LECCE – Il 16 dicembre scade il termine per il pagamento del saldo Imu su “seconde case” e “prime case di lusso”. A Lecce-città si pagherà mediamente 621 euro per una seconda casa, 86 euro in più rispetto al dato nazionale (535 euro). Importi invariati anche quest’anno per le famiglie leccesi, la cui spesa totale annua per l’Imu ammonta a 1.242 euro, superiore di 172 euro rispetto all’esborso medio nazionale (pari a 1.070 euro, con punte di 2.000 euro nelle grandi città).
“Una stangata che si abbatte sulle famiglie in un momento di grande difficoltà, in cui si trovano a fare i conti non solo con l’aumento delle bollette di luce e gas, ma anche con il rincaro generalizzato dei prezzi dovuto all’aumento dei costi di produzione e di trasporto”, afferma il segretario generale della Uil di Lecce Salvatore Giannetto, commentando i dati del Rapporto Imu 2021 elaborato dal Servizio Lavoro, Coesione e Territorio della UIL nazionale. “Saranno chiamati ai versamenti oltre 25 milioni di proprietari di immobili diversi dall’abitazione principale: il 41% sono lavoratori dipendenti e pensionati, un terzo dei quali vive con un reddito da pensione sotto i mille euro. Sono questi i problemi concreti che il Governo deve affrontare agendo in materia economica e fiscale con provvedimenti utili ad aiutare chi arriva a fatica alla fine del mese. Anche per queste ragioni – rimarca Giannetto – UIL e CGIL hanno proclamato lo sciopero generale per l’intera giornata del 16 dicembre contro la manovra del governo Draghi: nella legge di Bilancio non ci sono risposte concrete per quello che riguarda i giovani, la precarietà del lavoro, la riforma del fisco e le pensioni”.
Sempre secondo lo studio Uil, Lecce registra comunque la spesa Imu più bassa tra i capoluoghi di provincia pugliesi: a Bari, infatti, si pagano in media 1.702 euro (851 euro per la rata di dicembre), a Brindisi 1.344 euro (672 euro il saldo), a Taranto 1.289 euro (645 euro il saldo) e a Foggia 1.487 euro (744 euro il saldo).
La media nazionale dell’aliquota applicata per le seconde case ammonta al 10,5 per mille; a Lecce è pari all’11 per mille.
Con il saldo Imu di giovedì prossimo, l’Erario si prepara a incassare poco meno di 10 miliardi di euro portando il gettito complessivo dell’imposta a un soffio dai 20 miliardi di euro. I calcoli tengono conto dell’abolizione delle rate IMU introdotte nel corso del 2021 per alcuni immobili individuati nei vari Decreti per contrastare la pandemia. Secondo i risultati del rapporto Uil, il costo maggiore in valore assoluto per una seconda casa a disposizione si registra a Roma con 2.064 euro medi; a Milano, invece, si pagheranno 2.040 euro medi; a Bologna 2.038 euro; a Genova 1.775 euro; a Torino 1.745 euro; a Bari 1.702 euro.
Se si prendono in considerazione i costi IMU sulle prime case cosiddette di lusso (abitazioni signorili, ville e castelli) sempre ubicate in un capoluogo di provincia, il costo medio complessivo è di 2.623 euro, con punte di oltre 6 mila euro nelle grandi città. A Lecce si verseranno in media 1.701 euro per il saldo Imu sulle prime case di lusso, contro un costo medio nazionale di 1.305 euro.
Chi possiede una seconda pertinenza dell’abitazione principale della stessa categoria catastale (cantine, garage, posti auto, tettoie), invece, pagherà in media 60 euro (35 per la cantina e 85 per box-posto auto). Anche in quest’ultimo caso, la spesa nel capoluogo salentino risulta superiore rispetto alla media nazionale che è pari a 55 euro, ma è la più bassa fra i capoluoghi di provincia pugliesi: a Bari si pagheranno in media 87 euro, a Brindisi 58 euro, a Foggia 71 euro, a Taranto 61 euro.
“Questi dati confermano l’esigenza di porre rapidamente mano ad una revisione della tassazione sulla casa di cui la componente IMU è una delle più importanti, – sottolinea Giannetto – in un’ottica di maggiore equità impositiva e di contrasto all’evasione fiscale che colpisce anche il gettito della tassazione immobiliare. Per la UIL è opportuno che le modifiche dell’IMU vengano apportate organicamente riaprendo il “cantiere” del federalismo fiscale, riforma prevista tra l’altro nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Occorre poi mettere mano alla riforma del catasto attesa invano da 30 anni e necessaria per riportare equità nella tassazione sul mattone”.