di Lecce. Il nuovo progetto dell’altare, però, non si risolse solo in un’integrazione perché l’esecutore (e forse pure progettista) dell’attuale sistemazione si pose anche il problema di come comporre il presepe. La scelta ricadde su un’articolazione in due tempi che prevedeva la distribuzione delle statue su due piani: uno inferiore più vicino al credente con la Sacra Famiglia, il bue e l’asino e l’altro, nella parte sommitale, con la scena bucolica e il viaggio dei Magi, come qui già segnalato. Questo tipo di soluzione è plausibilmente alla base di una scelta tipologica particolare, quella cioè dell’altare a baldacchino che, è necessario precisare, non rappresenta una novità introdotta a seguito di questo intervento ma, allo stesso tempo, non risulta, sulla base delle attuali conoscenze, neppure un caso tipologico assai frequentemente usato a Lecce prima di tutto. Questo rapporto, quindi, fra forma e volontà narrativa appare interessante. Chi fu l’autore di questa soluzione che è prima di tutto da architetto (a giudicare dalla capacità di articolare “narrazioni” di più elementi nello spazio) e poi da scultore? Non certo Giuseppe Cino (notevoli sono, infatti, le differenze stilistiche rilevabili rispetto alle opere di tale scultore in particolare) benché quest’ultimo fosse uno dei più importanti artisti sul finire del Seicento e fino alla sua scomparsa.
Figg. 5. Lecce, Cattedrale, altare del presepe, autore: Gabriele Riccardo, partt.
A questo proposito se i documenti tacciono da un lato, dall’altro le forme sono tanto eloquenti da spostare l’attribuzione di quest’opera verso un altro scultore (l’analisi stilistica rivela, però, anche almeno una seconda “mano”), il leccese Giuseppe Longo, autore pressoché sconosciuto fino a qualche anno fa in merito alla sua produzione artistica, che si è potuto dimostrare abbastanza corposa a seguito di una ricerca condotta in questi ultimi anni. Di tale scultore è noto un datato (1691) e autografo altare nella chiesa di Santa Maria della Grottella a Copertino (Fig. 11). Chi lo volesse, però, potrebbe apprezzare le sue forme artistiche, sempre a Lecce, nelle due epigrafi che affiancano, a destra e sinistra, l’altare maggiore della chiesa del Conservatorio di Sant’Anna ma anche in due angeli inginocchiati posti sull’altare maggiore della chiesa dell’ex convento di Sant’Antonio da Padova a Seclì (Lecce) e poi ancora in una statua a tutta altezza raffigurante il celebre Santo da Padova nella chiesa già conventuale francescana a San Vito dei Normanni (Br) (Figg. 12 – 15). Delle molte figure che popolano l’altare del presepe a Lecce gli angeli in volo appaiono quelli con le forme più vicine al patrimonio figurativo di Giuseppe Longo. Ultima nota di natura materica. Tutte le statue del presepe, quelle originali, sono in pietra e non in legno, come riferito nella visita guidata cui si accennava, eccetto alcune integrazioni fra cui il velo in cartapesta della Vergine; la Sacra Famiglia, infine, è orfana del Bambino, l’esistente non è quello cinquecentesco.
Fig.11. Copertino (Lecce), chiesa della Grottella, altare di San Giuseppe, Giuseppe Longo da Lecce (autografo), 1691.
Figg. 12 – 15. Seclì (Lecce), chiesa conventuale di Sant’Antonio da Padova, altare maggiore, angeli laterali, Giuseppe Longo da Lecce (attr.).
Fig. 16. San Vito dei Normanni (Br), chiesa di Santa Maria delle Grazie, altare di sant’Antonio da Padova, statua, Giuseppe Longo da Lecce (attr.).
Detto questo è necessario ritornare al brano di Scipione Ammirato richiamato da Mario Cazzato e Angelo Maria Monaco. Ciò che non è chiaro è il motivo per cui costoro integrano il testo originale facendo diventare Luigi Maria Paladini colui che istituì per testamento la cappella; in effetti così non è perché per l’Ammirato il committente dell’opera è il «vecchio Luigi», tanto più che quando necessario l’erudito usa in modo preciso la denominazione «Luigimaria» (Appendice documentaria n°. 1, p. 43). Di fatto con quella integrazione i due studiosi scambiano il nonno con il nipote con una chiara ricaduta sulla datazione del presepe stesso.
A riprova di questo è sufficiente, oltre al testo dell’Ammirato (Appendice documentaria n°. 1), la visita pastorale del 1555, citata, peraltro, tra le fonti dai medesimi studiosi. In tale documento si scrive in modo chiaro di Luigi Paladini come di colui che volle, esplicitandolo nel suo testamento, la cappella (Appendice documentaria n°. 2, c. 38v, righe: 21 – 24, di 24) con un lascito di 500 ducati. All’atto della visita del 1555, constatandosi l’esiguità dei benefici che rendevano la cappella da un punto di vista del culto sguarnita, fu invitato a comparire proprio Luigi Maria Paladini, figlio di Ferrante e nipote ex filio di Luigi il vecchio. Nell’Ammirato troviamo, inoltre, la notizia che fu Ferrante Paladini, figlio del defunto Luigi testatore, a realizzare il presepe (Appendice documentaria n°., p. 43).
Gli estremi cronologici (in questo caso sono determinanti gli anni in cui Luigi il vecchio e Ferrante, rispettivamente padre e figlio, morirono) sono con buona approssimazione il 1511 e il 1531. Queste due date, riportate in F. A. Primaldo Coco (Cenni storici di Squinzano, Lecce: Editrice Salentina, 1922, p. 357) sono tratte da fonti conservate già presso l’Archivio di Stato di Napoli che non è stato possibile verificare perché indicateci fra quelle distrutte durante i bombardamenti dell’ultima Guerra Mondiale. Per la prima delle due, il Coco così riporta: «In anno 1511 al detto Loise successe Ferrante, il quale in detto anno ottenne l’investitura di detti Casali in forma in Quinter. X, fol. 216t 206»; per la seconda data: «In anno 1531 Martia de Guarino vedova relicta del detto quondam Ferrante Paladinis madre, Balia et tutrice di Loise Maria de Paladinis figlio di detto quondam Ferrante viene a conventione con detto Galeota la quale li promette fra certo tempo retrovendendi detto Castello di Guagnano – Ass. in Quinter. VI, fol. 80».
Quest’ultimo documento comunica, però, solo che al 1531 Ferrante era già defunto e non l’anno preciso della sua morte che potrebbe essere avvenuta in tempi, però, non molto distanti; qualcosa di analogo si può affermare anche per l’anno 1511 relativo a Luigi il vecchio. E’ proprio per tale ragione che negli estremi della datazione dell’opera di Gabriele Riccardo si è deciso di attenersi ad un principio di cautela. Tali ultimi dati, infatti, sono importanti ai fini proprio della definizione dell’arco temporale entro cui sarebbe stato realizzato il presepe; qui si è considerato il 1511 – 1528/1531. Ciò perché al 1527 Ferrante è ancora in vita (Ibidem, p. 357) visto che consegna a Luigi Galeota il casale di Guagnano. Il medesimo Ferrante è ricordato inoltre da Giulio Cesare Infantino (Op. cit., p. 281): «Che diremo di Ferrante figliuolo di Luigi Baron di Salice, e primo Baron di Campie in tempo della venuta di Monsù Lautrech, che si portò sempre con tal fedeltà, e valore, che in ricompensa gli fu dato il Casal di Sava, e governo della Città di Monopoli». La spedizione militare del Lautrec avvenne nel 1528.
C’è un altro aspetto, infine, che vale la pena chiarire.
In un recente studio (Monaco A. M., Continuità e distanza…Op. cit., pp. 382; 385) così si scrive: «Concepito per arredare una cappella di patronato nobiliare sita in cappella Domini nostri Iesu Crhisti prope campanili13 ad opera di Gabriele Riccardi, il Presepe fu disallestito e collocato in cattedrale in un periodo circoscrivibile tra gli anni 1555 e il 1607, probabilmente a seguito dell’abbattimento della cappella che lo accoglieva originariamente»; in tal senso ancora più esplicito rispetto soprattutto ai documenti da cui tra origine la precedente affermazione è : «Da queste prime fonti20, apprendiamo che il passaggio delle sculture dall’originaria collocazione, cioè in una cappella situata “prope campanili” (ovvero quella di titolato dei Paladini) nell’attuale cappella (ma come la precedente “de iure patronato familiare de Paladinis”) in cattedrale, è avvenuto tra il 1555 (post quem) e il 1607. L’attuale sistemazione dei simulacri nel ciborio risale invece a un intervento non documentato ma circoscrivibile alla fine del ‘600. Infatti, se nella visita pastorale del 1687 di Michele Pignatelli, la struttura a baldacchino non viene rilevata, è solo nel 1708 che Monsignor Fabrizio Pignatelli vede l’attuale complesso e lo descrive […]».
Le fonti prese in considerazione cui si riferisce il passo appena trascritto sono: la visita pastorale della cattedrale di Lecce del 1555; il testo che l’Ammirato dedica proprio alla famiglia Paladini edito nel 1595 e un altro di Peregrino Scardino (Discorso intorno all’antichità e sito della felicissima città di Lecce, 1607).
Completiamo queste fonti con un ulteriore documento datato 1601 (ACALe, Fondo Sante Visite, Mons. Scipione Spina, Santa Visita della Chiesa Cattedrale, Busta 1, Fasc. 2, anno 1601) in cui si è (cc. 10v – 11; c. 10v, righe: 24 – 26 di 26; c. 11, riga 1 di 26): «Nec non aliam visitando comperit esse sepulturam intra / septa ferreis cratibus occlusa Cappellae, quam dicunt / esse familiae Paladinorum ex iis qui olim fuere, et // nunc sunt domini, seu Barones oppidi Campiarum». La nota visita pastorale del 1687 (ACALe, Fondo Sante Visite, Mons. Michele Pignatelli, Santa Visita della Chiesa Cattedrale, Busta 22, Fasc. 69, anno 1687) a proposito della cappella contiene interessanti informazioni; in essa, infatti, si legge (c. 45; righe: 22 – 27, di 27):«Capella haec quoad necessaria competenter provisa est, / et apparet paritum fuisse praeceptis praeteritae visitationis / excepto, quod elevatio Altaris nondum facta est, / et dilata fuit, sub spe, quod in eadem capella appo: nendus sit ornatus ex lipede elaborato, instar aliarum / Capellarum» e poi ancora (c. 154, righe: 5 – 7 di 20): «Octava Annunciationis Beatissimae Virginis vulgo dicta la / ferrata, quia clauditur magna crata ferrea / elaborata, cui succedit porta aquilonane».
Soffermandoci sul rapporto fra documento e sua natura è da dire che a far pensare che l’altare a baldacchino non fosse stato ancora realizzato nel 1687 non è tanto la mancanza di una descrizione fisica di esso quanto soprattutto il primo dei due passi qui citati della visita appena ricordata in cui si fa riferimento a una serie di modifiche ancora da attuare. D’altro canto, e qui diventa inevitabile la riflessione proprio sulla natura delle fonti, la principale finalità di una visita pastorale è quella di valutare i luoghi rispetto alle necessità del culto; il fatto, quindi, che non sia descritto un dettaglio decorativo, ad esempio, non dà certezza alcuna che esso non esistesse già al momento della visita stessa. Un’indagine complessiva sulle visite pastorali, condotte a Lecce ma non solo, nella cattedrale così come in altri edifici di culto, rivela, infatti, che alcune visite possono essere tanto dettagliate da fornire l’elenco delle opere d’arte presenti negli edifici sacri, altre, invece, si limitano alla segnalazione, ad esempio, del solo altare. C’è, però, un ulteriore documento che potrebbe aiutare a collocare meglio la realizzazione dell’attuale altare con il presepe. Nella visita pastorale del 1708 (Appendice documentaria n°. 3) del vescovo di Lecce, Mons. Fabrizio Pignatelli, alcune righe sembrano dare informazioni ancora più utili (c. 38, righe: 11 – 14 di 31): «[…] claudebatur vero crate ferrea magni ponderis, / quae iusso Illustrissimi et Reverendissimi Domini vendita fuit, et ex prae_tio ad maiorem ornatum ecclesiae extructa est presens cap_pella […]». In sostanza la pesante grata ferrea, segnalata ancora nella visita del 1687, fu venduta e il ricavato impiegato per la costruzione della cappella. La vendita si attuò per ordine del vescovo medesimo. Il fatto che, in questo passo specifico, non si precisi altro nome lascia ragionevolmente supporre che l’alto prelato cui si deve quell’ordine di vendita della cancellata, e non solo, fu proprio Mons. Fabrizio Pignatelli. Costui si insediò come vescovo di Lecce nel 1696. La realizzazione dell’attuale altare del presepe andrebbe collocata, quindi, fra il 1696 e la data della visita pastorale di quest’ultimo Pignatelli avviata il 5 marzo 1708.
Dai documenti oggi noti, quindi, l’altare dei Paladini non sarebbe stato spostato nel periodo fra il 1555 – 1607 a differenza di quanto finora ipotizzato (Monaco A. M., Continuità e distanza…Op. cit., pp. 382; 385). L’opera fu smontata, invece, in occasione della ricostruzione della cattedrale (1659 – 1670). In termini generali, rispetto alla nota, e oggi non più reale, posizione del campanile precedente l’odierno, è plausibile pensare che l’attuale cappella con il presepe abbia una posizione pressoché simile a quella che occupava nell’antica cattedrale.
Appendice documentaria n°.1
Ammirato S., Della famiglia de’ Paladini di Lecce, Firenze: appresso Giorgio Marescotti, 1595, pp. 43 – 44.
[p. 43]
[precedono 11 righe di testo]
- …e a costui che /
- suocero divenne poi del nipote vendel_
- la la cappella de baroni di Campie dal
- vecchio luigi instituita, ma da Ferran_
- te suo figliuolo di statue adornata è nel
- Vescovado di Lecce, se la memoria di si
- lunga lontananza dalla patria non mi
- ha ingannato, non indegna da vedersi in
- qualunque si sia delle più chiare città d’
- Italia, perciò che se ben elle non son di
- marmo, ma della pietra natia del paese
- possonsi nondimeno, e per la qualità
- della pietra, la quale è bianchissima, e
- quando
[p. 44]
- quando è in luogo coperto molto dura
- bile, e per la peritia del maestro, il qual
- fu stimato eccellente artefice nel suo me_
- stiere, annoverare tra le opere de buoni
- maestri. Fu il nome di costui Bello Lec_
- ciardo, il quale hebbe un fratello che nel
- far briglie, e morsi di cavalli non heb_
- be sicuramente chi li mettesse il piede in_
- nanzi, il che sia detto di passaggio per
- lo merito di questi valenti huomini.
[seguono 14 righe di testo]
Appendice documentaria n°. 2
Biblioteca Provinciale di Lecce ms. 22, a. 1555 [1554], cc. 37v – 39.
[c. 37v, precedono 15 righe di testo]
- Cappella Assupcionis de Paladinis
- Deinde deventum fuit ad aliam cappellam que
- est prope campanile sub vocabulo Assumptionis
- Beate Marie Virginis in qua est presepium
- Domini nostri Iesu Christi: in qua cappella est
- quedam ferriata que clave clauditur et
- fuit inventum altare predicte cappelle cum
- mappa sirici ialeni et nigri et non habere
[c. 38r.]
- tobaleas neque candelabra: et quoniam in dicta cap_
- pella dicitur esse beneficiatus presbiter Vincentius
- de Guarino pro una medietate: et pro alia me_
- dietate non esse aliquis beneficiatus: et dicitur
- ess(us) ius patronatus magnifici Vincentii Marie
- baronis Campiarum: quoniam non erant presentes
- ideo Reverendissimus Dominus prorogavit dictam visi_
- tationem ad alium diem visitacionis cum
- continuacione et cetera: et citentur prefati Magnificus
- Baro et presbiter Vincentius beneficiatus alias et cetera
- ideo et cetera:
- idem Reverendissimus Dominus recepit se ad eius Episcopale
- Palacium:
- Die viii mensis novenbris 1555 Litii
- Volens idem Reverendissimus Dominus Bracius Martellus
- Episcopus litiensis continuare dictam eius visitacionem
- descendit ad eius Catredalem Ecclesiam et
- astantibus secum multis venerabilibus cano_
- nicis et presbiteris presertim electis per venerabile
- capitulum atque pluribus aliis nobilibus civibus
- liciensibus devenit ad eamdem cappellam sub voca_
- bulo Assumptionis Beate Marie Virginis in
- qua cappella fuit relatum per astantes pre_
- fatum condam Loysium de Paladinis ligasse
[c. 38v.]
- duobus cappellanis per ipsum in suo testamento no_
- minatis redditum annuum unciarum duarum: qui
- cappellani teneantur celebrare missam unam
- pro quolibet singulis diebus alternatim: et quoniam
- non legavit bona stabilia pro dicto beneficio
- legavit tamen ducatos quingentos pro emendis
- tot bonis stabilibus redditus et valoris annui
- unciarum duarum predictarum: et quod pecunia
- reliqua sive superans ex dictis ducatis quingentis expendi
- debeant in construcione dicte cappelle: que construi
- debeat iuxta voluntatem suorum epitroporum
- prout etiam constitit ex libro visitacionis facte per
- condam Reverendissimum Dominum Ioannem Baptistam
- Castromedianum in quo fit mencio de testa_
- mento dicti condam Domini Loysii tunc exby_
- bito in dicta visitacione ipsius Reverendissimi Domini
- Ioannis Baptiste Castromediani per notarium
- Filippum Lucesanum qui illud celebravit
- et confecit ad quod relacio habeatur: et
- quia tunc non apparuit nec ad presens
- apparet per heredes ditti condam Domini
- Loysii exequtam fuisse dictam eius ultimam
- voluntatem in emendis bonis stabilibus redditus
- predictarum unciarum duarum sed solum esse
[c. 39r.]
- edificatam cappellam: et quia fuit etiam dictum per
- astantes quod in dicta cappella non est beneficiatus
- nisi Donnus Vincentius de Guarino pro una medie_
- tate et quod dicte uncie due non sufficiunt ad onera
- dictarum missarum quolibet die celebrandarum
- propter quod multi beneficiati huiusmodi beneficii
- renunciarunt propter eius tenuitatem: propterea
- per eumdem Reverendissimum Dominum fuit mandatum
- quod citetur supradictus magnificus Loysius Maria
- de Paladinis baro Campiarum nepos ex filio
- dicti condam magnifici Loysii ut infra ali_
- quem competentem terminum docere habeat
- de legitima impensa facta de dictis ducatis
- quingentis legatis et quod magis sufficienter
- dotet dictam cappellam ut in ea dicte misse
- celebrari possint: qui providere etiam habeat
- de necessariis paramentis dicte cappelle: ali_
- oquin providebitur de iustitia: et fuit
- comissa diligentia venerabili procuratori
- fiscali presenti et cetera: et fuit etiam ingiuntum
- eidem venerabili Donno Vincentio presenti et cetera:
- ut infra terminum dierum trium doceat
- de litteris seu bullis suis alias illas expediri faciat sub
- penis et cetera: presentibus supradictis et cetera.
Appendice documentaria n°. 3
ACALe, Fondo Sante Visite, Mons. Fabrizio Pignatelli, 1a Santa Visita della Chiesa Cattedrale, Busta 27, Fasc. 123, anno 1708, cc. 38 – 40.
[c. 38]
La carta comincia con tre righe di testo relative alla visita dell’altare precedente, quello di san Giovanni Battista.
- Altare Sanctissimae Annunciatae vulgo /
- dictum la Ferrata. /
- Hoc altare quod asseritur esse de iure patronatus familiae /
- de Paladinis ex marchionibus Campiarum, de quo /
- iure nunquam fuit doctum, nullum habebat /
- ornamentum lapideum, sed tantum aderat imago /
- Beatissimae Virginis ab Angelo annunciatae in tela depicta, /
- claudebatur vero crate ferrea magni ponderis, /
- quae iusso Illustrissimi et Reverendissimi Domini vendita fuit, et ex prae_
- tio ad maiorem ornatum ecclesiae extructa est presens cap_
- pella, quae multis lapideis ornamentis sculpta videtur /
- in plano altaris, quod elevatur inter statuas Sancti /
- Ioannis Baptistae praecursoris, et Isaiae Prophetae lapideas /
- adsunt duae statuae similiter lapideae sed maximo /
- artificio elaboratae, una Beatissimae Virginis Matris adorantis /
- quem genuit, altera Sanctissimi Patriarchae Ioseph in /
- eodem acto adorationis, in cospectu altaris /
- adest imago semper Virginis Mariae ab Angelo salutatae /
- in tela depicta assurgunt duae columnae similiter lapideae, /
- quae sustinent partem superiorem cappellae multis auctam /
- ornamentis precipue tribus statuis lapideis reprehesentan_
- tibus tres magos Reges venientes ab Oriente, ut adorent /
- dominum natum, aliisque simulacris super misterio /
- itineris magorum venientium ad adorationem. /
- Extat in hoc altari beneficium cuius dos satis describi_
- tur in antecedentibus visitationibus, cum onere trium /
- missarum qualibet hebdomada ad hunc numerum redactarum /
- legitime //
[c. 39]
- legitime per episcopalem curiam, beneficiatus usque ad /
- annum 1702 supradicti beneficii fuit quondam D. Antonius /
- Civinus provisus Apostolicus, et repertum est tempore, quo /
- dictum beneficium possedit non celebrasse missas /
- centum triginta novem, ideo Illustrissimus Dominus Episcopus man_
- davit expediri citationem in forma contra illius /
- haeredes ad finem habendi celebrationem dictarum /
- missarum deficientium. /
- Ad presens vero praedictum beneficiumut ut asseritur in libris /
- sacristiae possidetur per Reverendum D. Ianuarium Maci de /
- Campiis, qui adeptus fuit possessionem eiusdem /
- die duodecima septembris 1702 vigore institutionis factae /
- in curia episcopali ad praesentationem factam per Illustrissimum /
- Dominum marchionem Campiarum, et quia in actu presentis /
- visitationis non comparuit ad producendum bullas /
- Illustrissimus Dominus mandavit eidem sub poena gravi /
- ut infra quatuor dies exhibeat bullas praedictas. /
- Oneri apparet ex iisdem libris fuisse integre /
- satisfactum. /
- Extare asseritur in hoc altari beneficium ecclesiasticum fundatum /
- per quondam Petrum Marescallo cum onere quatuor mis_
- sarum in hebdomada, quod a pluribus annis vacat, et /
- oneri non fuit satisfactum, ex quo nulla habita fuit /
- notitia haeredum dicti fundatoris. /
- Capitulum huius ecclesiae ex legato fundato per quondam Portiam Castro_
- mediana tenetur celebrare duas missas qualibet hebdomada /
- scilicet unam celebrandam eo die, quo occurrerit /
- festum Beatae Virginis Annunciatae, alteram de Beata Maria Virgine /
- invecim dispositionis quondam Lucentii Gravili lyciense; nec /
- non tenetur ad celebrationem aliarum missarum triginta /
- quinque in anno ex dispositione facta per quondam Prudentiae /
- Preite, quae lagavit Capitulo ducatos centum ut asseritur //
[c. 40]
All’altezza circa della riga 19a, margine a sinistra della carta, segno di dieresi sotto il quale è il seguente testo in quattro righe: «Die 16 martii / 1708 fuit data / notitia de contro_scripto decreto / D. Caietano Cino».
- in visitatione de anno 1687; quibus oneribus usque /
- ad presens satisfactum est ut apparet ex libris mis_
- sarum. /
- Adest in eodem altari /
- aliud beneficium simplex ecclesiasticum /
- fundatum a quondam D. Ioanne Andrea Lucesano de /
- iure patronatus laicorum pro suis haeredibus, ad presens beneficiatus /
- illius est D. Caietanus Cino, qui in actu visitationis /
- habitae in altari Sanctissimi Sacramenti comparuit coram /
- Illustrissimo Domino Episcopo, et instetit, onus duarum missarum in eodem /
- beneficio appositum per quondam Illustrissimum Dominum D. Michae_
- lem Pignatelli olim episcopum lyciensem in visitatione ha_
- bita de anno 1692 ab hoc altari traslatum ad /
- dictum altare Sanctissimi Sacramenti, attento magno con_
- cursio missarum in praefato altari celebrandarum post /
- quam illud privilegiatum factum fuit, non posse /
- in eodem altari Sanctissimi Sacramenti onus praedictum /
- persolvere; quapropter Illustrissimus Dominus annuens supplicationi_
- bus praefati D. Caietani beneficiati denuo onus praedicti /
- beneficii ad hoc altare retulit. Pro dote possidet /
- annuos ducatos viginti duos, et gnos 8 ¾ pro capitali du_
- catorum trecentorum impositorum ut apparet in anteceden_
- tibus visitationibus, et oneri a praeterita usque ad /
- presentem visitationem satisfecit in prefato altari Sanctissimi /
- Sacramenti. /
- Altare est decenter ornatum suppellectili sacra pro /
- sacrificio missae.
La carta si chiude con le prime quattro righe dell’altare successivo ovvero quello di san Fortunato.
Ringraziamenti:
Archidiocesi di Lecce, Arcidiocesi di Otranto, Arcidiocesi di Brindisi – Ostuni, Diocesi di Nardò – Gallipoli, Biblioteca Nazionale di Bari “Sagariga – Visconti – Volpi”, Archivio di Stato di Bari, Archivio di Stato di Lecce, Dott. Giacomo Mazzeo, Enrico Spedicato, Prof. Franco Contini.