Disperato appello della mamma di Giorgia: “Ministro, ci aiuti a restare negli Usa”
Il post trapianto non è certo stata una passeggiata, tenendo conto che il caso di Giorgia è unico al mondo e medici e specialisti hanno dovuto di volta in volta studiare le terapie sperimentali utili per superare una serie di complicanze gravi e inaspettate a cui la ragazzina è andata incontro.
A questo si sono aggiunte ultimamente questioni burocratiche che stanno mettendo a rischio la permanenza di tutta la famiglia in America, ma soprattutto la continuità delle cure per Giorgia. Elisa Barone, la mamma, ha rivolto un disperato appello al Ministro degli Esteri Luigi di Maio perchè possa risolvere la complicata questione relativa al permesso di soggiorno.
Mamma, Giorgia e il fratello Jody vivono in America da più di sette anni con un permesso chiamato “B2”, di tipo turistico a scopo umanitario che non garantisce alcuna copertura sanitaria, tantomeno l’emissione di documenti utili ad un soggiorno a lungo termine in America.
“Mi chiamo Elisa Barone – esordisce nel video messaggio – mamma single italiana. Vivo a Pittsburg da sette anni e mezzo, ho raggiunto l’America con volo umanitario, tutte le spese mediche di Giorgia sono a carico del Sistema Sanitario Italiano come da normativa dopo autorizzazione. Mia figlia è affetta da malattia rara che ha comportato un trapianto di quasi tutto l’apparato digerente, come unica possibilità di salvezza, e che richiede continue cure anche per via delle numerose e gravi complicanze post trapianto, in più è sottoposta a nutrizione artificiale perchè non è in grado di mangiare in autonomia. Ho bisogno del suo intervento per ottenere un visto che assicuri a me e alla mia famiglia gli strumenti per continuare a vivere in America”.
L’estensione del visto è stata accordata fino all’insediamento del governo Trump, dopo si sono ripetuti notevoli ritardi fino ad un anno e mezzo dalla richiesta, rifiuti in seguito verificati e chiariti con l’ambasciata italiana, causati da evidenti errori degli uffici immigrazione americani.
Il risultato ultimo di queste inadempienze è il mancato rinnovo di un permesso di soggiorno non più rinnovabile perchè superati i termini di legge e soprattutto, qualora il governo americano dovesse concedere una proroga, inadatto alla permanenza della famiglia italiana.
Il visto “B2” non garantisce il social security number, un codice identificativo in grado di assicurare sostegno economico, abilità al lavoro, concessione dei documenti di identità, fondamentale per le pratiche più semplici come la sottoscrizione di un contratto di affitto e delle utenze domestiche, l’accesso agli aiuti economici per l’istruzione dei ragazzi o semplicemente per procedere ad un reso in un negozio di abbigliamento.
“Dobbiamo rimanere in America per altri due anni e mezzo – spiega concitata Elisa – perchè Giorgia dovrà essere sottoposta a nuovi interventi chirurgici, proseguire le cure che solo a Pittsburgh sono in grado di somministrare. Non lo dico io, ma i medici che hanno in cura mia figlia e tutti gli specialisti sparsi nel mondo che ho contattato, luminari in questo campo. Non mi permettono di aver l’estensione del mio visto, lo hanno rifiutato due volte per futili motivi burocratici, mia sorella dall’Italia non può raggiungermi per darmi una mano proprio a causa del visto negato, non posso chiedere un prestito bancario, non posso accedere alle agevolazioni fiscali per l’iscrizione a scuola dei miei figli e finora ho pagato con i fondi raccolti con l’associazione onlus “Aiutiamo Giorgia”, ma non posso continuare così”.
Giorgia è un “miracolo” vivente, nessun paziente con Sindrome di Berdon ha raggiungo la sua età, 14 anni, l’aspettativa di vita è di un solo anno dalla diagnosi. Nonostante il trapianto il suo stomaco non lavora correttamente e la ragazza non può nutrirsi in modo naturale, ha contratto infezioni e micosi quasi letali ed è continuamente a rischio rigetto. In più le sono state diagnosticate alcune varianti genetiche estremamente rare che sono studiate dagli istituti di ricerca genetica in Texas.
La richiesta di Elisa è di ottenere un visto che possa permettere alla famiglia di vivere in autonomia. Ad oggi le ambasciate italiane di Philadelphia e Washington a conoscenza della situazione, non sono in grado di aiutare Elisa. “Ministro – prosegue la mamma di Giorgia – solo lei può risolvere questo grande problema e so che conosce la mia storia perchè già una volta l’ho contattata per l’ingresso umanitario, quando mia figlia rischiava di morire. Io sono da sola con due ragazzi, ho un visto “B2” per cure mediche che viene rilasciato ogni sei mesi fino ad un massimo di 10 anni. L’ambasciata italiana non ha più modo di risolvere il problema, ma non posso vivere qui con questo visto provvisorio. È come se fossimo turisti ma non siamo in vacanza. I miei figli devono andare a scuola nel frattempo, ma è complicato anche iscriverli perchè non abbiamo i documenti necessari. Ho chiesto l’iscrizione a College per mio figlio, ma da “turista” sarei costretta a pagare tre volte in più la quota di frequenza. Per le cure mediche è lo stato italiano ad occuparsene, per il resto faccio tutto da sola. Sono una turista che porta un sacco di soldi in America, ma senza social security non posso vivere. Mio figlio non può prendere la patente, non possiamo avere la carta di identità e non non posso tornare in Italia adesso.”
Se le condizioni di Giorgia dovessero migliorare al punto tale da consentire il ritorno in Salento, terra d’origine della famiglia, la ragazza dovrebbe essere sottoposta annualmente a controllo specialistico a Pittsburgh, cosa non fattibile con il permesso provvisorio.
A peggiorare una situazione così difficile, i problemi di salute di Elisa. “Mi è stata diagnosticata la Sindrome di Lynch, dovrò sottopormi a interventi chirurgici anch’io, non posso nemmeno assumere un’infermiera con questo permesso, non posso lavorare e non posso dare lavoro, sono bloccata. La situazione economica è difficile, ma questo è un problema che risolverò io in qualche modo. Ministro ho bisogno del suo intervento per il visto. Mi sono rivolta ad avvocati formati in legislatura per l’immigrazione che ho pagato di tasca mia e tutti mi confermano che il mio è un problema politico-burocratico risolvibile solo con accordi governativi tra i due Paesi. Come padre, come italiano io la prego, la supplico, la scongiuro di aiutarmi”.
La speranza è che l’appello di Elisa possa raggiungere al più presto il Ministro Di Maio per scongiurare l’ipotesi di un ritorno anzitempo della famiglia in Italia che di fatto impedirebbe a Giorgia di continuare a curarsi.