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Caldo africano, strage di cozze nei mari tarantini

L’ondata di caldo in Puglia in un agosto segnato dalla persistente assenza di precipitazioni fa salire il conto dei danni che si estendono dalle campagne al mare dove le alte temperature stanno causando una vera e propria strage, soprattutto delle pregiate cozze tarantine. E’ quanto denuncia Coldiretti Puglia che segnala, strettamente connesse alla moria di cozze, la mancanza di plancton, l’assenza di una politica di valorizzazione e promozione delle qualità straordinarie delle cozze di Taranto e il sovrappopolamento con il calo dei consumi, su cui incidono tra l’altro le importazioni dall’estero.

“Le alte temperature hanno causato una vera e propria strage di cozze tarantine. Gli operatori hanno denunciato perdite di prodotto tra il 40 ed il 45% fino a raggiungere punte del 70%. L’afa eccezionale con la tropicalizzazione del clima ha determinato un innalzamento delle temperature dei mari fino a valori che nelle acque vicino alla costa hanno raggiunto i 35 gradi e l’assoluta mancanza di piogge che tendono a raffreddare le acque del mare ha portato alla fermentazione delle alghe, privando l’acqua di ossigeno e portando alla moria di pesci e molluschi presenti negli impianti, oltre alla mancanza di plancton”, denuncia Alfonso Cavallo, presidente di Coldiretti Taranto.

Il mercato è invaso di contro di cozze provenienti da Grecia e Spagna – denuncia Coldiretti Puglia –  perché il settore soffre la concorrenza sleale del prodotto importato dall’estero e spacciato come italiano, soprattutto nella ristorazione, a causa dell’assenza dell’obbligo di etichettatura dell’origine. Ad oggi, infatti, l’unico strumento per invertire la crescente dipendenza italiana dall’importazione, che ha superato il 76 per cento è rappresentato dall’acquacoltura, che invece – aggiunge Coldiretti Puglia – viene penalizzata dalla mancanza di certezze e da una grave assenza di norme che ne consentano lo sviluppo.

Ciò si aggiunge alla crisi del settore ittico che si trascina da 30 anni e che ha causato la perdita del 35% dei posti lavoro e la chiusura del 32% delle imprese, una “rotta persa” da tempo dal settore con una governance debole ed incapace di gestire una politica di ripresa. Un mercato, quello del consumo del pesce, che aumenta – continua Coldiretti Puglia – ma sempre più in mano alle importazioni. La produzione ittica derivante dall’attività della pesca è da anni in calo e quella dell’acquacoltura resta stabile, non riuscendo a compensare i vuoti di mercato creati dell’attività tradizionale di cattura. Una rinascita che passa per il mercato, e sulla quale Coldiretti sta cercando di impegnarsi a fondo, facendo partire iniziative che hanno come obiettivo la semplificazione, la promozione e la tracciabilità.