Un parterre di donne molto diverse tra loro che sintetizzano alcune delle ossessioni ricorrenti della società contemporanea: la vanità, la scaltrezza, la voglia di affermazione e, forse, la scarsa coscienza di sé. Il tutto raccontato attraverso la lente deformante e irriverente dell’ironia e della satira, tipici elementi che compongono lo stile di Virginia Raffaele. I personaggi si avvicendano tra monologhi esilaranti e dialoghi surreali con la vera Virginia che, grazie a un attento lavoro di regia, interagisce con le sue creature come una sorta di narratore involontario che svela poeticamente il suo “essere o non essere”.
La musica del maestro Teo Ciavarella fa da punteggiatura allo spettacolo e accompagna i personaggi nelle loro performance sottolineandone i movimenti ed enfatizzandone le manie; conferendo allo spettacolo un ritmo forsennato nel cui vortice i personaggi, Virginia e le varie chiavi di lettura si mescolano creando una nuova realtà.
Nel suo one-woman-show l’istrionica Virginia Raffaele conferma il suo straordinario talento. Interpretando tante età, vite e caratteri, nella proiezione continua di storie, personaggi e fantasie, quasi due ore di spettacolo, la “ladra di facce”, come si autodefinisce, segue il filo che lega universi e maschere: «Solari le chiama installazioni umane e infatti a presentarle in apertura di scena è Marina Abramovic. ‘Virginia non è Virginia, Raffaele non è Raffaele, Performance è performance’», ha detto in una recente intervista. Una che non riesce a essere se stessa perché in scena porta sempre una maschera. Un personaggio – tratto dalla realtà o prototipo immaginario – enfatizzato nei suoi difetti, nelle sue manie, nelle sue debolezze, in modo da renderlo paradossale e comunque comico.