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Andare a Sanremo allunga la vita

228 anni. Potrebbe essere la durata di ogni serata del Festival di Sanremo, invece è l’età combinata di Gianni Morandi, Al Bano e Massimo Ranieri che ieri sera hanno cantato insieme per la prima volta nella loro carriera, confermando una volta per tutte che andare al Festival allunga la vita. Con Al Bano che presto festeggerà i suoi primi 80 anni, e ancora ha la forza di fare le flessioni sul palco.

La seconda serata del Festival si è conclusa con un sacco di acuti, poco trash e lo struggente momento dell’attrice iraniana Pegah Moshir Pour che insieme alla bravissima Drusilla Foer hanno ricordato a tutti che le persone muoiono ancora per la loro libertà, compresa quella di cantare.

Siamo tornati agli inizi del 2000 con gli ospiti internazionali Black Eyed Peace che hanno fatto ballare tutti (comprese le signore pronte a molestare Amadeus per un selfie).

La giornalista Francesca Fagnani è stata la co-condruttice della serata, estremamente spigliata nella lettura dei cartellini, un po’ meno graffiante nelle gag. Molto interessante però il suo monologo sui minori in riformatorio, uno spunto intelligente alla conversazione da un altro punto di vista.

Le canzoni in gara invece non hanno convinto molto e per ora nessuna è migliore di quelle presentate nella prima serata. A incominciare dalla eccezionale Giorgia che tecnicamente si mangia chiunque, ma sceglie canzoni che non valorizzano per niente le sue capacità. I Modà ritornano dopo anni con una ballad così semplice che quella di Ultimo sembra complicatissima adesso. Gli Articolo 31 ci ricordano che sono invecchiati, e (purtroppo) noi con loro. Tanto sentimento ma poco mordente. Degna di nota sicuramente l’ironica Splash di Colapesce e Dimartino che non si prendono (e non ci prendono) sul serio, e il canto di liberazione personale molto sentito di Levante.

Madame ha portato una canzone forte delle sue, ed è già alta in classifica.

Chi invece non ha deluso le aspettative, sono state Paola e Chiara con la loro canzone dance piena di lustrini e ballerini. Piacevole sorpresa invece quella di quel portatore sano di autoironia di Tananai che ha cantato notevolmente meglio dello scorso anno. E i giovani? Sethu non convince ma almeno sveglia quelli nelle prime file, LDA forse canta meglio del famoso padre (Gigi D’Alessio) ma non con un brano da ricordare. Will sembrava molto più giovane dei suoi 23 anni, ma ha aperto dignitosamente la serata, mentre Shari ha dato una bella esibizione grintosa. Lazza ha fatto furore con la sua Cenere, ma bisogna apprezzare il genere. E il famigerato Rosa Chemical? Sua sicuramente l’esibizione più interessante per il grande pubblico: chi è sotto i trenta non credo sia rimasto stupido da latex, cinghie, occhiali da sole (malus al Fantasanremo!) e unghie lunghe. Ma sicuramente il brano è provocatorio e liberatorio: un tema ricorrente nelle canzoni di questo Festival è il riappropriarsi della propria identità, emotiva e sessuale. Da Elodie a Levante, da Gianmaria a Rosa Chemical la musica è veicolo di rappresentazione. E che per una volta siano rappresentate anche persone diverse dalla maggioranza, a noi non dispiace affatto.