LECCE – Il Salento apre ancora una volta il suo cuore. In tantissimi hanno risposto all’appello lanciato da Arci Lecce al fianco delle sardine leccesi e col supporto del sindaco di Lecce, Carlo Salvemini: la raccolta di coperte e indumenti da spedire al campo profughi di Lipa, in Bosnia. Ne è nata una gara di solidarietà che, in pochi giorni, ha visto centinaia di persone mobilitarsi e donare il proprio contributo presso i punti di raccolta messi a disposizione dall’Arci. Notevole anche il supporto della comunità musulmana della città di Lecce, per tramite dell’imam Saifeddine Maaroufi. La grande quantità di beni raccolta arriverà in Bosnia via mare, partendo da Ancona. La Scuola di Cavalleria leccese dell’Esercito Italiano, contattata dal sindaco Salvemini, si è gentilmente fatta carico del trasporto fino al porto marchigiano.
L’abbraccio del Salento raggiungerà così le migliaia di profughi accampati a Lipa, a poche centinaia di chilometri da casa nostra, in quel che resta di un campo provvisorio ed in dismissione, gestito dall’Oim fino allo scorso Natale quando le fiamme lo hanno completamente distrutto. Qui, ora, un migliaio di persone è rimasto bloccato in una località sperduta tra le montagne bosniache. Adulti e minori, sfidano il gelo in una tendopoli a corto di acqua e di cibo, senza corrente, servizi igienici e docce. I tentativi di ricollocamento in altri campi sono stati osteggiati dalla politica locale ed in alcuni casi anche dalla popolazione: nella località di Bihac, ad esempio, l’accesso stradale ai pullman che trasportano i profughi è stato bloccato con i camion dei pompieri.
Lipa è diventata così una catastrofe umanitaria. Lo specchio di una questione, quella della rotta balcanica, non più solo emergenziale ma strutturale. I profughi che la percorrono dopo aver lasciato il loro Paese, puntando l’Occidente in cerca di sicurezza, sono aumentati a causa dei recenti lockdown. In Bosnia Erzegovina, al momento, ve ne sono circa 8mila. 5mila nei campi profughi e 3mila fuori dai campi, nei boschi o negli squat (case e fabbriche abbandonate). Chi di loro cerca di raggiungere l’Europa mediante la Croazia si scontra con la violenza e la disumanità delle forze di polizia al confine. Qui, i migranti vengono privati delle uniche fondamentali cose che gli restano per sopravvivere: giacconi, cappelli e scarpe vengono gettati nel fuoco dagli agenti croati. Uomini, donne e minori vengono picchiati e rispediti indietro verso i campi bosniaci.
Proprio pochi giorni fa una delegazione di europarlamentari ha raggiunto Lipa, per vedere con i propri occhi la catastrofe che vi si sta consumando e per far sì che l’Europa vi rivolga l’attenzione che sin qui ha negato.
I lavori per la costruzione di un nuovo centro d’accoglienza sul posto, intanto, non partiranno prima di due mesi. Migliaia di persone restano al freddo di un inverno ancora lungo. Il gesto di solidarietà del Salento le aiuterà a sopravvivere. Ma il loro destino è appeso a scelte politiche che non possono più tardare ad arrivare.